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recensione A House Of Dynamite

A House Of DynamiteTEMPO DI LETTURA 5 min

Un film che dividerà palesemente pubblico e critica, ma soprattutto quella parte di pubblico che scaraventerà il telecomando contro la tv perchè il finale è aperto, non capendo che poco importa se è così perchè quello che la Bigelow e Oppenheim volevano mostrare è la catena di eventi e la fragilità di un sistema che non può essere perfetto.
3.6
(5)
La notizia di un missile intercontinentale non identificato diretto verso gli Stati Uniti sconvolge ogni certezza. L’allerta sale a DEFCON 2. In una manciata di minuti, si passa dai protocolli di sicurezza standard a una crisi globale in cui Cina, Russia e Iran si muovono militarmente e in cui gli Stati Uniti non riescono nemmeno a capire chi abbia lanciato l’attacco.

Con A House Of Dynamite, Kathryn Bigelow torna a dirigere un film che mette lo spettatore al centro di un’escalation apocalittica, condensata in un arco narrativo di appena venti minuti reali, e lo fa con la consueta tensione chirurgica e un cast d’altissimo livello guidato da Idris Elba nei panni del Presidente degli Stati Uniti. La sceneggiatura, firmata da Noah Oppenheim, non ha l’ambizione di rassicurare ma di destabilizzare: non è un film che cerca un finale risolutivo, ma un’esperienza costruita su una singola, terribile possibilità.

Approximately three minutes ago, we detected a ICBM over the pacific. Current flight trajectory is consistent with impact somewhere in the continental United States.

La grande trovata narrativa del film è la sua struttura tripartita: la medesima sequenza di eventi viene mostrata tre volte, da tre prospettive diverse, ovvero la sicurezza nazionale, il comando strategico militare e la Presidenza. Una scelta che sicuramente dividerà il pubblico, soprattutto chi si aspetta una narrazione lineare e un crescendo tradizionale potrebbe trovare la struttura ripetitiva o dispersiva. In realtà è proprio questa ripetizione che consente di comprendere la molteplicità di variabili e reazioni che si sviluppano in un momento di crisi nucleare reale, specialmente perchè offre la diversa prospettiva di un meeting cruciale in cui però l’oggettività e il focus (che ci dovrebbe essere sulla carta) sono ampiamente viziati dal contesto in cui ciascuna persona si trova, sia a livello fisico (in un evento in un palazzetto dello sport, ai controlli per andare in ufficio), sia a livello emotivo (pensando a salvare i propri cari).
Bigelow non si limita a raccontare l’evento: lo viviseziona. Ogni prospettiva aggiunge tasselli mancanti, dettagli tecnici, emozioni individuali e tensioni politiche, creando una rete densa che non cerca un colpevole ma mostra la vertigine del non sapere. E soprattutto, rifiuta di dare risposte perchè il film si chiude con un finale aperto, ed è una scelta molto audace che farà bestemmiare arrabbiare una fetta consistente di spettatori. Non perché il film manchi di tensione, ma perché Bigelow e Oppenheim non vogliono dare conforto. L’obiettivo non è rassicurare, ma far sentire l’angoscia dell’incertezza e, soprattutto, non a prescindere dal risultato finale, il punto non è quello ma tutta la catena di eventi che c’è prima.
Certo, la scelta di lasciare il pubblico senza risposte finali è rischiosa e non piacerà a molti. Ma è anche coerente con la natura stessa del film: A House Of Dynamite non racconta “come finisce”, racconta “come inizia” — e come tutto può finire prima ancora di avere il tempo di reagire.

It’s like hitting a bullet with a bullet.

Ad un certo punto durante l’escalation il character interpretato da Gabriel Basso dice “È come colpire una pallottola con un’altra pallottola“, riassumendo in modo brutale la fragilità di un sistema di difesa che si credeva infallibile. Ed è anche un ottimo momento reso iconico da una regia che è tesa, precisa, quasi asfissiante. Bigelow gira con camera a mano in ambienti stretti — la Situation Room, la base militare, il PEOC — alternando piani sequenza a tagli netti, sottolineando l’urgenza e la mancanza di controllo. È un film in cui ogni passaggio è fondamentale: un controllo di sicurezza per entrare alla Casa Bianca, un ritardo nei protocolli, la visita di una scolaresca, una telefonata privata. Tutto diventa potenzialmente fatale.
E a tal proposito, un altro pregio notevole è la capacità del film di tenere insieme i due piani professionale e personale. Le decisioni di Stato si intrecciano a reazioni umane — vomito, panico, tentativi disperati di salvare la famiglia — restituendo allo spettatore la realtà più cruda: anche chi governa il mondo è vulnerabile. La scena in cui il Segretario della Difesa cerca di salvare la figlia a Chicago è un pugno nello stomaco, ed è emblematica del tono emotivo dell’intera pellicola.

So it’s a fucking coin toss? This is what we get for fifty billion dollars?

Il cast è impressionante e all’altezza di questa scelta registica: Idris Elba (che appare solo a fine film) è magnetico nei panni di un Presidente schiacciato tra il dovere e la paura, Rebecca Ferguson porta intensità e pragmatismo come Capt. Olivia Walker, Gabriel Basso interpreta con inquietudine controllata Jake Baerington, mentre Jared Harris e Tracy Letts completano un ensemble in cui ogni personaggio è pensato per rappresentare un frammento di potere, paura o impotenza.


A House Of Dynamite è un film che non lascia scampo perchè non offre soluzioni, non concede risposte e non consola. Mostra semplicemente quanto fragile possa essere l’illusione di controllo e quanto tutto possa precipitare in venti minuti nonostante tutte le precauzioni prese. Un’esperienza cinematografica disturbante e potente che conferma ancora una volta quanto Bigelow sappia trasformare la tensione geopolitica in cinema puro, il tutto proprio in un momento storico in cui, ad esempio, la Russia di Putin sciorina il suo nuovo missile nucleare.

 

TITOLO ORIGINALE: A House Of Dynamite
REGIA: Kathryn Bigelow
SCENEGGIATURA: Noah Oppenheim
INTERPRETI: Idris Elba, Rebecca Ferguson, Gabriel Basso, Jared Harris, Greta Lee, Tracy Letts, Moses Ingram, Anthony Ramos, Brian Tee, Jonah Hauer-King, Kyle Allen, Jason Clarke
DISTRIBUZIONE: Netflix
DURATA: 112′
ORIGINE: USA, 2025
DATA DI USCITA: 24/10/2025

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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