Il quartultimo episodio di The Good Fight sembra forse regalare agli spettatori un barlume di direzionalità. Una traiettoria verso cui la storia sembra possa muoversi: il destino di uno studio, l’attualità politica che entra a gamba tesa nella narrazione (indiscusso punto di forza dei King), Diane che si trova davanti ad una scelta di vita sul piano strettamente sentimentale, come prima di lei si trovò Alicia Florrick a cavallo di diversi momenti chiave di The Good Wife.
Forse lo stesso spettatore non sa bene cosa aspettarsi dal finale di The Good Fight, se si vuole una lente d’ingrandimento maggiore sui personaggi e il lato umano, oppure un bel thriller legale con il botto, oppure una sottile metafora sull’attualità e la società odierna.
Se però nemmeno lo spettatore lo sa bene, forse ciò è dovuto al fatto, come ripetuto innumerevoli volte, che gli autori non siano mai riusciti a fornire a The Good Fight un’identità chiara.
DIANE E LA SUA NUOVA ADOLESCENZA
“Hahahahahahaha.”
(Diane, molto spesso)
Diane si conferma protagonista indiscussa di una serie che comunque mantiene un’impostazione corale. Non perché con gli anni la scrittura del personaggio interpretato da Christine Baranski sia salita alla ribalta, ma per l’abbandono di altre figure che avevano tutti i crismi per essere protagoniste. Semplicemente Diane è l’unica che c’è sempre stata. Basti pensare che su The Good Fight ha recitato anche Rose Leslie, protagonista iniziale, tanto per dire.
Diane non avrebbe fatto un soldo di danno a rimanere sì protagonista ad honorem ma personaggio defilato, anche perché ha effettivamente non moltissimo da raccontare. Come detto nelle precedenti recensioni, infatti, è distratta e meno coinvolta dagli eventi che la circondano (ad inizio episodio è sotto shock per il corpo che le è piombato di fronte alla finestra; alla fine dell’episodio, nello stesso ufficio, balla con Liz), è invaghita del suo dottore che le sottopone droghe, Kurt non si vede mai e lei non lo vede mai.
A proposito di quest’ultimo è palese come ciò che ha assopito il loro matrimonio sia un qualcosa che può essere valido anche per il pubblico. Ovvero: la differenza di vedute politiche nel loro connubio poteva essere interessante all’inizio, ma ora è un qualcosa che ha perso mordente.
Il bivio finale, tra la porta del ritroso dottore e Kurt che telefona, ricorda uno di quei drammi sentimentali a cui era sottoposta la protagonista della serie madre. Il suggerimento di Liz, di non affrontare un divorzio potrebbe però fornire risvolti inaspettati e meno scontati del previsto.
CARMEN SOTTOTRAMA CRIME
Momento in cui veramente si drizzano le antenne è quando tutti quanti scoprono l’infiltrata all’interno dello studio, in cui i discutibili clienti di Carmen mettono nei guai lo studio, in cui si tira in ballo la Russia e alla fine fa irruzione l’FBI. Se uno dovesse pensare ad un finale di serie cosa ci sarebbe di meglio di un’apocalittica chiusura di uno studio, incriminazioni varie e crisi internazionali?
Lascia quindi perplessi lo scherzetto da prete di Jay seguito a ruota da Ri’chard. Sembra quasi come se il gusto di buttarla in caciara e di rendere il tutto burlesco e comico stesse nascondendo una mancanza di idee e di trama. O meglio: i King stanno virando/hanno virato su un tipo di ironia meta-testuale, strizzando l’occhio all’attualità ma non troppo, senza però voler dare un senso e una forma ai personaggi da loro stesso inventati. Tradotto ulteriormente: The Good Fight era lo spin-off che forse non avrebbero mai voluto fare, se si considera invece la logorrea narrativa di cui era farcita The Good Wife.
PROCESSI TANTO PER…
Qualora anche possa piacere quanto descritto (e perché non dovrebbe, considerando la sapienza e la raffinatezza scenica dei King?) quanta poca attenzione si potrà mai dirottare verso i momenti dedicati all’aula di tribunale?
Ad un certo punto i personaggi, preoccupati dalla questione Carmen, si ricordano di dover andare in aula. Esattamente come gli autori si ricordano di dover parlare di aule di tribunale. Il tutto però con processi sterili, vagamente legati alla trama principale di episodio. Processi che riescono a non costituire né una trama verticale (troppo poco minutaggio a loro dedicato) né una trama orizzontale dell’episodio (ovviamente poco inerenti con quanto narrato).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Sicuramente in futuro The Good Fight verrà compreso meglio e si urlerà al capolavoro. Attualmente sembra più un’occasione mancata e una voglia di mettere in campo personaggi che funzionano, più che storie accattivanti.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.