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The Handmaid’s Tale 4×08 – TestimonyTEMPO DI LETTURA 4 min

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The Handmaid's Tale 4x08 recensione Questo ottavo appuntamento, diretto da Elisabeth Moss, si pone come l’inizio della nuova vita canadese dell’ex ancella che, però, sembra essere ancora pienamente dominata dall’odio verso i suoi oppressori. Un sentimento talmente forte che rischia di inghiottire completamente il personaggio, non permettendole di voltare veramente pagina.

LA TESTIMONIANZA


E’ ormai evidente come June sia stata completamente piegata da Gilead e, per non spezzarsi definitivamente, sia cambiata a tal punto da diventare molto simile ai suoi carnefici sotto il profilo psicologico. La descrizione fatta di Serena nell’episodio precedente è perfettamente in linea con la nuova June, una persona tossica, sociopatica, pericolosa e in grado di compiere qualsiasi cosa per sconfiggere i propri nemici. Un cambiamento radicale ma importante che fa capire a pieno quanto profondamente lo Stato teocratico si sia insinuato nella mente delle donne da loro sottomesse con pratiche disumane a livello psicologico e fisico.
Il modo in cui l’ex ancella fa emergere la rabbia delle compagne nel gruppo di sostegno, o il modo sprezzante con cui rilascia la sua testimonianza, rappresentano un segno ulteriore di quanto detto. Viene da chiedersi, a questo punto, se il suicidio dell’ex aunt Irene sia ascrivibile non solo a Gilead e ai sensi di colpa del personaggio, ma a June stessa.
L’egregia prova attoriale di Elisabeth Moss emerge chiaramente durante l’udienza pre-processuale in cui affronta Fred e Serena senza nessuna esitazione, anche se bisogna segnalare che i continui primi piani della Moss, non solo durante la testimonianza ma per l’intera puntata, sono francamente eccessivi. Nessuno vuole sminuire l’importanza della mimica facciale per un’attrice, ma si sta ormai sfiorando il ridicolo.

JUNE: RISORSA O PROBLEMA?


L’eccessivo focus narrativo sul personaggio di June ha portato a tralasciare completamente diversi filoni narrativi che invece erano molto interessanti, anche se appena accennati. La sensazione è che vi sia una gestione molto confusionaria della narrazione, il tutto tralasciando le numerose forzature già menzionate in passato come fughe completamente inverosimili o schemi narrativi che si ripetono da stagioni.
Su tutti, l’aspetto politico è stato completamente tralasciato, mentre sarebbe molto interessante vedere le relazioni internazionali tra Gilead e gli altri Stati, aprendo un’ulteriore punto di vista sullo Stato basato sul fondamentalismo religioso.
Anche il fenomeno dei ribelli interni che, apparentemente, sembrava di grande importanza, è stato improvvisamente abbandonato ed è scomparso ogni riferimento alla Resistenza dentro e fuori Gilead.
E’ indubbio che la nuova ambientazione canadese abbia dato respiro alla narrazione, ma rimangono diverse criticità sulla gestione di alcuni personaggi, come ad esempio l’interessante alleanza tra il Comandante Lawrence e Aunt Lydia, sottotrama poco sfruttata ma al momento l’unica interessante all’interno di Gilead e che, potenzialmente, potrebbe essere molto importante se sfruttata a dovere.
Anche il ritorno di Janine fa certamente piacere, per uno dei personaggi storici della serie, tuttavia è lecito chiedersi quale sarà il ruolo del character all’interno della storia senza June a guidarla, se vi sia un piano specifico per l’ex handmaid o si tratti di semplice fan service.
Menzione a parte va fatta invece per Fred e Serena: uno dei momenti migliori della puntata, anche se passato in secondo piano, è l’uscita dei Waterford con i loro sostenitori che li accolgono festanti, segno di quanto sia pericoloso il fondamentalismo religioso, tanto da riuscire ad emergere anche nel democratico e libero Canada. L’ennesima prova di come i due personaggi abbiano ancora molto da dare alle serie ed è un peccato che ormai siano relegati a semplici comparse con un screen time ridotto all’osso.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il radicale cambiamento di June, ormai simile ai suoi carnefici
  • La testimonianza di June, corredata da un’egregia prova attoriale di Elisabeth Moss (con tanto di monologo impressionante)
  • La nuova ambientazione canadese dà finalmente respiro alla narrazione
  • Il ritorno di Janine, sperando abbia un ruolo funzionale alla storia
  • li suicidio di Irene, vittima di Gilead o di June?
  • I fan dei Waterford, il fondamentalismo è sempre in agguato anche in uno Stato libero e democratico come il Canada
  • Peccato che i Waterford siano relegati a comparse, hanno ancora molto da dare alla serie come personaggi
  • Poco sfruttata l’interessante alleanza tra il Comandante Lawrence e Aunt Lydia
  • Scomparso ogni riferimento alla Resistenza dentro e fuori Gilead
  • Anche il lato politico per ora è stato eliminato, invece sarebbe molto interessante approfondirlo
  • I continui primi piani su Elizabeth Moss sono ridicoli

 

Non basta un solo personaggio a reggere un’intera serie e in casa Hulu dovrebbero tenerlo a mente. Lo show continua ad avere innegabili pregi ma la gestione di svariati personaggi secondari non convince, lo stesso dicasi per diversi filoni narrativi praticamente scomparsi. Ancora non è chiaro quale sia il nuovo corso intrapreso dalla serie con la svolta canadese, ma ritrovare una narrazione corale certo non guasterebbe. Questo episodio, come molti altri in questa stagione, è splendido per molto aspetti quanto deficitario per molti altri, motivo per cui si opta per una semplice sufficienza ma nulla di più.

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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