“The best way to avenge the dead is to stay living.”
Basterebbe solo questa frase per poter correttamente inquadrare l’ennesima puntata di Designated Survivor che fatica a mantenere stabile la propria storia: una frase fatta, completamente senza senso a cui verrebbe da rispondere un sono “grazie al cazzo“. Ma questa frase rappresenta un semplice assaggio di cosa la serie sia capace di fornire all’incauto spettatore che si ritrova a visionarla.
Il finale della scorsa puntata lasciava adito a ben pochi dubbi e infatti “Overkill” si ritrova a seguire lo stesso percorso, con un Tom Kirkman alle prese con il proprio lato senza scrupoli e battagliero, come raramente ci è mai stato mostrato.
Proprio come nello scorso episodio, questa estrema cattiveria risulta a suo modo immotivata: è vero che Tom è una persona che empatizza molto con il prossimo, ma la sua reazione è talmente viscerale e brutale da risultare quasi portata all’eccesso, forse proprio dalla sceneggiatura.
Questo spirito guerriero verrà accantonato in maniera definitiva, superata di poco la metà di puntata, quando a tornare padrone della propria mente sarà il Kirkman buono e docile che solitamente vediamo in scena.
Come si ipotizzava nella scorsa puntata, l’attacco è stato lanciato senza la completa sicurezza di chi fossero i responsabili e infatti, in conclusione di puntata, avviene il consueto twist narrativo che in teoria dovrebbe colpire/sconvolgere lo spettatore, ma che in pratica pone il Presidente in una posizione alquanto ridicola: l’Emiro ed il suo Stato sono stati bombardati senza un reale motivo valido. Convenientemente, però, gli sceneggiatori hanno deciso di semplificare un po’ la posizione di Kirkman: insomma, tra ex-Presidenti citati in giudizio, hackeraggi a tutto campo e probabili spie all’interno del suo team, gettargli in mano anche una confusionaria e bellicosa situazione in politica estera (con la NATO pronta a disintegrarlo pubblicamente) sarebbe stato davvero troppo. Ed ecco quindi che, per puro caso, la task force militare inviata nel Kunami e capeggiata dall’agente Wells si imbatte in un deposito di armi chimiche. Così, nel nulla: potevano essere catapultati in un qualsiasi punto dello Stato, ma no, finiscono proprio ad un paio di chilometri da un deposito d’armi chimiche che l’Emiro, voci di corridoio di non si sa quale fonte, avrebbe utilizzato contro la propria popolazione.
Ecco quindi che Kirkman ottiene il proprio casus belli per salvarsi la faccia e lo status di uomo buono. La credibilità, però, non riesce a trovare spazio in questo frangente.
La rabbia di Tom non è l’unica che regala allo spettatore scene completamente non-sense: la scena dell’agente Wells durante l’interrogatorio, quando punta la pistola in faccia ad uno dei cospiratori, è potente visivamente ma non ha alcun tipo di senso scenico, di trama o psicologico. Dovevano far capire che l’agente era ancora scossa per la morte del capo dell’FBI, quindi hanno escogitato la scena più semplice possibile.
Ad impreziosire la storia (ovviamente in senso ironico) si è poi deciso di inserire un inutilissimo minutaggio collegato ad una sorella preoccupata per il fratello in missione in Kunami, proprio nella squadra che copre le spalle all’agente Wells nell’operazione. Ma non finisce qui: proprio il fratello di questa triste donna sarà l’uomo che aiuterà la Wells a portare a termine il compito e svelare l’arcano dietro la bomba sporca piazzata negli USA.
Il finale di puntata regala l’ennesimo cliffhanger di stagione dove questa volta vengono leakate le considerazioni del terapista del Presidente, peccato che dell’intera situazione solo i fedelissimi erano a conoscenza, quindi per forza di cose qualcuno deve aver trafugato la notizia.
In una situazione oltremodo confusionaria della serie, occorreva davvero gettare ulteriori ombre su praticamente tutti i personaggi in scena a pochi episodi dalla fine? Ok essere fan ed amici intimi dell’entropia, ma così si esagera alquanto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Fallout 2×16 | 3.84 milioni – 0.7 rating |
Overkill 2×17 | 3.29 milioni – 0.6 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.