A pochissime puntate dal finale di stagione – e di serie – The Good Fight cerca di portare a termine tutte le storylines introdotte in questo sesto ciclo.
Nonostante una mancanza di trama orizzontale (almeno per la prima metà di stagione), ci sono alcuni piccoli archi narrativi che hanno tenuto banco in quasi tutti gli episodi come la platonica love story tra Diane e il suo dottore e l’atmosfera da guerra civile imminente.
La puntata in esame non è sicuramente il lavoro migliore degli autori di The Good Fight, per quanto il risultato sia comunque godibile e satura di quell’irriverenza surreale che il pubblico apprezza sempre.
THE END OF PROCEDURAL DRAMA
The Good Fight ha iniziato il suo cammino cinque anni fa come costola di The Good Wife, uno show che nel procedural drama ci sguazzava alla grande.
Mano a mano che il nuovo show muoveva i primi passi con le sue gambe, questo elemento caratteristico è diventato sempre più di contorno, sebbene non abbia perso mai del tutto la sua importanza.
Mai come in questa sesta stagione, però, i protagonisti si sono ritrovati lontani dalle aule di tribunale e i casi giudiziari hanno assunto solo un ruolo di specchio della società attuale, ovviamente portata all’estremo.
Essendo questa l’ultima stagione, i coniugi King e il fido Phil Alden Robinson hanno deciso di salutare il loro pubblico premendo l’acceleratore su ciò che sanno fare meglio, ovvero punzecchiare con la critica sociale.
L’APOCALISSE SI AVVICINA
Durante questa sesta stagione, lo studio legale dei protagonisti è stato vittima di una miriade di minacce, proprio come il mondo attuale si trova sull’orlo di una crisi senza precedenti.
Tra finte bombe a mano, suprematisti bianchi, adesivi razzisti ed un attentato, la STR Laurie Reddick/Ri’Chard ha resistito sotto una pioggia di proiettili, metaforici e non.
In “The End Of Playing Games”, infatti, Jay scopre una serie di buchi di proiettile sulle vetrate dello studio legale e comincia ad investigare anche grazie al suo nuovo gruppo di “colleghi”.
La sesta stagione è sicuramente quella di Jay DiPersia (Nyambi Nyambi) che smette di essere un personaggio relegato in un angolino della trama. Il suo coinvolgimento nel gruppo di Renetta scoperchia un immenso vaso di Pandora che lega questo arco narrativo direttamente con la quinta stagione. Si scopre, infatti, che la sorella di Renetta è Vinetta Clark, una donna che, stanca delle falle della polizia e del sistema giudiziario, aveva istituito un tribunale privato nel suo soggiorno. In una società che ignora i più deboli per proteggere i più ricchi e forti, Renetta porta avanti gli ideali di equità ed onestà della sorella, ora dietro le sbarre.
IL DESTINO DEI PERSONAGGI
“The End Of Playing Games” è un episodio in cui viene messa molta carne al fuoco e gli eventi si dispiegano uno dietro l’altro, anche se non tutti vengono gestiti in maniera brillante.
La parentesi della fantomatica causa allo studio legale per via della morte del manifestante ne è la prova: un siparietto dimenticabile, confezionato in maniera superficiale e raffazzonata.
Anche l’acquisizione della STR Laurie da parte della Reddick/Ri’Chard sembra scritta frettolosamente, con alcuni passaggi troppo immediati e confusionari. Peccato, perché la chimica tra Audra McDonald e Andre Braugher è innegabile e sarebbe stato carino assistere a più dinamiche di questo tipo, magari avendo più tempo a disposizione.
Il tempo, si sa, è tiranno e solo due episodi separano The Good Fight dall’addio definitivo con il proprio pubblico che, nonostante tutto, finirà col sentire la mancanza di questa serie matta, sagace, grottesca e sfacciata.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Good Fight si sta avvicinando al suo gran finale e tutte le storylines abbozzate durante questo sesto ciclo stanno volgendo al termine. Di certo non è la stagione più riuscita, ma gli autori vogliono andarsene con il botto e se ne fregano di mantenere certi schemi.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.