Il presidente Kirkman, passato il momento dell’emergenza più acuta (o almeno si spera), vuole prendere le redini della nazione in modo serio, autorevole e propositivo. Intende “guidare e non semplicemente reagire”, come gli aveva consigliato l’ex POTUS Cornelius Moss, nello scorso episodio. Vara quindi il suo “programma dei cento giorni” e, fra le questioni da risolvere, c’è solo l’imbarazzo della scelta: disoccupazione, ecologia, internet, guerra in Medio Oriente e chi più ne ha più ne metta.
Qui un plauso va innanzitutto a Kiefer Sutherland, per come ha saputo gestire al meglio lunghe sequenze in cui il suo personaggio doveva confrontarsi con il pubblico e toccare tutta una serie di corde emotive, con un registro variante dal comico (la necessità o meno di dover “personalizzare” anche l’argomento pornografia online) al drammatico, al di là dei sapienti accorgimenti tecnici suggeriti dal suo staff. Ha saputo anche fermarsi sull’orlo del baratro, quando cioè il ricordo del padre, del nonno e dell’infanzia cominciava a far temere agli spettatori che anche Kirkman si fosse trasformato in un politico come tutti gli altri.
A causa della First Lady, comunque, al centro del contendere viene subito posta la questione più spinosa, quella che, parola di Barack Obama, in America non si riesce proprio a risolvere: il possesso di armi da parte dei privati cittadini. Da qui la coppia presidenziale riceve una crudele lezione, piccola ma essenziale agli sviluppi futuri delle loro vicende: la realtà non è performante. In altre parole, quando si è in vesti politiche non bisogna parlare esprimendo semplicemente il proprio pensiero, ma bisogna prima accuratamente soppesare mille fattori, mille giochi di dare e di avere.
Effettivamente, gli avversari del presidente non si fanno pregare e procedono con le loro contromosse. Su questo fronte, non preoccupa tanto l’ambizioso giovane senatore del Montana, alfiere della lobby delle armi, quanto l’incontro di fronti tempestosi tra Kimble Hookstraten e Aaron Shore. Lui d’ora in poi lavorerà per lei, sancendo l’alleanza fra due personaggi risultati finora poco limpidi.
In generale, su questo versante la carne al fuoco è talmente tanta da suggerire agli sceneggiatori di lasciare subito in panchina, per almeno un turno, Cornelius Moss. Questo dispiace un pochino, perché il personaggio, da come è stato introdotto, sembra affascinante e promettente, quindi si spera in un suo celere ritorno sulla scena.
Se la parte, diciamo così, politica della narrazione procede cauta, quella relativa alle indagini dell’agente Hannah Wells procede spedita e fornisce la quota di azione ad un episodio ricco di dialoghi e momenti umani. Grazie alle nuove tecnologie, si riesce addirittura a trarre un’impronta digitale utile dalla foto di un bicchiere. La psicopatica da rintracciare riesce a farsi uccidere prima di parlare, ma lascia dietro di sé un computer con progetti per nuovi attentati a luoghi simbolo degli Stati Uniti. Questo tiene alta la tensione e sembra promettere implicitamente, agli spettatori, che lo show non si siederà sugli allori, trasformandosi in una tribuna politica.
Per il prossimo episodio, intanto, si prevede una continuazione di entrambe le sotto trame principali, sotto lo slogan “L’unica cosa più pericolosa del diavolo che conosci è il terrorista che non conosci”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Commander – in – Chief 1×14 | 5.15 milioni – 1.1 rating |
One Hundred Days 1×15 | 5.20 milioni – 1.1 rating |
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).