Quando a Maggio venne annunciata la serie prequel di Dexter, in molti avranno storto il naso e ancora di più lo avranno storto a Luglio quando al Comic-Con di San Diego fu annunciato anche un secondo revival dal titolo Dexter: Resurrection. Il tutto ovviamente dovuto al mediocre Dexter: New Blood che nel 2022 sembrava aver sancito la fine di questo franchise firmato Showtime (per la precisione Paramount+ with Showtime), ma il network via cavo si è poi reso conto di essere completamente scoperto dal punto di vista seriale, senza una vera e propria serie di punta e quindi ha optato per replicare il fallimentare metodo AMC con The Walking Dead e gli ottantaquattordici spin-off che continuano ad essere rinnovati.
Come discusso anche di recente nel podcast, le vibe per questo prequel sono diverse e spaziano dalla “puzza di bruciato lontano un miglio” al “bisogna dargli il beneficio del dubbio, specialmente considerando alcuni nomi interessanti nel cast”. Ecco, dopo la visione di “And In The Beginning…” è palese quale sia la vera natura dello show.
Dexter: “There was this guy. He was trying to take advantage of her.”
Henry: “And?”
Dexter: “I threw him down the stairs. He hit me, I hit him back but then I saw his blood and everything became really clear.”
UNA SERIE FATTA SOLO PER I SOLDI
Bisogna chiarire fin da subito che, se anche ci fossero state delle buone intenzioni nella creazione di questo prequel (al di là della necessità di fare soldi con un franchise che sarebbe dovuto terminare anni fa), il risultato è un qualcosa che rimarrà negli incubi di chi scrive per molto tempo e, purtroppo, mina pesantemente anche qualsiasi tipo di fiducia rimasta nei confronti del futuro revival/sequel.
Clyde Phillips è stato colui che ha creato e adattato Dexter per le prime quattro gloriose stagioni, salvo poi farsi da parte lasciando il timone prima a Chip Johannessen (5° stagione) e poi a colui che si è macchiato di crimini contro l’umanità per le sue becere sceneggiature, ovvero Scott Buck (6°-7°-8° stagione) cioè colui che ha partorito anche Marvel’s Inhumans e Marvel’s Iron Fist. Phillips è tornato poi come showrunner per Dexter: New Blood evidenziando una certa superficialità e anche un certo calo qualitativo sopperito fondamentalmente da un sempre ottimo Michael C. Hall che però non può e non deve essere il motivo principale per cui si guarda una serie su Dexter. Cosa che Showtime e Phillips invece sembranon non aver capito.
Ecco quindi che le più grandi paure dei fan del personaggio si materializzano quando nell’accozzaglia di elementi propinati nello show le uniche cose che si salvano sono di fatto la voce di Michael C. Hall che accompagnano i pensieri del personaggio e il flashforward iniziale che serve sia a stuzzicare che a giustificare il futuro Dexter: Resurrection.
E sì: Patrick Gibson non è malvagio nel ruolo ma non regge il confronto con la sua controparte adulta.
UNA SCENEGGIATURA DA DENUNCIA
Nell’episodio di Spin-Off si discuteva della necessità del prequel di non tergiversare circa gli omicidi di Dexter e almeno da questo punto di vista il pilot non delude, tutto ciò che gira intorno al primo omicidio è però estremamente questionabile.
Innanzitutto, sapendo che Dexter è sempre riuscito a farla franca con il suo segreto praticamente fino al termine della serie originale, qualsiasi tipo di “pericolo” di essere scoperto non sussiste, quindi da questo punto di vista i tentativi di creare tensione vanno completamente a vuoto. Però non è questo il vero problema della serie, quanto piuttosto la sceneggiatura di Clyde Phillips che è lontana anni luce dai fasti delle prime quattro stagioni e, onestamente, è anche difficile credere che a firmare questo pilot e la serie originale sia la stessa persona.
A peggiorare il tutto ci sono poi una componente temporale poco chiara (tra quando Henry viene ricoverato e quando viene dimesso non è chiara la tempistica ma sembrano passate o poche ore o settimane intere, inclusa la cerimonia del diploma di Dexter che arriva a caso) e una memoria dei personaggi che praticamente non esiste e che, di riflesso, rende tutto ancora più superficiale di quello che è.
Il caso più emblematico è il tentato stupro di Debra che prima è praticamente dimenticato dalla stessa potenziale vittima nel giro di qualche minuto, e poi sembra non sorprendere in alcun modo il padre Henry che, di fatto, se ne frega altamente tanto che l’argomento non viene più tirato fuori per il resto della puntata. Viene da domandarsi se Phillips soffra di Alzheimer.
QUALCUNO DOPPI QUESTA COSA IN INGLESE
A peggiorare il peggiorabile arriva poi il comparto recitativo che, anche vittima di un mix di attori esperti e non, viene affossato da una sceneggiatura che sembra scritta da un’intelligenza artificiale che ha accesso solo a sceneggiature degli anni ’90 e ’00.
Tutti i dialoghi, fatta magari eccezioni per i monologhi nel subconscio del protagonista, sono di una banalità disarmante e per qualche strana ragione sembrano essere addirittura peggiori nel momento in cui li recitano i tre attori più consumati dello show (Christian Slater, Patrick Dempsey e Sarah Michelle Gellar) che non riescono a rendere credibile praticamente nulla di tutto quello che sono costretti a dire. Specialmente un Derek Shepherd Dempsey troppo sopra le righe e una Buffy Gellar praticamente robotica (che tra l’altro compare in scena per forse 30 secondi in tutto, a conferma di essere solo uno specchietto per le allodole) sono gli attori che sembrano recitare peggio in relazione al loro curriculum.
Come già detto, Gibson non è malvagio nella parte ma è anche sostenuto da il voice-over di Michael C. Hall che in qualche modo lo aiuta ad essere più empatizzabile quando è in scena.
THUMBS UP 👍 | THUMBS DOWN 👎 |
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Uno spettatore lucido di mente al termine della visione si sarà domandato come sia stato possibile produrre un pilot così mal recitato, con una scrittura scialba e prevedibile in cui. Praticamente tutto quello che poteva andare storto è andato storto e sarà molto difficile dimenticarsi di questo squallido prequel.
Complimenti Clyde Phillips e complimenti Paramount+ With Showtime, vi siete fatti una nuova reputazione e non è affatto buona.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.