Giunti a metà corsa ecco che “Il Nostro Signore” si configura come un episodio parzialmente chiarificatore per tutta la carne messa a cuocere nei primi tre episodi. Uno spettatore vergine dalla lettura della serie di romanzi di Liu Cixin avrà probabilmente solo intuito alcuni elementi in via di sviluppo, potendo intercettare quella che si sta manifestando come una maestosa e ambiziosa trama orizzontale. I temi trattati, così come i generi utilizzati, sono molteplici e vanno dalla politica alla fantascienza, dalla religione alla scienza e all’astrofisica, toccando però anche tematiche più umane come l’elaborazione del lutto e l’accettazione della morte.
Una mole enorme di ingredienti che rappresentano una grande responsabilità per Benioff e Weiss (coadiuvati da Alexander Woo). Quando si hanno così tanti argomenti è infatti facilissimo sbagliare, perdere il controllo, farsi sopraffare dalla storia, o lasciare che un aspetto prevalga sugli altri finendo per sminuirli. Un discorso, per certi versi, simile a quello fatto recentemente con i due kolossal su Dune diretti da Villeneuve. Due prodotti sci-fi, in cui si possono trovare anche elementi in comune, che forse non a caso stanno dominando in questo inizio 2024 le discussioni in tema cinema e serie TV.
UNA SETTA IN ATTESA
“Il Nostro Signore” propone più di uno sguardo sulla Judgement Day di Mike Evans, interpretato da un ottimo Jonathan Pryce, che riprende praticamente il ruolo di Alto Passero da Il Trono Di Spade. Una nave che trasporta un’intera comunità di adoratori di questo “Nostro Signore”, che però prende solo il nome dal credo Cristiano. Anzi, seppur non sia stato ancora reso esplicitato è più che lecito provare ad unire i puntini per giungere a qualche conclusione intermedia. Il finale di “Costa Rossa” resta probabilmente l’indizio più grande fornito finora, che permette di trovare una chiave di lettura al grande mosaico messo in piedi, e che puntata dopo puntata sta riunendo i vari pezzi del puzzle.
I San-Ti, gli alieni con cui Ye Wenjie decide di mettersi in contatto, tradendo la specie umana, dovrebbero essere gli stessi che invece gli abitanti della Judgement Day attendono come una sorta di venuta messianica. Ecco quindi il parallelismo con l’opera di Herbert sul fanatismo religioso, e le conseguenti problematiche, che hanno dato delle prime avvisaglie già in questa puntata.
INFILTRATA
La parte più succosa dell’episodio arriva però con la storyline che segue Jin Cheng all’interno della “tana del bianconiglio”. Dopo aver accettato, nella scorsa puntata, di proseguire il percorso iniziato con il misterioso visore, la scienziata viene invitata ad un incontro segreto in cui si rivela l’esistenza di un vera e propria organizzazione. Terra-Trisolaris è il nome di questa organizzazione segreta, fondata e guidata da una rediviva Ye Wenjie (una magnetica Rosalind Chao, direttamente dagli anni ’90 di Star Trek), e che trama segretamente per agevolare l’arrivo dei San-Ti, gli alieni in contatto con Wenjie.
Quali sono i rapporti tra l’Organizzazione Terra-Trisolaris e la Judgement Day ancora non sono chiari. Così come non è chiaro il motivo del nome, Trisolaris, probabilmente una traduzione terrestre del nome del pianeta alieno. Viene richiamato ancora una volta con questo nome il concetto di tre soli, già intravisti nei precedenti livelli in cui compariva anche Mike Evans. Chissà che non sia proprio l’esistenza di tre soli il problema dei tre corpi che ha spinto i San-Ti a mettersi in comunicazione con la Terra, magari in cerca di aiuto, o in cerca di conquistarsi una nuova casa.
Jin Cheng: “When you say “they,” who are you really talking about? Do you think they’re in contact with aliens?”
Thomas Wade: “You don’t need to believe in Santa Claus to believe people give gifts on Christmas.”
CAPPUCCETTO ROSSO
Ciò che resta, però, di “Il Nostro Signore” è l’affascinante dialogo tra Mike Evans e la voce che dovrebbe rappresentare proprio il Signore che dà il titolo all’episodio, probabilmente uno dei San-Ti. Evans che racconta storie sull’umanità via radio a questi fatidici alieni è qualcosa che ancora si fatica a configurare all’interno del tutto. Ad ogni modo, stavolta la fiaba scelta è quella di Cappuccetto Rosso, che presto si rivela solo un tramite per far emergere alcune ambiguità linguistiche tra il modo di esprimersi umano e quello alieno.
Un’ambiguità sottile, che può far sorridere lo spettatore, ma che con il passare dei minuti, e con l’avanzare dei fraintendimenti, finisce per cedere il passo a un inquietante incomprensione. Mike Evans potrebbe aver fatto intendere ai San-Ti che gli umani sono tutti bugiardi, e che quindi non potrebbero coesistere con i San-Ti che a quanto pare non concepiscono il concetto di bugia, tanto meno quello di fantasia. Una masterclass di scrittura, e soprattutto recitativa per un Jonathan Pryce superbo nel recitare davanti a una vecchia radio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Continuano a esserci problemini qua e là, ma tutto sommato niente di troppo compromettente per una storia così ampia e complessa da portare in scena, in cui finora tutti gli elementi fanno il proprio lavoro per spingere lo spettatore a continuare con la visione per scoprirne di più.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.