Nell’ambito della serialità le trame di tipo sportivo regalano sempre grandi emozioni e il motivo è abbastanza semplice: il leitmotiv-storytelling del sacrificio e dello sforzo sportivo è un’ottima panacea per creare motivazione nel pubblico. L’hanno capito da tempo le serie tv generaliste che hanno declinato i loro generi televisivi in questo ambito (vedi la nuova recente trasformazione del format di Ryan Murphy con American Sport Story).
Uno degli ambiti in cui questo storytelling è ampiamente sfruttato è quello delle docuserie, che hanno trovato una nuova linfa in questo ambito creando un vero e proprio sottogenere del mondo dello sport visto “dietro le quinte” o “dietro ai riflettori” come ormai è diventata consuetudine definire prodotti televisivi come questo Starting 5.
Questa rappresenta l’ultima novità per questo tipo di documentari sportivi che hanno reso sempre più popolare la piattaforma (a partire dall’ormai storica The Last Dance), che vede fra i propri produttori perfino i coniugi Obama.
Si tratta di un viaggio insolito all’interno di una stagione NBA (quella appena passata 2023-2034) dimostrando quindi un grande lavoro di montaggio frenetico fra immagini televisive di repertorio e scene inedite “dietro le quinte”. Il tutto con dei ciceroni veramente d’eccezione.
IL QUINTETTO IDEALE
Il “cast” di Starting 5 vede infatti come protagoniste cinque stelle NBA: Lebron James dei Los Angeles Lakers, Jayson Tatum dei Boston Celtics, Jimmy Butler dei Miami Heat, Domantas Sabonis dei Sacramento Kings e Anthony Edwards dei Minnesota Timberwolves.
Già solo per questi nomi messi in campo lo show si rivela estremamente interessante in quanto rappresentano, insieme, un bel quintetto ideale per qualsiasi fan di questo sport (e per gli amanti del fantabasket) anche se c’è da domandarsi il perchè di Sabonis invece di un Stephen Curry. Ma quel che è più interessante è come lo show decida di seguire tutta un’intera stagione attraverso i loro occhi e i loro pensieri in una maniera del tutto inedita, rivelando aspetti che generalmente sono più privati e non vengono mostrati spesso.
Si tratta di una serie estremamente intima in cui vengono affrontate questioni come il continuo spostarsi per lavoro (con quasi 80 partite in un anno) e quindi la lontananza da casa e dai famigliari (concetto che viene ribadito praticamente da tutti e cinque i protagonisti).
Anche virando in alcune scene decisamente al limite del trash (la nascita del figlio di Edwards), che però contribuiscono a far empatizzare il pubblico con quelli che, prima di questa serie, erano “semplici” divinità dello sport, qui mostrate nei loro aspetti più “umani”.
IL “GRANDE FRATELLO” DELL’NBA
Durante i 10 episodi dello show dunque si potrà vedere un inedito Lebron James versione “Beetlejuice” per la festa di Halloween in famiglia, o Sabonis che si veste da personaggio dei cartoni animati sempre per fare una sorpresa a suo figlio. Vengono inoltre affrontati anche temi, in un certo senso, “sociali”.
I giocatori, forse per la prima volta, raccontano dei loro inizi, dei sacrifici fatti dalle rispettive famiglie per farli entrare nei college dove, una volta usciti, sarebbero diventati stelle dell’NBA. O la paura, tipica di molti sportivi, di non sapere cosa fare una volta finita la propria carriera, nonché la cura continua e maniacale del proprio corpo (poiché anche una piccola distorsione può compromettere un’intera carriera). Una sorta di vero e proprio “Grande Fratello” in cui sono più le scene e le interviste fuori dal campo che non i momenti sportivi in senso stretto, anche se sono ovviamente presenti molte scene di partite giocate.
Risulta evidente come l’obiettivo sia quello di rivolgersi ad un pubblico molto più mainstream, con l’intenzione di suscitare interesse soprattutto nei confronti del pubblico non necessariamente esperto (o addirittura che non s’interessa minimamente di sport) ma che può comunque avvicinarsi con curiosità alle vicende private di questi particolari protagonisti.
CONCLUSIONI
Ad un certo punto dello show sembrerà quasi che tali aspetti privati prendano il sopravvento sul resto, rischiando di affossare ciò che dovrebbe essere il “vero” cuore dello show ovvero la parte più sportiva. Si tratta comunque di un problema solamente di pazienza dello spettatore (anche se fare solo 8 puntate invece che 10 avrebbe giovato al tutto) perché lo stile di regia e il montaggio sono in realtà ben alternati e non eccedono mai in un senso o nell’altro. Anzi, soprattutto nell’ultima parte (dove ci si avvicina al trofeo stagionale) quest’ultimo aspetto si prende giustamente lo spazio che merita.
In generale Starting 5 rimane comunque un buon prodotto per capire un mondo particolare (quello sportivo professionistico americano) che segue canoni e regole proprie. In questo modo lo spettatore impara a conoscere i momenti salienti della stagione sportiva (l’All-Star Game, l’In-Season Tournament…) contestualizzati però in un racconto che è molto “umano” e con dei personaggi al limite del shakesperiano per cui è difficile non emozionarsi soprattutto nella parte finale.
Un prodotto, dunque, consigliato ed eccellente sia per i già appassionati di basket che per i neofiti (sportivi e non) che vogliono semplicemente approfondire una realtà davvero particolare e sfaccettata.
…THEM ALL!
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Netflix decide di investire ancora una volta su una docuserie che mostra il “dietro le quinte” dei grandi eventi sportivi. E stavolta lo fa alla grande mostrando l’ultima stagione NBA con gli occhi (e le parole) di Lebron James, Jaysum Tatum, Domantas Sabonis, Anthony Edwards e Jimmy Butler. Un quintetto che chiunque sognerebbe di avere per la propria squadra insomma!
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!