Shrinking conclude la sua seconda stagione con un episodio ricco di emozioni, che bilancia momenti di grande intimità emotiva con alcune scelte narrative meno incisive. Questo finale, pur non privo di difetti, riesce a consolidare il cuore della serie: un’esplorazione toccante e onesta delle relazioni umane, del dolore e della capacità di risollevarsi nonostante tutto.
GUARIGIONE
L’episodio si concentra principalmente sul rapporto tra Jimmy e sua figlia Alice, offrendo finalmente il confronto che la stagione aveva preparato con cura. Jimmy, dopo mesi di lotta interiore e sensi di colpa per essere stato un padre distante, si apre ad Alice in una conversazione che rappresenta il culmine emotivo della stagione.
Il loro dialogo, intenso e autentico, mette in luce la vulnerabilità di Jimmy, che in ultima analisi confessa: “I’m sorry I’m not better.”. È un momento di grande umanità, reso ancora più potente dalla risposta di Alice, che riconosce i tentativi del padre di esserci per lei, nonostante i suoi limiti. Questo scambio riflette uno dei temi principali della serie: la possibilità di costruire relazioni autentiche, anche nelle circostanze più difficili, attraverso l’onestà e l’accettazione reciproca.
L’evoluzione di Jimmy in questa stagione è stata notevole, ma il merito di questo arco narrativo va anche ad Alice, che, con maturità e profondità, emerge come uno dei personaggi più sfaccettati della serie. La loro riconciliazione non è solo commovente, ma rappresenta anche una promessa di speranza per il futuro, sia per loro due che per il tono generale dello show.
L’episodio ricorda, in modo toccante, quanto sia fondamentale la comunicazione nelle relazioni familiari, e che la difficoltà di esprimere sentimenti ed emozioni, spesso dovuta a traumi passati o paure di non essere accettati, è una delle problematiche più universali. Shrinking riesce a far emergere questa difficoltà con molta sincerità, ma anche con una certa speranza, mostrando come i momenti di vulnerabilità possano effettivamente creare uno spazio di crescita e pacificazione.
Parallelamente, Paul continua a rappresentare il pilastro morale della serie. La sua lotta contro il Parkinson e il suo crescente bisogno di affidarsi agli altri hanno reso il suo arco narrativo uno dei più emozionanti di questa stagione. Paul incarna la saggezza guadagnata attraverso il dolore, come dimostra il consiglio che offre a Jimmy: “It’s the act of revelation that’s healing”. Questa frase diventa quasi un mantra per l’episodio, sottolineando l’importanza di affrontare le proprie fragilità per poter crescere.
Dall’altro lato, la storyline di Louis aggiunge una nota oscura al finale. La sua disperazione, culminata in una scena al limite del tragico, rappresenta uno dei momenti più intensi e realistici della puntata. L’intervento di Jimmy, che arriva appena in tempo per impedirgli di compiere un gesto irreversibile, è una dimostrazione silenziosa ma potente di ciò che significa essere presenti per qualcuno, anche quando non si hanno tutte le risposte. La scena in cui i due si siedono fianco a fianco su una panchina, in attesa del treno, è un’immagine semplice ma profondamente simbolica: la guarigione è un processo lento, fatto di piccoli passi e di presenza reciproca.
UNO SFONDO OPACO
Se il cuore emotivo dell’episodio risplende, non si può dire lo stesso delle trame secondarie, che quest’anno hanno sofferto di una certa debolezza. Sean, che nella prima stagione aveva un arco narrativo forte e ben definito, è stato relegato a un ruolo marginale, ridotto a una funzione quasi strumentale. Nonostante ciò, il suo dialogo con Alice, in cui definisce l’amore come l’accettazione delle imperfezioni altrui, è uno dei momenti più belli dell’episodio, a testimonianza del suo potenziale narrativo non pienamente sfruttato.
Pur comprendendo il desiderio della serie di evitare un tono eccessivamente cupo, resta il fatto che, a volte, l’elemento comico finisce per appiattire il potenziale drammatico della trama. Le trame secondarie, purtroppo, non sono sempre all’altezza della profondità emotiva del personaggio principale, e la risata può sembrare forzata quando messa a confronto con i momenti più intensi dell’episodio. Una “leggerezza” che può rivelarsi una vera e propria lama a doppio taglio, che può risultare in un’atmosfera più dispersiva, sacrificando la coesione tra i vari archi narrativi.
Anche Liz, nonostante alcuni momenti brillanti, sembra avere un arco narrativo più debole rispetto alla stagione precedente. La sua decisione di aiutare Brian e Charlie con il loro bambino rappresenta un nuovo scopo per lei, ma appare un po’ forzata e meno coinvolgente rispetto agli altri temi trattati. Infine, Gaby si trova in un limbo narrativo: la sua crescita personale è accennata, ma la storyline con Derek 2 risulta poco approfondita, lasciando la sensazione che ci fosse spazio per un maggiore sviluppo.
“The Last Thanksgiving” è un episodio che commuove per la sua capacità di toccare corde universali, mettendo in scena personaggi che, pur affrontando le loro fragilità e i loro fallimenti, continuano a lottare per costruire una vita che abbia un senso. È la loro vulnerabilità, la loro ricerca di redenzione e la loro lotta per accettarsi a rendere la serie così umana. I protagonisti non sono eroi tradizionali, ma persone normali con difetti e paure, e forse è proprio questo che li rende tanto empatici e capaci di risuonare con il pubblico.
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“The Last Thanksgiving” è un finale emozionante e toccante, che celebra i legami umani e la capacità di risollevarsi dalle difficoltà. Nonostante alcune trame secondarie deboli, l’episodio riesce a concludere la stagione con una nota di speranza, dimostrando ancora una volta che la forza di Shrinking risiede nei suoi personaggi e nella loro capacità di affrontare le fragilità con coraggio e umanità. Una chiusura imperfetta, ma comunque bella, che ci ricorda quanto sia importante avere qualcuno al nostro fianco nei momenti più difficili.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.