Ventidue stagioni e sentirle tutte. Torna Grey’s Anatomy, quest’anno un po’ in ritardo rispetto al solito. Normalmente, infatti, il palinsesto della ABC ripropone il suo longevo medical drama verso la fine di settembre, mentre quest’anno si è dovuto attendere qualche settimana in più.
Un posticipo alla fine di poco impatto, dato che i 18 episodi che comporranno la stagione (stesso numero dell’anno scorso) accompagneranno lo spettatore come sempre dritti verso la prossima primavera.
Un ennesimo impegno a lungo termine che continua un po’ a gravare data la stanchezza narrativa che accompagna ormai lo show.
CHI BEN COMINCIA…
Un proverbio, quello scelto per il titolo del paragrafo, che non sembra impensierire troppo gli autori di Grey’s Anatomy. La ventiduesima stagione, inizia così con un vecchio marchio di fabbrica della serie: la morte di uno dei suoi personaggi. Peccato che, se all’inizio quest’evento risultava scioccante e ad alto impatto emotivo, ormai questo è andato del tutto perso.
Sensazioni ormai distanti sia per la ripetitività degli eventi, sia per il poco pathos narrativo con cui vengono raccontati. Questo non significa che l’uscita di scena di Monica Beltran sia stata pessima, ma è risultata più che altro vuota di una certa profondità. Certo, il suo sangue freddo nel guidare Millin nelle fasi dell’operazione ha dato maggiore spessore al character, permettendole un addio con onore, ma non si può fare a meno di riscontrare un certo distacco che ha caratterizzato l’intera evoluzione della scena. Forse un po’ più di empatia si è avuta dalla reazione di Jules, mentre sembra sempre così fuori luogo l’assoluta estraneità delle infermiere agli eventi della sala, come se fossero automi messi lì solo come sfondo.
Di pari passo, anche il trauma di Link non rilascia così tanta commozione. Ovviamente le sue scene sono risultate più cariche di “emozione” grazie alla presenza ravvicinata e attiva dei colleghi e alle conseguenze che tutto ciò portava per Jo e Amelia.
Ormai, la tragedia in Grey’s Anatomy serve solo per liberare il cast: Link era ovviamente troppo legato a più personaggi per renderlo protagonista di un’uscita di scena del genere, mentre Monica era un character più “libero” da questo punto di vista. Allo stesso tempo, davvero non si riesce a capire questa continua introduzione di personaggi con accenni di costruzione di storyline per poi chiudere tutto in modo frettoloso e vuoto.
IL RESTO SFONDO
Il resto dei personaggi può essere considerato esclusivamente da sfondo. A parte chi ha contribuito a salvare Link o Millin alle prese con il bambino in sala operatoria, il resto è stato solo contorno. Anche abbastanza inutile.
A partire dal duo Lucas – Kwan che passa tutta la puntata a spingere una barella in corridoio, fino ad arrivare a Simone alle prese con la sua “storia di una notte”. Ecco, questa è sicuramente una trama di cui si farebbe tranquillamente a meno dato che nessuno è in trepida attesa di passare un’altra stagione ad assistere ai tira e molla tra Simone e Lucas.
Stessa storia per Owen e Teddy, loro ancora più stancanti della coppia precedente, dato la loro lunghissima storia che ormai si trascina all’infinito.
Tutti elementi che per ora non accendono l’interesse per la stagione, anzi. La depressione/senso di colpa che aspetta Amelia, la lunga ripresa di Link e questo tira e molla nelle relazioni rendono le premesse abbastanza tediose. Le storyline continuano ad apparire stanche e senza stimoli. Non un bel modo per preparare il pubblico ad assistere ad altri ben 17 episodi.
| THUMBS UP 👍 | THUMBS DOWN 👎 |
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La ventiduesima stagione di Grey’s Anatomy inizia con “Only The Strong Survive”. Un titolo che è anche un monito. Per i protagonisti della serie, certo, ma anche per i suoi spettatori. Non era facile arrivare fin qui e, soprattutto, non è facile restare ancora a guardare. Quindi un applauso va a tutti coloro che ancora perseverano nella visione di questo show.
