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The Peripheral 1×07 – The DoodadTEMPO DI LETTURA 3 min

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Arrivati ormai al finale di stagione (serie?) si può tranquillamente etichettare The Peripheral come grossa delusione della stagione seriale. Una delusione dovuta alla commistione di una serie di fattori determinante per uno show televisivo.
Il principale è la scrittura del prodotto, troppo simile a prodotti già conosciuti dal pubblico (Westworld, Ready Player One) con poca attenzione nello sfruttare gli elementi che invece potevano contraddistinguerla: il collegamento tra passato e presente, per esempio, è quasi macchiettistico tanto viene sfruttato con disinteresse.
A non aiutare la scrittura c’è poi il massiccio quantitativo di informazioni a cui The Peripheral sottopone il proprio pubblico, una dose di mitologia con terminologia specifica che può tranquillamente avvicinare lo show a Dune, Star Wars o prodotti con struttura simile. Per fare un esempio, sarebbe come far vedere a qualcuno un episodio della mitologia di The X-Files delle ultime stagioni senza che questi abbia mai visto nulla prima: è chiaro che lo spettatore si ritroverebbe non solo spesato, ma altresì annoiato da ciò che viene mostrato. Appunto perché non gli viene dato modo di capire.
Ulteriore problema, l’anonimia della recitazione che equipara lo show a qualsiasi altro mediocre drama di carattere sci-fi che c’è (e che c’è stato in circolazione). Molti gli elementi da rivedere, quindi, e non sarà di certo l’ultimo episodio a salvare la situazione, che a questo punto appare disperata.

UNA SERIE TV SEMPLICEMENTE ANONIMA


Esposti i problemi principali dello show poi occorre farsi una domanda: accantonate le aspettative, The Peripheral è così brutto? Di monnezza televisiva ne è pieno qualsiasi canale o servizio streaming, tuttavia sarebbe ingiusto etichettare lo show di Amazon come totalmente negativo. La storia in sé è interessante, così come il connubio tra passato e presente. Anche effetti speciali e CGI risultano on point.
Il problema principale, che poi aiuta a sottolineare i fattori negativi evidenziati in precedenza, è la messa in scena. E salvare uno show perché “ce ne sono altri peggiori” sarebbe sbagliato. Tuttavia, The Peripheral non è una brutta serie tv, semplicemente è una serie tv anonima, resa complicata da una terminologia specifica troppo ampia per essere gettata addosso allo spettatore senza le dovute premesse. E una stagione di premesse e spiegoni, insomma, non è sicuramente il massimo da vedere.

STATUS QUO


La puntata riparte dal precedente finale di episodio e rappresenta, di fatto, un ritorno allo status quo sotto diversi punti di vista: Bob viene eliminato definitivamente (che senso ha avuto dedicargli un intero episodio lo sanno soltanto gli sceneggiatori) e la madre di Flynne torna ad essere cieca.
L’incontro nel futuro con l’ispettore Lowbeer continua dando allo spettatore ulteriori dialoghi dai quali trarre informazioni e dati riguardanti sia il passato della città, sia lo show stesso.
L’ennesimo minutaggio dell’episodio dedicato a spiegare qualcosa a qualcuno, niente di nuovo quindi.
Già più interessante appare lo scontro a casa Pickett dove Tommy, avendo recuperato anche il “marchingegno” del futuro, si vendica dello sceriffo e cerca di venire a capo dell’intera faccenda in cui suo malgrado si è ritrovato incastrato. Qualche spunto action a muovere il racconto non fa sicuramente male.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Comparto tecnico
  • Un po’ di action e altre sparatorie
  • Ritorno allo status quo per alcuni personaggi
  • Se solo si decidessero a sfruttare la frattura temporale tra passato e futuro…
  • Anonimia nella scrittura
  • Anonimia nella recitazione
  • Anonimia nel prodotto stesso
  • Ulteriori spiegazioni

 

Un solo episodio alla conclusione e forse l’interesse più grande è non ritrovarsi più The Peripheral tra gli show della settimana piuttosto di capire veramente dove la storia voglia andare a parare. Un vero peccato perché gli elementi per uno show accattivante, quanto meno dalle premesse, c’erano tutti. Lo sviluppo ha lasciato fin qui abbastanza a desiderare e sarebbe sciocco sperare che proprio il finale riesca a riabilitare per intero (sette ore) quanto visto.

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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