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Narcosantos 1×01 – Episodio 1TEMPO DI LETTURA 4 min

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Narcosantos 1x01 recensioneDopo il remake in salsa coreana intitolato La Casa De Papel: Corea, poteva forse il colosso dello streaming farsi mancare l’occasione di portare sul suo palinsesto la storia (vera) del più grande narcotrafficante della Corea del Sud?
Narcosantos è, infatti, il nuovo k-drama uscito su Netflix il 9 settembre con sei episodi della durata di circa un’ora ciascuno.
La serie è diretta e scritta a quattro mani (assieme a Kwon Sung-hui) da Yoon Jong-bin ed utilizza come location le terre quasi sconosciute del Suriname.
Il cast è, ovviamente, formato da attori sud-coreani tra i quali spiccano i nomi di Ha Jung-woo, Hwang Jung-min e Park Hae-soo (Squid Game, La Casa De Papel: Corea).
Da quanto visto nel trailer, rilasciato circa un mese fa, questa nuova serie coreana non ha nulla da invidiare alla sua equivalente statunitense: droga in quantità, sparatorie, carneficine, bagni di sangue, lotte di potere, gioco e doppio gioco.

LA CRITICA SOCIALE


Il protagonista di Narcosantos è Kang In-gu, un uomo che è stato letteralmente bistrattato durante tutta la sua vita e che la fortuna si è sempre tenuta alla larga.
Fin da bambino, infatti, In-gu ha dovuto sopportare il peso della povertà e la perdita di entrambi in genitori. Per tirare avanti senza soccombere, l’uomo ha dovuto addirittura prendersi una moglie quasi per convenienza, così da avere qualcuno che curasse la casa.
Anche negli affari In-gu sembra non passarsela meglio, nonostante un’intelligenza sopra la media, una buona parlantina e dialettica. In poche parole, In-gu rappresenta un reietto della società.
La figura dell’emarginato, dello sfigato e del disagiato è sempre stata una presenza preponderante nelle produzioni coreane: basti pensare al famosissimo Squid Game, dove i protagonisti del gioco mortale sono tutti dei disperati che non hanno più nulla da perdere.
Implicita, ma lampante è la critica sociale della diseguaglianza in Corea del Sud e delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione (ovvero tutti coloro che non sono ricchi sfondati). Critica sociale e politica già ampiamente trattata da registi come Bong Joon-ho (Parasite) e Park Chan-wook (Old Boy).

SURINAME IS THE NEW COLOMBIA


Il titolo Narcosantos è un gioco di parole con la duplice funzione di riassumere la vicenda narrata dalla trama, ma anche di attrarre quella fetta di pubblico che aveva divorato prodotti come Narcos e Narcos: Mexico.
In originale la serie viene chiamata semplicemente Suriname, nome del luogo dove si svolge quasi tutta l’azione, mentre la parola santos o saints in inglese, viene utilizzata anche per richiamare la figura di Jeon Yo-hwan, leader religioso e signore della droga del Suriname.
La storia raccontata da Narcosantos è, infatti, liberamente ispirata a fatti realmente accaduti: Jo Bong-haeing è stato davvero un narcotrafficante coreano che ha trafficato cocaina per anni in Sud America.
La realtà incontrata da In-gu, convinto dal suo migliore amico a recarsi in Suriname per esportare razze, è un territorio completamente in mano a vari cartelli, sia asiatici che sudamericani, dove l’illegalità e la corruzione regnano sovrane.
Persino l’esercito non è immune a tutto questo marciume, ma, d’altronde, gli spettatori della saga di Narcos lo sanno perfettamente.

NEL POSTO SBAGLIATO AL MOMENTO SBAGLIATO


Narcosantos è la storia di un uomo che ce la mette tutta per emergere da una vita fatta di sacrifici e stenti, ma, anche in questo caso, il karma ci mette il suo zampino.
Arrivato in Suriname, infatti, In-gu dimostra di saperci fare con gli affari e si inimica subito un criminale cinese. La sua ancora di salvezza sembra essere il carismatico pastore Jeon Yo-hwan che lo accoglie nella sua comunità e decide di aiutarlo.
Purtroppo le cose precipitano vorticosamente, quando sarà proprio Yo-hwan a nascondere la cocaina nel carico di razze di In-gu, condannandolo ad essere perseguito dalla polizia.
Il regista e co-sceneggiatore riesce a creare un’atmosfera di tensione e realismo, presentando characters già delineati e tridimensionali ed una storyline che suscita il giusto hype.
Durante la visione dell’episodio il pubblico non rimpiange le altre produzioni statunitensi, ma rimane comunque stupito dall’evolversi della storia, dall’interpretazione dei personaggi e dal potenziale della serie.
L’unica nota negativa da appuntare riguarda il minutaggio eccessivo: un’ora di puntata risulta alquanto pesante da digerire ed il ritmo dell’episodio ne risente.
Snellire il minutaggio avrebbe aiutato ad eliminare i tempi morti e sequenze non necessarie ai fini della vicenda, ma è un difetto che ben si addice alla moda seriale del momento.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Una versione coreana di Narcos che non fa rimpiangere i suoi predecessori statunitensi
  • Personaggi tridimensionali
  • Interpretazione di Ha Jung-woo
  • Tensione narrativa
  • Regia e sceneggiatura sul pezzo
  • Episodio decisamente troppo lungo

 

Narcosantos cavalca il fenomeno hallyu, ovvero il boom della cultura di massa coreana: dal k-pop, passando per la cosmesi, fino ad arrivare a produzioni seriali di livello mondiale.
Era solo questione di tempo, dunque, prima che la vera storia del più grande narcotrafficante coreano fosse trasposta sul piccolo schermo. Il risultato sembra non deludere le aspettative.

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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