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True Detective 3×07 – The Final CountryTEMPO DI LETTURA 5 min

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Wayne: Trust me, all right? One more time.
That’s it.
Then we talk, then I tell you everything.
Right now, uh, listen.
You gotta just trust me.
One last time.

 

A solo una puntata dal gran finale, “The Final Country” tira le fila dell’intricata indagine di Wayne e Roland, apparendo come un episodio chiave per l’economia dell’intera stagione.
In un’ora vengono praticamente riassunti tutti i personaggi coinvolti nella sparizione dei fratelli Purcell, si restringe il campo ai probabili “veri” colpevoli (Dan O’Brien, Hoyt), vengono esposte nuove e decisive rivelazioni (il nome dell’uomo di colore con un occhio solo e la sua origine, la tratta di minori). Se alcune, come quella legata a Hoyt, erano prevedibili già da qualche episodio e sono diventate inequivocabili già col finale del precedente e l’inizio di questo (il ritrovamento del corpo di Tom), decisamente meno preventivabile era l’omicidio di Harris James (se non appena dopo il suo rapimento). Omicidio che, da solo, risponde a tanti quesiti lanciati nel corso della stagione, dalla ragione dietro il litigio tra Wayne e Roland che li ha portati a separarsi per anni, il perché Amelia non abbia poi effettivamente scritto il sequel del suo libro, fino al motivo che ha portato alla nuova chiusura delle indagini degli anni ’90. Ma soprattutto si comprende finalmente la reticenza mostrata dal Wayne anziano all’intervistatrice, i suoi continui non detti fin troppo inspiegabili vista la sua condizione di ex-poliziotto ormai in pensione da tempo, e quindi senza nulla da perdere.
Proprio l’intervista, che in “The Final Country” trova la sua apparente conclusione (ufficiale, perlomeno), diventa però altrettanto cruciale per l’indagine parallela dei due anziani detective (il nome del black man with one eye e il possibile mercato nero di minori, come detto), oltre a presentare allo stesso tempo il succoso (per gli spettatori) cross-over con la prima e indimenticata stagione della serie. Collegamento diretto che non è affatto solo fan-service, ma sembra essere un riferimento extra-diegetico alla storia dello show stesso. Dopo la discussa seconda stagione (indubbiamente, che sia piaciuta o meno, lontana dagli altissimi livelli della prima), nella terza Nic Pizzolatto sembra infatti aver voluto chiaramente correggere il tiro e tornare su quei passi che all’epoca sconvolsero il medium televisivo. I segnali sono innumerevoli, le somiglianze diverse,  dall’ambientazione rustica e provinciale alla caratterizzazione dei due detective protagonisti (Wayne geniale come Rust, Roland  spalla sanguigna come Marty). Certo, a stagione quasi finita, va notato che, per forma, contenuti e innovazione all’interno del panorama seriale, la prima sembra ancora piuttosto inarrivabile, ma perlomeno stavolta la narrazione è apparsa molto più fluida e centrata della precedente.
Proprio lo stile di narrazione adottato è probabilmente il punto di maggior contatto con le origini dello show,  con addirittura l’aggiunta di una terza linea temporale per il caso Purcell. Se infatti anche Rust e Marty tornavano sull’indagine ancora irrisolta, a distanza di anni, dopo le rispettive deposizioni, qui Wayne e Roland lo fanno (per la terza volta, come il numero della stagione) in età ancora più avanzata. E il gioco narrativo di Pizzolato alza l’asticella quando passato e presente s’intersecano, ora per la demenza senile di Wayne, ora cinematograficamente, come nella scena dell’incenerimento dei vestiti, quando il Wayne più giovane sembra quasi accorgersi della presenza del se stesso del futuro, a rappresentare suggestivamente come la lunga vita di ognuno di noi ruoti in realtà attorno a singoli e brevi eventi che finiscono per segnarci per sempre.
E la vita di Wayne e Roland è da sempre segnata dal dualismo, ricorrente per tutta la stagione, tra lucide verità e oscure omissioni, vero elemento di congiunzione dell’intera trama. La sfrenata ricerca della verità che muove i due detective, pur avendo origini diverse (ambizione personale per uno, vendetta per l’amico appena perduto dall’altra), li porta così ad uccidere addirittura un uomo, di fatto stravolgendo tutte le loro convinzioni. Si può leggere sotto questa nuova luce la presa di coscienza di Wayne nella vecchiaia mostrata nel consigliare al figlio, nell’episodio precedente, di non rivelare il suo tradimento alla moglie, perché egoista da parte sua. Un conflitto interiore che trova origine allora in quest’episodio, quando sotto le insistenze di Amelia si vede il protagonista titubante sul da farsi (“I’d be a son of a bitch if I did that to you“). Quel “last time” con cui la lascia, per andare all’incontro (magari) chiarificatore con Hoyt, suona tanto come un punto di svolta finale, quasi rivolta agli spettatori da parte dello stesso Pizzolatto, come a dire che ancora una puntata e ci dirà finalmente tutto… ma, a questo punto, considerando le possibili implicazioni del caso (perché il Wayne anziano non ne ha mai fatto menzione?), vogliamo davvero saperlo?

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’omicidio di Harris James e i “true detective” all’inferno
  • L’indagine, a un episodio dalla fine, al punto di svolta finale
  • Le linee temporali che si sovrappongono 
  • Il ritorno di Rust e Marty, anche se solo in foto, comunque da brividi  
  • Le rivelazioni forse fin troppo tardive, visti i segnali lanciati già da qualche episodio

 

“The Final Country” non è solo l’episodio, fin qui, più importante della stagione, ma anche quello probabilmente più riuscito, sperando in un finale all’altezza. Una terza stagione che, ormai giunta al traguardo, magari non si sarà rivelata memorabile quanto la prima, ma che va quantomeno “benedetta” per averci riportato (scusate il gioco di parole) il “vero” True Detective.

 

Hunters In The Dark 3×06 1.24 milioni – 0.3 rating
The Final Country 3×07 1.32 milioni – 0.3 rating

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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