Il 2002 ha segnato il cinquantesimo anno di regno della regina Elisabetta, una celebrazione su larga scala che ha visto, inaspettatamente, tutta la famiglia reale riunita, nonostante i tumultuosi eventi dell’arco narrativo prospettato.
“Una vita vissuta a servire non è un sacrificio, ma un onore.”
AFFARI REALI
Dopo una stagione passata un po’ nelle retrovie, finalmente gli ultimi episodi rivedono l’affermarsi di Elisabetta sulla scena e ancora una volta a riportarla in prima linea è il senso del dovere, motore propulsore della regnante.
Gli episodi migliori di The Crown sono da sempre quelli in cui la serie si sofferma su questioni politico-reali che vedono Elisabetta nella scomoda posizione di dover prendere una decisione e, da sempre, l’ago della bilancia pende verso quella più conforme ai protocolli reali.
Quella di Elisabetta non è soltanto l’esigenza di dover rispettare delle etichette, ma un vero e proprio senso del dovere e del rispetto nei confronti del popolo inglese, a cui ha fatto la promessa di dedicare la propria vita. E così è stato, anche in situazioni che possono risultare discutibili e che non hanno nemmeno giovato alla propria immagine, Elisabetta ha sempre messo al primo posto quella Corona che le consegnò suo padre, e suo nonno prima di lui. Il discorso fatto in occasione del Giubileo d’oro riprende molti tratti del famoso discorso, il primo discorso ufficiale, fatto a Città del Capo nel 1947, dove Elisabetta promise di dedicare la sua intera vita a servire il proprio paese. E, dopo cinquant’anni e qualche stagione, si può affermare che lo abbia fatto, pur se a volte le sia costato più di una critica.
UNA PERDITA. UN’ALTRA
La presenza scenica della sovrana si intensifica nei momenti personali più difficili. Dopo la morte della sorella nello scorso episodio, un’altra perdita colpisce Elisabetta II che deve salutare la madre, l’ultracentenaria regina madre Elisabetta, lasciando ufficialmente la figlia priva di ogni legame con la sua famiglia d’origine.
A ciò si aggiunge la guerriglia intentata da Mohamed Al Fayed, lì a ricordare un’altra perdita, quella di Diana, e a rimescolare il calderone di dolore, polemiche e guai che ha investito i reali d’Inghilterra negli ultimi quattro anni narrati dalla sesta stagione.
In tutto questo turbinio di emozioni ed eventi, Elisabetta mantiene saldo il timone della propria famiglia, riuscendo anche a trasmettere a William il senso di responsabilità che i reali hanno nei confronti del popolo. La fetta di episodio dedicata a queste sottigliezze è senza dubbio la più riuscita e denota la capacità narrativa della serie, che pur essendosi più volte persa dietro a qualche narrazione più da tabloid, quando si rimette in carreggiata riesce a evocare il senso di The Crown: un prodotto nato non per spettegolare sui retroscena più scabrosi della famiglia inglese, ma per indagare sulle scelte della Corona reale e sulle conseguenze che queste hanno avuto su scala mondiale.
COSA MANCA A QUESTA STAGIONE DI THE CROWN
La seconda parte di stagione sembra decisamente meglio riuscita della prima ed Elisabetta, protagonista indiscussa, ritorna finalmente al centro della scena. Il contegno inglese e il senso del dovere animano le scelte della regina che si dimostra non soltanto un perfetto regnante, ma anche un navigato politico.
Purtroppo è un aspetto di cui si è sentita parecchio la mancanza in questa sesta stagione, che si è più dedicata alle relazioni personali dei singoli membri della famiglia, lasciando da parte il ruolo che essi rivestono nella società inglese e più in generale su scala mondiale.
Poca personalità, dunque, per questa stagione di The Crown, che si è limitata a narrare una serie di vicende personali che sono state anche fin troppo sotto i riflettori della cronaca scandalistica. Si poteva certamente indagare meglio sull’aspetto politico, economico e sociale, la serie ha più volta dimostrato di saperlo fare.
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Una stagione che sembra aver dimenticato l’analisi politica, economica e sociale del regno inglese. Con una sovrana così, davvero un peccato.
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.