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Suburra 3×06 – RisvegliTEMPO DI LETTURA 8 min

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“Suburra – La Serie è una serie televisiva italiana ambientata a Roma, ispirata all’omonimo film del 2015, a sua volta tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini.” (Wikipedia)

 

Ispirata. E’ presumibilmente attorno a questa parola che di primo acchito ci si ritrova a valutare positivamente o negativamente quest’ultima stagione della serie e, quindi, il prodotto nel suo complesso. Ispirata può voler dire tutto, così come niente: in due stagioni Suburra aveva gettato diversi ponti verso il prodotto originale di cui sembrava voler essere parte integrante e quindi prequel. I legami tra le varie famiglie chiamate in causa; le radici nel sud Italia dei grossi movimenti; Manfredi riportato in vita giusto per questa stagione finale; i tatuaggi al collo di Aureliano; la bozza di “n.8”. Cioè, Netflix Italia carica un video sul proprio canale YouTube intitolato “Da Aureliano a N.8” ed ora ci si vuole mascherare dietro una parola (“ispirata”)?
La sensazione che si ha, soprattutto valutando determinate scene di quest’ultimo episodio, è che in fase di sceneggiatura si abbia sempre avuto l’intenzione di ricollegarsi al prodotto-madre ma che ad un certo punto, con questa terza stagione, ci sia resi conto che ad attrarre maggiormente il pubblico fosse il forte legame di amicizia (o bromance, perché a quello sotto sotto si è puntato) tra Spadino ed Aureliano. Perché quindi dover incattivire i due (da tenere presente, infatti, che nel film di Sollima Aureliano accoltella a morte proprio il giovane Anacleti) gettando all’aria quanto fin lì scritto?
Gli equilibri saltano e Suburra, la serie, prende una strada parallela a quella originale: in “Giubilieo”, Samurai viene ucciso senza possibilità di replica. Tutto cambia con la semplice eliminazione di una pedina del gioco: se Samurai viene eliminato allora la storia effettivamente è cambiata? Oppure “Samurai” è equiparabile ad un titolo e durante la stagione ne verrà presentato uno nuovo? Dubbi e domande si accumulano con il passare dei minuti. Poi, la certezza: il braccio destro di Samurai, Saverio, viene brutalmente ucciso da Titto. Suburra – La Serie si allontana definitivamente dal film del 2015 e quindi tutto diventa possibile.
Un’involuzione che fa storcere il naso anche se a parole ora sembra che la serie non sia mai stata indicata come prequel. Ma il giudizio, come si appuntava ad inizio recensione, non può essere determinato da questo puro e semplice dettaglio: uno stravolgimento che colpisce e che sicuramente lascia inebetiti, ma che non può determinare da sé il giudizio del singolo episodio (o del prodotto intero). Altri elementi andrebbero presi in esame per una valutazione ben più corretta.

 

PERSONAGGI IN CERCA DI UNA STORIA


Ma che ne è stato delle sottotrame fortemente collegate alla storia principale della stagione? Del Giubileo a parte qualche tira e molla e qualche braccio di ferro tra le varie cariche si ha veramente poco, tant’è che della storia del Cardinale Nascari ben poco rimane a conti fatti dopo queste sei puntate. Anzi, verrebbe da chiedersi perché tutto questo dispendio di energie per trovare qualcosa su cui poter fare leva con il Cardinale quando nella seconda stagione si era mostrato connivente nei confronti della Monaschi e della questione dei campi profughi. Ma non importa, all’improvviso Nascari è diventato uomo di sani principi e che non scende a patti con nessuno.
Rimanendo in tema, Sara Monaschi: desaparecidos della stagione, impegnata a concludere affari nel sud Italia. Non che sia questo grande dispiacere non avere più in scena Claudia Gerini, però, ecco, magari qualche motivazione più convincente e sensata non avrebbe fatto male.
A proposito di motivazioni, c’è qualcuno che sparisce senza nemmeno averne una: Adriano, lo speaker radiofonico che tanto aveva fatto ben sperare in “Dimmi La Verità” quando si era lasciato intendere un suo ruolo attivo in una nuova ed interessante alleanza. E invece no, riceve la letterina di Babbo Natale e impettito decide di sparire da Roma senza lasciare alcuna traccia. Semplicemente prezioso.
Sibilla è il volto nuovo della stagione, un personaggio tanto fondamentale (passacarte di Samurai e database umano di ogni malefatta di Roma) da portare lo spettatore a chiedersi: ma veramente dopo tre stagioni la dovevano far uscire questa?
La sensazione che si ha è quella di una gran confusione attorno alla trama che si costruisce, bene o male, attorno alla pura e semplice diatriba tra Adami (e Spadino) e Anacleti, nella fattispecie Manfredi. Ma non ci sono dei veri antagonisti: Samurai è stato messo fuori gioco forse troppo presto e Manfredi non ha nemmeno la punta della verve portata in scena nel film di Sollima. Non resta quindi che concentrarsi sugli aspetti positivi.

“C’è una guerra fuori lenta e silenziosa che corrode| c’è un nemico che prende e si divora ogni mio sogno| c’è un nemico che più lo combatto più ne ho bisogno perché la luce brilla nell’oscurità.” (Colle Der Fomento – Storia Di Una Lunga Guerra)

 

GIACOMO FERRARA E ALESSANDRO BORGHI: LA BROMANCE AGOGNATA DALL’INTERNET


Tutto riconduce lì, attorno ai due personaggi cardine di questa serie, di questo mondo narrativo, di Roma per come la conosce il pubblico. I due Re di Roma, così come si sono auto incoronati durante la festa finita in tragedia in discoteca. Fin dalla prima stagione, dopo quel fugace e rubato bacio, tra i due si è cementato un sentimento sincero e vero. Due personaggi rozzi, rudi e sempre in lotta con i fantasmi del proprio passato (Aureliano e la figura del padre e quella della sorella) o con figure familiari opprimenti (Spadino con Manfredi). L’ambizione di entrambi era il predominio prima nella famiglia, per dimostrare a tutti di che pasta erano fatti, e poi su Roma: una città cruenta, difficile da addomesticare e cattiva e che li risputa con le ossa rotte. La perdita di Rubina (la figlia non ancora nata da Angelica) non incattivisce Spadino, che sembra piuttosto affranto dall’avvenimento e convintosi d’essere la vera causa di ogni male per Angelica. Il desiderio di vendetta permane, ma si percepisce nell’aria la resa dei conti ormai imminente e di conseguenza il tradimento di Vicenzo Sale (padre di Angelica), che consegna Spadino a Manfredi, non stupisce più di troppo. A rendere toccante quest’ultimo capitolo di Suburra è sicuramente lo struggente addio tra Spadino ed Aureliano, giunto come un cavaliere a proteggere il giovane Anacleti dalla congiura di famiglia. In inferiorità numerica, senza armi e a corto di pallottole, il sacrificio di Aureliano colpisce e rappresenta il momento più commovente dell’intera serie. L’abbraccio tra i due, mentre Spadino stringe un Aureliano ormai morente, ed il sommesso “avemo fatto un casino, eh?” lascia di stucco. Ma ad innalzare la scena sono anche gli sguardi tra Giacomo Ferrara ed Alessandro Borghi, entrati in una sintonia perfetta sia tra di loro, sia con i personaggi interpretati.
E forse il colpo definitivo lo dà Aureliano dicendo “mi fa male, Alberto”, uscendo dal suo mondo gangster ed approdando alla realtà, chiamando per nome per quella persona che gli è sempre stata accanto come un fratello e che forse proprio in Aureliano vedeva quella figura fraterna su cui, purtroppo, non ha mai potuto veramente contare.
Occhio per occhio, quindi: Spadino sconvolto dalla morte di Aureliano accoltella a morte Manfredi nello stesso identico modo in cui, nel film del 2015, Aureliano uccideva Spadino. L’ennesimo dettaglio che strizza l’occhio ai vari collegamenti tra i due prodotti.

 

CINAGLIA IL SAMURAI DI TRASTEVERE


Seconda nota positiva della stagione, così come della puntata è sicuramente Cinaglia: personaggio che sembra essere sempre al posto sbagliato, nel momento sbagliato ma che sotto sotto va a regalare una più che convincente evoluzione al proprio personaggio. Ora che il faldone 418 (la famigerata assicurazione sulla vita di Samurai) è nelle mani di Cinaglia appare chiaro l’intento narrativo di ridisegnare proprio l’ex politico come nuovo Samurai. O quanto meno, tentare di ricreare quella posizione per colmare il vuoto lasciato dalla morte del personaggio interpretato da Francesco Acquaroli.

 

SALUTI A TUTTI, SPADINO SE NE VA


Dulcis in fundo, la sequenza conclusiva. O non conclusiva, visto che si tratta di un finale apertissimo e totalmente senza senso.
Spadino, che prima di andare in cerca di vendetta promette amore ad Angelica, torna sui propri passi dopo la morte di Aureliano (non può essere la giustificazione di un cambio così repentino di idea) lasciandola da sola a consolare Nadia. Terzo incomodo, ma si ha avuto questa sensazione per buona parte della stagione, il povero Flavio.
Sullo sfondo dei famigerati terreni di Ostia: Nadia ed Angelica in lacrime; Spadino che se ne va; Flavio attonito ed incerto sul da farsi. Sipario. Probabilmente Ezio Abbate e Fabrizio Bettelli (sceneggiatori dell’episodio) sono andati a lezione dagli sceneggiatori di Dexter, altrimenti non si spiega questa conclusione così raffazzonata della storia.
Ed in effetti qualche sentore di Dexter già lasciava presagire quella scena (comunque commovente ed emozionalmente molto forte, giusto specificarlo) di Spadino ed Aureliano in barca in mezzo al mare.

“Questa è la storia di una lunga guerra| storia della vita mia| prima di finire sottoterra| prima che il tempo voli via| sto nella trincea ad aspettare| il mio nemico quando arriverà| con una carica al posto del cuore| quando sarà il momento brillerà.” (Colle Der Fomento – Storia Di Una Lunga Guerra)

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Giacomo Ferrara-Spadino e Alessandro Borghi-Aureliano
  • Cinaglia, il nuovo Samurai…?
  • Lo scontro a fuoco ed il sacrificio di Aureliano
  • L’addio tra Aureliano e Spadino: “Ciao, fratè
  • Il faldone 418!
  • Il Giubileo ed il Cardinale Nascari
  • Sara Monaschi: The Wolf Of Sud Italia
  • Adriano e la lettera della discordia
  • Sibilla la strega indovina
  • Senza antagonisti c’è ben poco da raccontare
  • Sei puntate, forse troppo poche?
  • Il faldone 418: ma questo pezzo lo hanno scritto gli sceneggiatori di Boris?
  • Sequenza conclusiva: da mani nei capelli

 

Forse sei episodi sono stati una scelta eccessiva e si aveva necessità di maggiore spazio? Spostarsi dal film era una decisione già preventivata o sopraggiunta in corsa? Questo finale apre a nuove strade oppure verrà abbandonato a sé stesso?
Suburra, la serie, trova conclusione lasciando al pubblico più domande che risposte nonostante il genere (mob-movie) non sia solito creare delle vere e proprie questioni irrisolte all’interno delle proprie storie.

 

 

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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