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Russian Doll 2×06 – Schrodinger’s RuthTEMPO DI LETTURA 4 min

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Russian Doll 2x06 recensioneRussian Doll si è presentata con una seconda stagione etichettabile come ambiziosa. L’obiettivo è lo stesso della prima stagione, un racconto introspettivo che scava negli affari irrisolti della protagonista e medesimo rimane anche il veicolo narrativo, seppur nella nuova sfaccettatura dei viaggi temporali. L’ambizione di questa seconda stagione si percepisce nel viaggio nelle radici (soprattutto quelle interiori) di Nadia che diventa decisamente più profondo rispetto a quello della prima stagione; così allo stesso modo la struttura della narrazione, che accentua la sua componente psichedelica.

“I am the baby.”

CICLICITÀ


Come un cerchio che si chiude, Nadia torna in ospedale esattamente dove tutto era iniziato. Il suo compleanno è arrivato e la sua Ruthie sembra di nuovo star male. Il tempo però sembra a questo punto compromesso: la piccola Nadia del 1982 si trova adesso nelle braccia della quarantenne Nadia del 2022.
Nel precedente episodio la protagonista prende coscienza dell’incontrovertibile verità per cui non si può deragliare l’andamento degli eventi futuri ed è tuttavia una consapevolezza di cui non sembra fare tesoro: Nadia è ancora alla ricerca del cambiamento che migliorerà il suo passato/futuro.
Bloccata in un paradosso temporale, la protagonista incontra nello stesso luogo due diverse Ruth, una viva e una in fin di vita. Ma alla ricerca della giusta linea temporale, quella in cui Ruth è in ospedale esattamente il giorno del compleanno di Nadia, quest’ultima si imbatte nella sua morte, in tutte le sue morti avvenute nella prima stagione.
In un cerchio che si fa sempre più stretto, Nadia è testimone nello stesso momento della sua nascita e della sua morte. A questo punto è evidente che la linea temporale si complica e le conseguenze sembrano riversarsi anche su Alan, in una ciclicità narrativa che porta i due protagonisti a cercarsi a vicenda, ancora una volta e a ritrovarsi, ancora una volta, guardandosi in uno specchio.

OLTRE LA SUPERFICIE


La narrazione ciclica è un po’ l’elemento distintivo di Russian Doll che potrebbe non piacere a tutti e a tratti risultare ripetitiva. C’è però da dire che lo scarso minutaggio e il taglio nettamente sarcastico rendono il viaggio piacevole, senza prestarsi a sproloqui esistenzialisti. E’ stato ampiamente ripetuto come la serie scavi negli affari irrisolti della protagonista, senza tuttavia alcuna pretesa di risolverli ed è proprio questo il punto di forza di Russian Doll che riesce a trattare temi molto pesanti e pretestuosi (quali la vita, la morte, la formazione dell’io, ma anche l’olocausto, la perdita dei propri cari, i disturbi mentali, l’abbandono a una condizione sociale) senza però risultare fastidiosa, pedante e gratuita. La serie, sotto questo punto di vista, è scritta molto bene sottolineando una dicotomia tra la leggerezza dei toni e la profondità delle tematiche trattate che, in un contesto diverso e con accenti più seriosi, risulterebbero certamente troppo impegnative.

DONNE DUDUDU IN CERCA DI GUAI


La seconda stagione di Russian Doll gioca una carta vincente, improntando la storia su un racconto tutto al femminile. La storia della famiglia di Nadia è una storia fatta da donne e il viaggio nelle sue radici svela una importante presenza in rosa a discapito di una pressoché totale assenza maschile. Non pare dunque un caso che Vera e Ruth siano vedove, mentre del padre di Nadia non viene nemmeno menzionato il nome, a sottolinearne la quasi inutilità nella storia della famiglia Vulvokov.
Alla scoperta delle proprie origini, Nadia prende consapevolezza della forza delle donne della sua famiglia e ne comprende appieno quella corazza che appare così dura e impenetrabile. Nelle vesti della madre si imbatte nei disturbi mentali e nelle difficoltà di una maternità portata avanti senza il sostegno di Vera, che invece avrebbe voluto toglierle la bambina.
Una fermata più in là della metro porta la protagonista nella Budapest del 1944, dove Nadia si trova faccia a faccia con la persecuzione razziale e con la paura e al tempo stesso la forza di sua nonna Vera, che tenta di sfuggire ai nazisti. Le esperienze formanti le due donne, Nora e Vera, diventano allora il vero prezioso patrimonio familiare di cui Nadia si arricchisce, in una storia fatta di sofferenza e resilienza.
La volontà di offrire un racconto femminile appare chiara se si considera che a sostenere le donne della famiglia Vulvokov sono sempre state delle donne, delle amiche, delle sorelle. Delia, Ruth e infine anche Maxine sono i veri pilastri per le tre protagoniste, più che compagne di avventura vere e proprie sorelle. Quello che lascia Russian Doll è una meravigliosa storia di amicizia che dura negli anni e che non abbandona nessuno all’ineluttabilità del proprio destino.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Paradosso temporale: Nadia in braccio a Nadia
  • Nadia alla ricerca di Ruth 
  • Ciclicità della narrazione
  • La storia della famiglia Vulvokov è scritta da sole donne
  • Regia, fotografia e costumi. Russian Doll è una serie molto curata e si vede 
  • Soundtrack 
  • In generale, Russian Doll è una serie che apparentemente sembra non voler dire nulla, ma che silenziosamente scava fossati 
  • Al verso opposto, i toni leggeri della serie permettono temi altrimenti troppo impegnati e impegnativi 
  • Alan è un personaggio che vive sempre un po’ delle conseguenze di Nadia

 

Giunti al sesto episodio Nadia non è ancora riuscita a cambiare il proprio passato e a migliorare il proprio futuro, forse perché, in fondo, la sua storia è perfetta così com’è.

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