Una stagione davvero particolare questa seconda di Feud.
Non è una storia di vendetta, di ripicche e di guerriglia, così come ci si aspetterebbe. La serie sembra più essersi concentrata sulla personalità di Truman Capote e sulla sua tendenza a reagire alle difficoltà sprofondando in una spirale di autodistruzione fatta di alcol, droghe ed eccessi.
La “faida” contro i suoi adorati cigni è appena accennata e le stesse donne dell’alta società newyorkese passano nettamente in secondo piano, nonostante il posto privilegiato nel titolo della stagione.
1984: THE YEAR OF TRUMAN CAPOTE’S DEATH
Dividendosi tra i soliti salti temporali, dopo la morte dello scrittore avvenuta nello scorso episodio, la serie torna nuovamente ai fatti avvenuti antecedentemente la prematura scomparsa di Capote, analizzandone i tratti essenziali della sua vita.
L’impronta dell’intera seconda stagione di Feud l’ha data Tom Hollander nei panni di Truman Capote. La serie si è molto concentrata sul personaggio e sulla sua analisi e quest’ultimo episodio ne è la perfetta conclusione. Nell’aprire una finestra sull’infanzia di Capote, riportando sullo schermo la sempre divina Jessica Lange nei panni della madre, l’episodio si concentra sulla premessa della trama e della stesura del famoso articolo incriminato, piuttosto che sulle conseguenze della pubblicazione dello stesso.
Non emerge, come si dirà, una faida caratterizzata da conseguenze e vendette per il tradimento perpetrato ai danni dei cigni dell’alta società neyorkese, ma più un bisogno di analizzare il perché di questa tendenza al disfattismo del protagonista. Quello che emerge con chiarezza è che il piccolo Truman è un’anima fragile, costretto a fare i conti con una personalità, come quella della madre, ingombrante e alienante. Sono queste le conseguenze analizzate dall’episodio e dalla stagione intera che ha mostrato, nel corso degli episodi, un Truman adulto non poi così diverso dal bambino apparso in questo finale di stagione.
COSA MANCA A QUESTA SECONDA STAGIONE
La vera pecca della seconda stagione di Feud è la totale assenza di una faida. Le scaramucce tra Bette Davis e Joan Crawford che tanto hanno intrattenuto il pubblico qui sono totalmente assenti. Del pari, si sente la mancanza di una componente fondamentale della narrazione: l’ironia. L’intrattenimento fornito da quella prima stagione di Feud ha consacrato la serie senza alcun dubbio tra le più brillanti mai scritte. Eppure, questa volta, nonostante la spiccata vena comedy di Tom Hollander e una trama che si prestava perfettamente a un dissacrante black humor, la serie ha scelto di non sporgersi troppo verso quella direzione che, al contrario, avrebbe riscosso decisamente più successo.
La stagione pare peraltro essersi dimenticata di disporre di un cast di cigni stellare: avere a disposizione attrici del calibro di Diane Lane, Chloe Sevigny, Naomi Watts Demi Morre e Calista Flockhart e non spremerlo fino all’osso pare veramente un’occasione sprecata.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una seconda stagione che si divide tra un’attenta introspezione del personaggio di Capote e una serie di occasioni perse che avrebbero potuto fare la differenza. Un buon risultato portato a casa per Feud, ben lontano, però, dall’indimenticabile prima stagione.
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.