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Sono passati quattrocentoquarantatre giorni dall’insediamento del nuovo Presidente ed è arrivato per noi il momento di fare outing. Diciamocelo: la serie senza Maia Rindell funziona meglio. Vogliamo dircelo in modo più carino? La serie non risente dell’assenza di Maia, il personaggio propulsore – e probabilmente protagonista – del nuovo filone legale di Chicago.
I King sono riusciti in un’impresa azzardatissima: hanno creato una serie tv divertente, godibile e affascinante senza un vero e proprio protagonista le cui vicende sono attese settimanalmente dal telespettatore in poltrona. Non ci interessa davvero come finirà la storia di Lucca, Colin e della sua gravidanza; non siamo particolarmente impressionati da questo assassino di avvocati che si aggira per la città; non ci ha colpito poi più di tanto il processo di Maia e del padre. Allora cos’è che aspettiamo avidamente ogni settimana? La coralità. The Good Fight non esisterebbe senza nessuno dei suoi personaggi, è vero, ma è altrettanto vero che non esisterebbe con almeno uno dei suoi personaggi. Per quanto possiamo amarli, stimarli e tifare per loro singolarmente nelle aule di tribunale, ciò che li rende così interessanti sono gli intrecci in cui essi si muovono. Suddividere l’episodio in più storyline, portando avanti parallelamente gli intrecci interni dello studio e le singole vicende dei protagonisti al di fuori della scrivania comune è la chiave vincente dell’episodio e della serie in generale.
In tutto ciò, di chi non sentiamo la mancanza è Maia. Certamente il confronto con personaggi carismatici come Diane, Adrian, Lucca e Marissa non favorisce l’emersione del personaggio del giovane avvocato che probabilmente deve ancora entrare in alcuni meccanismi interni dello show. Ma è innegabile che il paragone con Alicia (vuol dire giocare sporco fare questo parallelismo, ma tant’è) è impietoso. Anche Alicia era arrivata alla Stern, Lockhart & Gardner all’alba di uno scandalo che la vedeva coinvolta e anche lei, come Maia, era una giovane associata al primo anno. Ma non per questo invisibile. Alicia il posto nei nostri cuori lo ha occupato piano piano, guadagnandoselo tramite il suo fascino, la sua ironia e la sua sagacia. Maia per il momento occupa solo un posto ad una scrivania e, di nuovo, ci dispiace soffra di un paragone del genere – ingiusto e troppo grande da sopportare – ma è così.
Chi invece non passa inosservato ai nostri occhi sono Lucca, Adrian e Diane. I tre, tramite trame diverse e separate nell’episodio, danno vita a un concetto preistorico ma purtroppo presente nel mondo del lavoro: questa brutta abitudine che hanno le donne di fare figli. La stessa Diane, democratica fino all’osso, è tranquillamente a suo agio nel togliere a Lucca il processo per il quale ha lavorato un anno intero. La questione potrebbe apparire insignificante, anche considerando le poche battute che i soci dedicano alla gravidanza dell’avvocato, ma a nostro avviso merita invece particolare attenzione. Fa riflettere il fatto che lo studio legale afroamericano che si propone di combattere la discriminazione razziale, che si dichiara apertamente contro la discutibile e discussa politica di Trump, possa poi invece cadere nel cliché della discriminazione di genere sul lavoro. È bello lottare per i diritti altrui, dopodiché usciti dalle aule e dagli studi televisivi non c’è alcun problema nel mettere in difficoltà un proprio dipendente, ostacolandolo nella propria carriera.
Riflettere è il verbo che ai King piace parecchio.
In tutto ciò, di chi non sentiamo la mancanza è Maia. Certamente il confronto con personaggi carismatici come Diane, Adrian, Lucca e Marissa non favorisce l’emersione del personaggio del giovane avvocato che probabilmente deve ancora entrare in alcuni meccanismi interni dello show. Ma è innegabile che il paragone con Alicia (vuol dire giocare sporco fare questo parallelismo, ma tant’è) è impietoso. Anche Alicia era arrivata alla Stern, Lockhart & Gardner all’alba di uno scandalo che la vedeva coinvolta e anche lei, come Maia, era una giovane associata al primo anno. Ma non per questo invisibile. Alicia il posto nei nostri cuori lo ha occupato piano piano, guadagnandoselo tramite il suo fascino, la sua ironia e la sua sagacia. Maia per il momento occupa solo un posto ad una scrivania e, di nuovo, ci dispiace soffra di un paragone del genere – ingiusto e troppo grande da sopportare – ma è così.
Chi invece non passa inosservato ai nostri occhi sono Lucca, Adrian e Diane. I tre, tramite trame diverse e separate nell’episodio, danno vita a un concetto preistorico ma purtroppo presente nel mondo del lavoro: questa brutta abitudine che hanno le donne di fare figli. La stessa Diane, democratica fino all’osso, è tranquillamente a suo agio nel togliere a Lucca il processo per il quale ha lavorato un anno intero. La questione potrebbe apparire insignificante, anche considerando le poche battute che i soci dedicano alla gravidanza dell’avvocato, ma a nostro avviso merita invece particolare attenzione. Fa riflettere il fatto che lo studio legale afroamericano che si propone di combattere la discriminazione razziale, che si dichiara apertamente contro la discutibile e discussa politica di Trump, possa poi invece cadere nel cliché della discriminazione di genere sul lavoro. È bello lottare per i diritti altrui, dopodiché usciti dalle aule e dagli studi televisivi non c’è alcun problema nel mettere in difficoltà un proprio dipendente, ostacolandolo nella propria carriera.
Riflettere è il verbo che ai King piace parecchio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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L’episodio è subdolamente affascinante. La maggior parte delle battaglie, forse quelle più importanti, non si battono in aula ma si giocano sedendosi al tavolo dei sette studi più importanti di Chicago; in uno studio televisivo e, infine, nel proprio studio, quello che dovrebbe rappresentare casa.
Day 436 2×05 | ND milioni – ND rating |
Day 443 2×06 | ND milioni – ND rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.