);

Watchmen 1×08 – A God Walks Into AbarTEMPO DI LETTURA 4 min

/
()

Non ce n’era bisogno ma, giusto a riconferma di quanto già si sapeva, Lindelof (questa volta accompagnato dall’ottima penna di Jeff Jensen) sforna l’ennesimo episodio capolavoro, questa volta incentrato sulla figura onnipresente di Watchmen che finora era sempre mancata per ovvie ragioni. La presenza di Doctor Manhattan non era nemmeno stata contemplata dallo show in precedenza, anche a causa di alcune riflessioni dello stesso Lindelof a riguardo, eppure la sua ombra, ingombrantissima, si era sempre stagliata su tutto e tutti rivelandosi un teasing piacevolmente costante. Almeno fino allo shoccante finale di “An Almost Religious Awe“.
Lindelof e Jensen scrivono a quattro mani una puntata difficilissima ma, a questo punto, doverosa, specie perché arriva giusto prima del possibile series finale, e lo fanno con astuzia ma anche con quel pizzico di sarcasmo che ha sempre contraddistinto questi episodi. E lo fanno partendo da una sottigliezza nel titolo che, paradossalmente, fa riflettere sulla scelta probabilmente non casuale del cognome della protagonista: encomiabile.

A GOD WALKS INTO ABAR


Dr. Manhattan: We can’t stop them. There’s nothing we can do. There’s something I can do.
Angela: What?
Dr. Manhattan: This is the moment.
Angela: What moment?
Dr. Manhattan: I just told you that you can’t save me, and you’re gonna try to anyway. In the bar the night we met, you asked me about the moment I fell in love with you. This is the moment.
Angela: Is that supposed to be romantic?
Dr. Manhattan: Sorry?
Angela: All this time we’ve been together, and you fall in love with me now?
Dr. Manhattan: No. I’ve always been in love with you. My perception of time…

In una recente intervista rilasciata per contestualizzare meglio l’enorme (ed inaspettato) plot twist, Lindelof ha ammesso che, durante la stesura iniziale della stagione, nella stanza degli sceneggiatori si era imposta una sola regola: ogni character può essere portato sul piccolo schermo solo se in funzione di Angela Abar. E con una regola come questa la soluzione è solo una: l’amore.
Infatti non è un caso se la parola “love” viene ripetuta ben 24 volte durante tutta la puntata, è un concetto chiaro che serve a maturare col tempo il senso di accettazione nello spettatore che, in qualche modo, deve capire e giustificare la scelta di questo superuomo che si è fatto umano nascondendosi tra gli umani. Il tutto per amore.
Certo, ci sono molte cose non chiare (tipo il perché sia impossibile sfuggire ad un destino che potrebbe tecnicamente essere evitato uccidendo anche l’ultimo militante della Seventh Kavalry) ma in generale l’ora abbondante della puntata e, soprattutto, il modo in cui tutto è stato presentato sono perfetti per far cadere ogni tipo di accusa nei confronti di Lindelof e Jensen. Anzi, a posteriori, il lavoro meticolosissimo con cui hanno preso per mano lo spettatore accompagnandolo attraverso tutto questo è semplicemente perfetto.

A GOD WALKS INTO A BAR


I am, simultaneously, in this bar, having a conversation with you, and on Europa, creating life.

Esattamente come Doctor Manhattan ripete più volte con il suo mantra (“The way I experience time is unique, and for you, particularly, infuriating.“), anche lo spettatore vive il tempo in maniera unica con un costante salto temporale tra 1936, 1985, 2009 e 2019 che aiuta decisamente a capire il punto di vista di Cal/Jon. L’altro concetto chiave dell’episodio (ma anche di Watchmen in generale), infatti, è il “time” e, non a caso, è la seconda parola più ripetuta. Per l’esattezza ben 20 volte. D’altronde, visto chi è il protagonista di questa “A God Walks Into Abar”, non poteva essere altrimenti.
I continui passaggi tra una conversazione all’altra, nelle diverse decadi, sono come un flusso di coscienza che si adatta a chi racconta la storia (Dr. Manhattan) e permette a chi la ascolta (Angela/spettatore eccitato) di capire e dare un senso al tutto in così poco tempo. Il sacrificio per amore, la creazione della vita su Europa e la profezia dei 10 anni d’amore sono tanti tasselli di un uomo complicato che prova a farsi spiegare, con successo, a modo suo. La regia in tal senso aiuta moltissimo e non sbaglia nemmeno una singola scena. C’era tanto margine per fare male, invece è andato tutto oltre qualsiasi previsione.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Regia, scrittura e recitazione: è tutto magnificamente perfetto
  • Lo script potrebbe essere studiato all’università
  • La chimica tra Dr. Manhattan e tutti gli altri character è fantastica
  • Il titolo dell’episodio
  • La maschera
  • Il costante evitare di riprendere Dr. Manhattan in volto: fastidiosamente efficiente
  • Finale dopo i titoli di coda
  • L’unico potenziale punto di domanda rimasto è questa fantomatica impossibilità di cambiare il destino di Dr. Manhattan, destino che potrebbe essere evitato con un semplice gesto della mano. Ma davanti ad un episodio come questo, ed in funzione di una trama così ben orchestrata, è impossibile vederlo come difetto

 

Ad un episodio dalla possibile parola “fine” (visto che Lindelof ha già annunciato di aver detto tutto quello che voleva dire su Watchmen, il che mette un enorme punto interrogativo sul rinnovo), Watchmen sforna l’ennesimo capolavoro con 64 minuti che ipnotizzano e, finalmente, rispondono alle tantissime domande createsi fin qua. La fine di Dr. Manhattan è vicina, ma che fine!

 

An Almost Religious Awe 1×07 0.77 milioni – 0.3 rating
A God Walks Into Abar 1×08 0.82 milioni – 0.3 rating

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

Rispondi

Precedente

The Mandalorian 1×05 – Chapter 5: The Gunslinger

Prossima

Recenews – N°302

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.