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Tha Mandalorian 3×01 – Chapter 17: The ApostateTEMPO DI LETTURA 7 min

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Recensione The Mandalorian 3x01Si riparte. The Mandalorian torna prepotentemente con la sua terza stagione, eclissando immediatamente qualsiasi altro prodotto presente su Disney+, e ricordando al pubblico che oggigiorno per creare un prodotto di successo non occorre munirsi di una storia, ma basta affidarsi a pupazzetti, costumi di halloween che costano più della vostra macchina, battaglie fughe nello spazio a colpi di laser e Pedro Pascal.

THE BOOK OF JON FAVREAU


Pew, pew, pew!

Innanzitutto il primo ringraziamento va a Jon Favreau, che ha deciso di rendere indispensabile guardare quell’abominio seriale di The Book Of Boba Fett (o quantomeno una parte) per poter comprendere a pieno ciò che accade in questo inizio di stagione. Tra l’altro, molto umana la decisione di ignorare bellamente i fatti avvenuti in The Book Of Boba Fett The Mandalorian 2.5 perfino nel “previously on“, giusto per assicurarsi che nessuno si perda le mirabolanti avventure di un vecchio sordomuto che non è riuscito a essere il protagonista nemmeno di uno show che porta il suo nome.
Chi scrive, purtroppo, aveva già seguito la serie con protagonista quel cane maledetto di Temuera Morrison per il bene della scienza, pentendosene praticamente subito, e onestamente creare una tale interdipendenza tra show appartenenti allo stesso universo narrativo, ma almeno in teoria dedicati a character differenti, rappresenta una mossa subdola perfino per il malvagio topo conquistatore che tutto può e tutto compra.
Rimanendo perfettamente in linea con quanto visto nelle precedenti stagioni, The Mandalorian propone ancora una volta uno schema classico da videogioco, Mando arriva su pianeta X, deve fare qualcosa, succede un inconveniente per il quale diventa necessaria la risoluzione di una side quest che non avrà nulla a che vedere con la trama principale, “il mio lavoro qui è finito“, titoli di coda. In tal senso, lo show mostra una coerenza ammirevole, fregandosene bellamente della progressione orizzontale in virtù di un arricchimento continuo dal punto di vista del world building, sul quale è impossibile esprimere giudizi negativi, e del solito sensazionalismo visivo reso possibile grazie a incredibili effetti speciali, pupazzetti e pew pew pew.
Ci sarà dunque chi apprezzerà questo primo episodio, alla fine dei conti si tratta sempre di gusto personale (oppure, volendo usare un’espressione intellettualmente più onesta: mancanza degli strumenti necessari per comprendere la vacuità di una simile opera), ma altrettanto certa è la noia mortale che invece proveranno tutti coloro che si aspettavano un effettivo avanzamento narrativo in questa première stagionale e invece hanno assistito a una blanda continuazione di ciò che è stato narrato in un’altra serie.

CROCODILE DUNDEE DIN DJARIN 3


[Grogu squeals]

Assodato quindi che, dal punto di vista visivo, la serie si pone come uno dei prodotti migliori presenti su Disney+, un plauso qui va anche alla regia di Rick Famuyiwa, molto bravo nel dirigere le sequenze prettamente action e nel reintrodurre lo spettatore all’interno di un universo narrativo che appare vivo e pulsante. Ciò che manca a questa première, come già accennato, è però una struttura narrativa solida, in grado di indurre chi guarda a volerne sempre di più, quasi a fremere in attesa del secondo capitolo stagionale.
L’arrivo in pompa magna di Mando e Grogu, con il primo intento a vestire i panni di Crocodile Dundee Din Djarin, riesce sicuramente nell’intento di mostrare fin da subito al pubblico i potenti mezzi messi a disposizione dal topo malefico, oltre che far vedere subito ai mandaloriani presenti che non si scherza con l’onnipotente Pedro Pascal.
Come già anticipato da Favreau, questa stagione parte immediatamente focalizzandosi sulle tradizioni del clan, in questo caso preciso mostrando la cerimonia di investitura di un giovane accolito che, nelle dinamiche, prende liberamente ispirazione dal sacramento cristiano del battesimo.
Cerimonia bruscamente interrotta dall’arrivo di un coccodrillo gigante che sembra quasi uscir fuori dallo schermo per quanto ben realizzato, e che non fa altro che confermare la qualità elevatissima quando si tratta di bestie gigantesche assetate di sangue. Basti pensare, infatti, al Ravinak visto in Chapter 1: The Mandalorian, al Krayt Dragon in Chapter 9: The Marshal o alla Sand Beast apparsa nel pilot di The Book Of Boba Fett.
Superata la (finta) crisi iniziale, con solo un paio di mandaloriani mangiati vivi, ecco che si entra nella seconda fase dello schema tradizionale sopracitato. Dopo essere sbarcato sul consueto “pianeta X”, ecco arrivare la missione principale del protagonista: visitare un “pianeta Y” allo scopo di immergersi nelle Acque Viventi sotto le miniere di Mandalore, così da revocare l’editto di esilio e redimersi per essersi levato volontariamente l’elmo. Abbastanza prevedibilmente, la richiesta viene accettata, anche perché in linea con il Credo, e con una delle più classiche transizioni a iride, ecco i due protagonisti ripartire alla velocità della luce verso nuovi orizzonti, senza naturalmente dimenticarsi di indugiare sugli occhioni pucciosi di baby Yoda che, spaventato da gigantesche Purrgil fluttuanti, va ad accoccolarsi sulle gambe di Mando per compiacere quella tipologia di spettatore che, per comodità, verrà chiamata “spettatore tenerone”. Non preoccupatevi, non c’è nulla da vergognarsi, Grogu farebbe dire “oooooh” anche a un generale di Al Qaida.

PIRATI DELLO SPAZIO – LA MALEDIZIONE DELLA TRAMA FANTASMA


Signori, ricorderete questo giorno come il giorno in cui avete quasi catturato capitan Mando!

C’è comunque tempo per una breve sosta su Nevarro, anche noto come pianeta fan-service, sul quale ogni creatura/droide del franchise convive pacificamente allo scopo di eccitare sessualmente i fan più accaniti di Star Wars. Troviamo scimmie lucertola kowakiane, mon calamari, droidi che ricordano R5-D4, un C-3PO rimasto vittima dell’oramai diffusa pratica del whitewashing, la statua di IG-11 e, infine, l’alto magistrato Greef Karga. Tutto nel giro di un minuto e mezzo.
Tutta questa spensieratezza viene però interrotta dall’arrivo di un manipolo di pirati che insiste nel volersi ubriacare all’interno di una scuola e che, giustamente, viene sgominato in una frazione di secondo da Mando e Karga. Viene anche fatta chiarezza sul personaggio di Cara Dune, interpretato da Gina Carano (allontanata dalla serie dopo aver pubblicato dei post su Instagram in cui paragonava la situazione degli elettori repubblicani a quella degli ebrei in Germania negli anni ’30 e ’40) che a quanto pare sarebbe stata reclutata dalle Forze Speciali della Repubblica in seguito all’arresto di Moff Gideon.
In merito alla ragione della breve sosta su Nevarro, si scopre che Din Djarin vuole indietro IG-11, o quantomeno ciò che ne rimane, perché lo guidi nell’esplorazione del pianeta Mandalore. Soliti siparietti pseudo comici e interazioni tra pupazzetti e poi via verso l’infinito e oltre, dove capitan Jack Mando dovrà fuggire all’imboscata di Sputafuoco Bill Turner Gorian Shard e il suo equipaggio di pirati spaziali, per sbarcare sul pianeta Kalevala, al cospetto di una Bo-Katan sola e senza speranza. Abbandonata dal suo clan dopo aver perso la darksaber, la donna assume in questo finale di puntata due funzioni, quella di “spiegone”, così da rinfrescare la memoria allo spettatore meno avvezzo al mondo di Star Wars, e quella di “scettico” di turno, in contrapposizione alle speranze di Mando in funzione del suo obiettivo, le Acque Viventi, e al suo cammino di redenzione.
Insomma, un sacco di turismo spaziale, con annessa sosta dal meccanico, ma ben poca sostanza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Effetti speciali sempre incredibili
  • Rapporto tra Pedro Pascal e Grogu sempre tenerissimo
  • Gioia infinita per i fan del franchise
  • Trama che si muove appena
  • Inconcepibile che si debba guardare un’altra serie per capire sviluppi di trama fondamentali (manco un indizio nel previously on)
  • Schema ripetitivo da videogame

 

Un avvio stagionale che sicuramente spaccherà in due il pubblico tra quelli che idolatrano ciecamente ogni prodotto legato al franchise di Star Wars e quelli che invece avrebbero gradito una première maggiormente focalizzata sull’avanzamento di trama orizzontale piuttosto che sul sensazionalismo visivo. Se si dovesse valutare solo la componente estetica il voto sarebbe in zona verde, ma visto che in quanto a contenuti ben poco viene effettivamente aggiunto e che non è accettabile che una serie dia per scontato sviluppi di trama fondamentali avvenuti in un’altra serie, manco citandoli nel previously on, stavolta si opta per un intellettualmente più onesto Slap Them All.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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