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Tulsa King 3×01 – 3×02 – Blood And Bourbon – The FiftyTEMPO DI LETTURA 5 min

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Tulsa King 3x01 recensioneTulsa King torna su Paramount+ con una terza stagione che sin dai primi due episodi dimostra di voler giocare a un livello completamente diverso.
La serie creata da Taylor Sheridan, con Sylvester Stallone protagonista nei panni di Dwight “Il Generale” Manfredi, aveva abituato il pubblico a un crime drama dal tono leggero, capace di bilanciare ironia e tensione. Ma questi episodi inaugurali segnano un cambio di registro: la leggerezza c’è ancora, ma il pericolo è reale, viscerale, e i nemici non giocano più secondo le vecchie regole.
La seconda stagione aveva visto Dwight consolidare il suo impero della marijuana a Tulsa, costruendo alleanze fragili e navigando tra le minacce di Cal Thresher e Bill Bevilaqua. L’arresto finale lasciava presagire conseguenze serie, e infatti la terza stagione non concede respiro. Dwight è più vulnerabile, più vecchio, e i suoi nemici sono più spietati che mai.

NUOVE MINACCE, VECCHI FANTASMI


Il primo episodio, “Blood And Bourbon”, stabilisce immediatamente il tono cupo della stagione. Dwight esce dalla custodia federale visibilmente provato, con una barba incolta e un’aria stanca che tradisce il peso degli anni e delle battaglie. L’agente speciale Musso non perde tempo: vuole Dwight come informatore, come braccio operativo dell’FBI per missioni sporche che l’agenzia non può compiere ufficialmente. È un ricatto morale che tiene il protagonista in ostaggio, minacciando tutto ciò che ha costruito.
Ma le pressioni arrivano da ogni direzione. Quiet Ray, viscido come sempre, offre a Dwight un ritorno a New York con territorio e famiglia. L’offerta è allettante solo in apparenza: Ray vuole una fetta dell’impero di Tulsa, e quando Dwight rifiuta con orgoglio, le minacce si fanno esplicite. Il Generale ha scelto di difendere ciò che ha costruito da zero, anche se questo significa combattere su più fronti contemporaneamente.

L’INGRESSO DEVASTANTE DI JEREMIAH DUNMIRE


Tulsa King 3x02 recensioneLa vera svolta narrativa arriva con Mitch Keller, braccio destro di Dwight, che propone di entrare nel business del bourbon rilevando la distilleria della famiglia Montague, in crisi economica.
Cleo, vecchia fiamma di Mitch, chiede aiuto perché Jeremiah Dunmire sta pressando suo padre Theo per acquisire l’attività. Dwight vede l’opportunità e fa un’offerta generosa a Theo, che inizialmente aveva promesso la vendita ai Dunmire.
Quando Theo accetta l’offerta di Dwight, la reazione di Jeremiah è immediata e brutale. Robert Patrick, il mai dimenticato T-1000 di Terminator 2, porta sullo schermo un antagonista diverso da tutti quelli visti finora: spietato, privo di codici morali, ossessionato dal potere. I suoi uomini irrompono nella villa dei Montague, picchiano selvaggiamente Theo e danno fuoco alla proprietà mentre Jeremiah osserva impassibile. È un messaggio chiaro: questo nemico non negozia, non minaccia a vuoto, agisce.

LA GUERRA È DICHIARATA


Se il primo episodio aveva piantato i semi del conflitto, “The Fifty” li fa germogliare in un crescendo di tensione magistrale. L’episodio si apre sulle ceneri della villa Montague, con Dwight che comprende di essere di fronte a un avversario senza pietà.
Il funerale di Theodore diventa teatro di uno dei faccia a faccia più intensi della serie. Jeremiah si presenta con Cole, suo figlio, e offre a Dwight tre volte quanto aveva proposto a Theo. È un tentativo di comprare la pace, ma anche una dimostrazione di forza. Dwight rifiuta, ben consapevole che cedere significherebbe dimostrare debolezza. La situazione degenera quando Cleo colpisce Cole e Mitch interviene, scatenando una rissa che culmina con la promessa di Cole di vendicarsi.
La rivelazione che fa alzare ulteriormente la posta in gioco arriva da Cleo: all’interno di un mausoleo della distilleria sono conservati barili di bourbon di cinquant’anni, ciascuno vendibile a cinquemila dollari a bottiglia. Si parla di un potenziale ricavo di 150 milioni di dollari. Improvvisamente tutto acquista senso: la ferocia di Dunmire, la sua determinazione, la brutalità dei suoi metodi. Non si tratta solo di territorio o prestigio, ma di una fortuna che giustifica qualsiasi azione. Questa scoperta aggiunge profondità al conflitto e spiega perché Dwight sia disposto a rischiare tutto. Non è più questione di espandere il business: è una battaglia per un tesoro che potrebbe garantirgli indipendenza economica definitiva.

PERFORMANCE E REGIA: IL MARCHIO SHERIDAN


Sylvester Stallone continua a essere il cuore pulsante della serie. Non ha bisogno di alzare la voce per dominare lo schermo: il suo Dwight comunica autorità attraverso silenzi carichi, sguardi taglienti, movimenti misurati. Ma è capace anche di tenerezza, come nelle scene con Margaret, e di vulnerabilità quando il peso delle responsabilità diventa troppo.
Robert Patrick è una rivelazione. Il suo Jeremiah Dunmire è terrificante nella sua imprevedibilità, magnetico nella sua freddezza. Il confronto finale al casinò tra i due attori è una masterclass di tensione drammatica, con sottotesti che parlano più forte delle parole.
La regia mantiene il marchio di fabbrica di Taylor Sheridan: pulita, attenta ai dettagli, capace di valorizzare location e volti. Le scene corali funzionano perfettamente, con battute ironiche che alleggeriscono senza banalizzare. L’equilibrio tra leggerezza e dramma, tra risata e violenza, è gestito con maestria.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • Performance di Sylvester Stallone e dell’ex T-1000, Robert Patrick
  • Comparto tecnico
  • Nuovo business sbloccato per Dwight e la sua famiglia allargata
  • Sguardi taglienti e parole che feriscono più delle pallottole
  • Jeremiah Dunmire, best villain visto fino ad ora
  • I sub-plots su Bodhi e Tyson spezzano troppo il ritmo e non sono così interessanti come prima

 

I primi due episodi della terza stagione di Tulsa King dimostrano che la serie ha ancora molto da dire. L’introduzione di Jeremiah Dunmire come antagonista principale alza significativamente la posta in gioco, trasformando quello che era un crime drama leggero in una vera saga di potere e sopravvivenza. Dwight non è più il boss emergente che costruisce il suo impero: è un uomo assediato da ogni lato, costretto a combattere l’FBI, i vecchi alleati diventati nemici, e un avversario brutale che non conosce regole. 

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