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The Walking Dead 5×11 – The Distance – La DistanzaTEMPO DI LETTURA 4 min

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Ancora echeggiano nell’etere i meme che raffigurano un Rick Grimes inneggiare alla Ricktocracy, sono passati due anni dall’allora secondo season finale e le cose sono decisamente cambiate. “This isn’t a democracy anymore” segnava il cambio di regime nelle file del gruppo di sopravvissuti, un gruppo che per sopravvivere aveva bisogno di un leader che prendesse le decisioni per tutti e tenesse, come un cane pastore, il suo gregge al riparo dai lupi. Nonostante i lupi abbiano fatto un paio di banchetti con il branco, vedasi teoricamente con il Governatore e letteralmente a Terminus, il gregge è sopravvissuto ma non è più lo stesso che aveva siglato l’accordo verbale con Rick. Dopo tre stagioni la leadership dell’ex sceriffo rimane intatta ma non è più una Ricktocracy, la libertà di pensiero e parola non viene più negata e tutto questo appare molto chiaro solo grazie a questa puntata.
È quasi soddisfacente da dire ma “The Distance/La Distanza” è un episodio che funziona e funziona perché ha un senso logico. Una cosa che probabilmente è sfuggita a molti si manifesta molto chiaramente qui: il fumetto. Ogni qual volta gli sceneggiatori utilizzano una storyline proveniente dai comics di Robert Kirkman l’intero ecosistema prende vita, si anima e diventa qualcosa di vivido ed intenso come raramente lo è stato in assenza di questo nesso narrativo. Chi ha letto i fumetti conosce bene Aaron e sa che potenziale enorme possa offrire l’arrivo ad Alexandria; sulla carta questo evento permette finalmente alla serie di evolversi e di lasciarsi alle spalle lo stato di nomadismo in cui si è bloccata da “After/Smarriti“. Storyline come quella di Beth e dell’ospedale o quella di Terminus sono state decisamente mal gestite e hanno fatto sprofondare The Walking Dead in un baratro di anticlimatici silenzi, monotonia della narrazione e staticità degli eventi. Si, sono morti diversi character, l’ultimo dei quali Tyreese, ma questo, come si è visto, non è stato sinonimo di miglioramento qualitativo ma al più di sfoltimento dei “rami secchi”. Nient’altro.
L’introduzione di Alexandria e di Aaron per questo motivo non possono che venire apprezzati per l’enorme valore insito che portano con sé: una trama seria. Nonostante sia sempre dietro l’angolo lo spauracchio di un’ennesima storyline rovinata, non si può negare che Gimple e soci abbiano deciso di giocarsi una carta importante che, se presentata con i dovuti crismi, rappresenterà una nuova Prigione, e non è uno spoiler. La scelta di giocare tutta la presentazione di questa nuova terra promessa sul dubbio è più che lecita se non addirittura obbligatoria: che credibilità può avere un salvatore venuto dal nulla durante un’apocalisse zombie? La risposta non va neanche data.
L’interrogatorio ad Aaron si svolge in maniera diversa rispetto a quanto sarebbe stato fatto un tempo: poche domande, poche chiacchiere ma molte ricerche perché del prossimo ormai non ci si può fidare. La Ricktocracy di cui sopra si manifesta più volte nella durezza e nella diffidenza dimostrata ma viene meno quando arriva il momento di ascoltare i membri del gruppo più aperti e meno diffidenti nei confronti del potenziale salvatore. Michonne e Glenn sono due personaggi molto diversi, ma estremamente simili per sofferenze provate, e questo li legittima nel ruolo di consiglieri. Entrambi si espongono pubblicamente nel contraddire Rick, un ruolo che una volta spettava ad Hershel, ad Andrea o a Shane, tuttavia per modi, tempi e reazioni il risultato è differente, migliore per certi versi, e a giovarne è l’intero episodio.
Nonostante sembri che stiamo gridando al miracolo telefilmico (perchè in TWD la bestemmia è lecita), “The Distance/La Distanza” è l’esempio della crescita narrativa e sceneggiativa che c’è stata negli anni e che molto raramente viene manifestata. L’incontro con il “gregge” di zombie verso fine puntata è un elemento che porta a far riflettere sul vero motivo per il quale sia stato inserito. Da sempre il pubblico ha richiesto una maggior presenza di non morti e questo è sempre viaggiato di pari passo con un calo della coerenza dello script, un aumento delle scene prive di dialoghi, eccetto questa volta. Non stiamo parlando di un copione che vincerà un Emmy ma quantomeno è apprezzabile notare la differenza rispetto ad altre puntate. Ciò che non va è l’improvviso cambio di ritmo nel finale, un’accelerazione brusca e fastidiosa che dimostra come, se si volesse, si potrebbe tenere un ritmo più alto e più interessante in maniera costante. Il fastidio nel vedere abilità (e puntate) sprecate fa salire la rabbia.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Interpretazione convincente di Aaron e buon modo per rendere la trasposizione
  • È interessante notare come, se si volesse, si potrebbe tenere ritmi narrativi più intensi e meno psicologici
  • Arrivo ad Alexandria
  • Introduzione di una trama orizzontale seria
  • Fastidio provato nel constatare che le idee e le capacità ci sono ma non vengono quasi mai applicate
  • Finale molto onirico

 

In un mondo ideale episodi come questi sarebbero quelli peggiori durante la stagione, invece ad ora questo è il migliore della seconda parte di stagione e di molti altri già andati in onda. #LaVoltaBuona?

 

Them – Loro 5×10 12.3 milioni – 6.2 rating
The Distance – La Distanza 5×11 13.4 milioni – 6.9 rating

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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