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The Spoils Of Babylon 1×01 – The FoundlingTEMPO DI LETTURA 5 min

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Per comprendere sul serio questo nuovo, piccolo gioiello della tv americana -che porta la firma IFC- bisogna fare un minimo di excursus storico.
Negli anni ’70-’80 difatti, molte erano le miniserie tratte da best-seller che imperversavano il piccolo schermo USA. Questo serial dunque, si offre da parodia vera e propria di questa tipologia di telefilm andando -perché no- a ironizzare anche su alcuni, semplici aspetti della cultura statunitense.
La storia inizia con Eric Jonrosh, uno  scrittore ormai invecchiato, arrogantemente fiero del racconto che in passato gli diede grande fama, appunto The Spoils Of Babylon (letteralmente, Il Bottino Di Babylon) e la cui trasposizione televisiva è questo piccolo serial che egli stesso ci introduce e che narra della vita di Devon Morehouse. E’ il racconto di come questo giovane sia passato da trovatello senza memoria al diventare figlio adottivo di Jonas Morehouse, al tempo ancora semplice contadino in cerca di successo, ma che un giorno scavando scavando si ritroverà a possedere una fortuna in giacimenti di petrolio. Devon fin da bambino prova un’attrazione particolare per la sorella Cynthia, rapporto sicuramente non semplificato dai rapporti di parentela (seppur semplicemente legale, in quanto i due sono soltanto fratelli adottivi). In questa puntata si esplorerà l’evoluzione di questo rapporto, dal 1931 (anno in cui il ragazzo entra a far parte della famiglia Morehouse), fino al 1941, la notte in cui Pearl Harbor viene attaccata dai giapponesi e che porta a conclusione questo primo capitolo.
La caratteristica principale di quest’opera è, appunto, la parodia. Essa è visibile, in primis, nella storia che fa riferimento al tipico orgoglio americano, quello che mitizza l’American Dream e che porta gli uomini ad affermare di lavorare per l’umanità intera piuttosto che per sè stessi; in seguito, è presente nella recitazione degli attori al pari di una soap-opera (la tipica messinscena poco convinta, insomma) e continua grazie alla sceneggiatura che, tra una battuta e un’altra, prende in giro anche la tipica ochetta bionda americana, che non sa nemmeno definire cosa sia esattamente l’economia o scandire bene la parola “guerra” e che, purtroppo, senza sembrare troppo cattivi, oggi non si può certo dire essere fenomeno raro.
Inoltre, vi è un cast magnifico: il premio Oscar Tim Robbins (che interpreta, in un suo modo particolare, la caricatura di un patriarca di famiglia come Jonas Morehouse, ai tempi della seconda guerra mondiale); l’ex Spider-Man Tobey McGuire (Devon), che intreccia un rapporto romantico con la sorella Cynthia (Kirsten Wiig); l’ex bambino prodigio Haley Joel Osment (sì, proprio quello che “vedeva la gente morta” e adesso a meno che non scorra il suo nome nei titoli di testa non riusciremmo nemmeno a riconoscerlo per quanto è cambiato), l’ex amica di Flipper Jessica Alba; il sex-simbol degli anni’80 Val Kimer; l’attuale Dott. Masters di Masters Of Sex Michael Sheen e tanti altri. Come è possibile avere tutte queste star in un prodotto televisivo di soli sei episodi da venti minuti ognuno? Semplice, basta non far comparire tutti nel pilot, introdurre soltanto i personaggi principali. E così è stato, in effetti. Quindi se siete fan del bambino del Sesto Senso o del Tony Blair di The Queen, dovrete attendere le prossime puntate.
Bravo inoltre il regista Matt Piedmont che -va beh, qua si piove sul bagnato- è uno scrittore americano vincitore di un Emmy, e che a soli 25 anni (per ben sei stagioni) si è occupato della sceneggiatura del Saturday Night Live. Insomma, già con questi curriculum potete immaginare che non stiamo parlando del primo prodotto creato da una squadra di novellini, ma di un insieme di attori, registi, autori, immatricolati in un serial che, comunque, non potrà mai risultare insufficiente. Le abilità ci sono e si vedono. Aggiungete al tutto una recitazione “all’antica”, gli esterni costituiti dai modellini dei luoghi (proprio come accadeva all’inizio ad Hollywood), in cui una macchina che segue una discesa è trainata da un bel visibile filo, scene al limite del ridicolo (come la lunghissima dedica del padre Jonas a Devon sull’orologio da taschino), e avrete il quadro completo. Un’opera nuova nel suo genere che negli States ha sorpreso tutti, nonostante stiamo parlando di un canale che, essendo via cavo, ha una platea ridotta all’osso, ma che ha recuperato spettatori con le successive repliche.


PRO:
  • E’ tutto una presa in giro delle miniserie di qualche decennio fa aggiungendo, giustamente, una caricatura dell’America stessa. Finalmente un’opera conscia del Paese che l’ha prodotta.
  • Il cast in toto
  • La caricatura di un preciso momento storico completata dalla recitazione “all’antica” da parte degli attori e dagli esterni costituiti da modellini in miniatura dei luoghi. Fa molto Hollywood agli inizi
CONTRO:
  • Il troppo può storpiare e la presa in giro, agli arbori per quanto riguarda il genere seriale negli States, se non curata in maniera ottimale può risultare stantìa e inutile

 

Concludendo, un nuovo prodotto nell’orizzonte telefilmico americano: la parodia. Affrontando in maniera superficiale temi come i progetti televisivi degli anni ’70, può cogliere l’occasione per criticare più nel profondo un Paese che, diciamocelo, comanderà anche il Mondo per quanto riguarda alcuni aspetti economico-politici, ma ha anch’esso le proprie pecche.
Soggettivamente però, devo aggiungere che non me la sento di dare più della sufficienza, perchè ho trovato altre opere migliori (ovvero più accurate e serie) nel panorama televisivo di quest’anno, e che sarebbe un peccato paragonare a questa. Dopotutto si sa, per quanto un prodotto comico possa esser ben fatto, si rischia di rimanere sempre in superficie, non riuscendo ad arrivare davvero allo spettatore.

 

The Foundling 1×01 155.000 mila – 0.7 rating

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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