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James I: “What do you have to say for yourself?”
Guy Fawkes: “Would that I wish I had blown you Scots all the way back to your mountains!”
Guy Fawkes: “Would that I wish I had blown you Scots all the way back to your mountains!”
La terza e ultima puntata di Gunpowder narra gli eventi che ogni spettatore attendeva con ansia fin dall’inizio: il fallimento della congiura delle polveri, la cattura di Guy Fawkes, la morte in combattimento di Robert Catesby e l’esecuzione degli altri cospiratori, il tutto condito come nei due episodi precedenti dalle solite truculente scene di tortura e morte violenta, fra tiri di corda, unghie strappate e cuori palpitanti estratti dal petto in perfetto stile Apocalypto. Di sicuro con queste scene BBC ha raggiunto livelli di rappresentazione della violenza degni di HBO e Starz, che qualche stomaco meno forte potrebbe contestare ma che riflettono semplicemente la realtà dell’epoca; anzi, a voler essere pignoli le esecuzioni di Wintour e compagni sono state relativamente poco esplicite e sanguinolente nella rappresentazione dello sventramento e squartamento all’inglese.
Purtroppo “Episode 3” si porta appresso tutti i problemi già rilevati nella precedente recensione, offrendo una ricostruzione dei primi anni del XVII secolo tanto impeccabile e precisa dal punto di vista estetico quanto superficiale nella trattazione del contesto sociale e politico in cui i congiurati si muovevano e che aveva scatenato la loro volontà di far saltare in aria il re e il Parlamento. Nessuno si aspettava di vedere un trattato storico sui conflitti tra anglicanesimo e cattolicesimo o sulle relazioni diplomatiche fra l’Inghilterra e la Spagna, anche perché in tal caso la miniserie sarebbe risultata indigesta allo spettatore medio, ma non è nemmeno accettabile che tutto si riduca a un mero contrasto manicheo tra protestanti cattivissimi e sadici e cattolici buoni e oppressi, resi ancora più miserabili dal colpo di scena del tradimento degli alleati spagnoli. Di questa semplificazione eccessiva dei due schieramenti in campo risentono tremendamente i personaggi, costretti ancora nel finale a ruoli che sono poco più che stereotipati: così Sua Maestà James I è il re un po’ fesso e ingenuo che mostra ingratitudine verso il suo servitore più fedele salvo poi dovergli la vita, lord Robert Cecil è un viscido anti-cattolico che fa tutto quanto è in suo potere per schiacciare chi segue un culto diverso dal suo, sir William Wade è il mastino cacciatore di preti e cospiratori perennemente ingrugnito, Philip Herbert è il frivolo ed effeminato favorito del re, padre Garnet il saggio prete reso pavido da anni e anni di latitanza, e così via. Se non fosse per la bravura dei loro interpreti (in particolare Mark Gatiss e Shaun Dooley), sarebbero delle banalissime maschere, degne della peggior Commedia dell’Arte.
Il destino peggiore sembra quello di Anne Vaux, costantemente ai margini della trama principale, utile solo a coprire le quote rosa della miniserie e dare un ruolo a un’attrice di una certa fama quale Liv Tyler. Per capire quanto sia superfluo questo personaggio basterebbe immaginare Gunpowder senza di lei: non cambierebbe una virgola. Storicamente, la Vaux era imparentata con un altro congiurato, Francis Tresham (e non con Catesby), e fu sospettata come autrice della lettera anonima pervenuta a lord Monteagle che portò allo smascheramento del complotto: sarebbe bastato percorrere questa strada per conferirle, almeno nel finale, uno spazio maggiore, ma gli autori hanno voluto diversamente e non resta che prenderne a malincuore atto.
Fin qui si è trattato di personaggi azzoppati dalla sceneggiatura e dall’incapacità di generare empatia negli spettatori, ma interpretati comunque da bravi attori. Con Robert Catesby le cose vanno diversamente e i problemi risiedono non solo la scrittura del personaggio poteva essere curata meglio (qui il problema sta soprattutto nei due episodi precedenti), ma soprattutto nel suo interprete: la perenna espressione da cane bastonato di Kit Harington poteva andare bene nelle prime stagioni di Game of Thrones, quando Jon Snow era un bastardo emarginato e spaesato in cerca di un posto nel mondo, ma è inadatta per una figura quale Catesby, che dovrebbe esprimere vera rabbia e vera frustrazione, che dovrebbe trasudare carisma da ogni poro al punto da spingere altri uomini a seguirlo in un’impresa disperata. La miniserie si sforza di mostrarlo giustamente nei panni del cervello della congiura, gli dà il ruolo di protagonista, gli mette in bocca qualche esaltante discorso, come quello successivo alla cattura di Fawkes con cui invita i compagni a opporre un’ultima resistenza armata invece di fuggire dal paese, ma di fatto il Catesby portato sullo schermo da Harington non convincerebbe una persona nemmeno a cambiare gestore telefonico, figuriamoci a prender parte a un regicidio.
L’unico personaggio veramente riuscito sembra Guy Fawkes. A onor del vero, il Fawkes portato sullo schermo da Tom Cullen è ben diverso dall’uomo realmente esistito, sia nel fisico (aveva lunghi capelli rossicci) sia nel carattere (era un uomo brioso, gioviale e dai modi raffinati): se si dovesse giudicare il personaggio di Gunpowder sulla base della sua aderenza a quello storico, allora andrebbe bocciato, tanto più se si considera che queste differenze sono state realizzate intenzionalmente per creare un contrasto con Catesby e i suoi compagni di cui non si sentiva la necessità. Chiudendo un occhio su questi dettagli, però, il Fawkes di Cullen funziona e si rivela particolarmente carismatico e intrigante, grazie all’alone di mistero che circonda il suo passato, ai suoi modi da uomo di poche parole e pronto all’azione, ma anche perché, molto più banalmente, ha le scene migliori della terza puntata. E’ Fawkes a difendere disperatamente gli esplosivi da Wade e dai suoi uomini, fino ad essere sopraffatto; è Fawkes a sfidare il re quando è condotto al suo cospetto, con parole sprezzanti e modi rudi; è Fawkes a sopportare stoicamente le torture, cedendo solo dopo ore e ore di ininterrotta agonia; ed è sempre Fawkes, al momento della condanna a morte e col cappio al collo, a salire sulla scala e lasciarsi cadere nel vuoto, senza attendere i carnefici.
Purtroppo “Episode 3” si porta appresso tutti i problemi già rilevati nella precedente recensione, offrendo una ricostruzione dei primi anni del XVII secolo tanto impeccabile e precisa dal punto di vista estetico quanto superficiale nella trattazione del contesto sociale e politico in cui i congiurati si muovevano e che aveva scatenato la loro volontà di far saltare in aria il re e il Parlamento. Nessuno si aspettava di vedere un trattato storico sui conflitti tra anglicanesimo e cattolicesimo o sulle relazioni diplomatiche fra l’Inghilterra e la Spagna, anche perché in tal caso la miniserie sarebbe risultata indigesta allo spettatore medio, ma non è nemmeno accettabile che tutto si riduca a un mero contrasto manicheo tra protestanti cattivissimi e sadici e cattolici buoni e oppressi, resi ancora più miserabili dal colpo di scena del tradimento degli alleati spagnoli. Di questa semplificazione eccessiva dei due schieramenti in campo risentono tremendamente i personaggi, costretti ancora nel finale a ruoli che sono poco più che stereotipati: così Sua Maestà James I è il re un po’ fesso e ingenuo che mostra ingratitudine verso il suo servitore più fedele salvo poi dovergli la vita, lord Robert Cecil è un viscido anti-cattolico che fa tutto quanto è in suo potere per schiacciare chi segue un culto diverso dal suo, sir William Wade è il mastino cacciatore di preti e cospiratori perennemente ingrugnito, Philip Herbert è il frivolo ed effeminato favorito del re, padre Garnet il saggio prete reso pavido da anni e anni di latitanza, e così via. Se non fosse per la bravura dei loro interpreti (in particolare Mark Gatiss e Shaun Dooley), sarebbero delle banalissime maschere, degne della peggior Commedia dell’Arte.
Il destino peggiore sembra quello di Anne Vaux, costantemente ai margini della trama principale, utile solo a coprire le quote rosa della miniserie e dare un ruolo a un’attrice di una certa fama quale Liv Tyler. Per capire quanto sia superfluo questo personaggio basterebbe immaginare Gunpowder senza di lei: non cambierebbe una virgola. Storicamente, la Vaux era imparentata con un altro congiurato, Francis Tresham (e non con Catesby), e fu sospettata come autrice della lettera anonima pervenuta a lord Monteagle che portò allo smascheramento del complotto: sarebbe bastato percorrere questa strada per conferirle, almeno nel finale, uno spazio maggiore, ma gli autori hanno voluto diversamente e non resta che prenderne a malincuore atto.
Fin qui si è trattato di personaggi azzoppati dalla sceneggiatura e dall’incapacità di generare empatia negli spettatori, ma interpretati comunque da bravi attori. Con Robert Catesby le cose vanno diversamente e i problemi risiedono non solo la scrittura del personaggio poteva essere curata meglio (qui il problema sta soprattutto nei due episodi precedenti), ma soprattutto nel suo interprete: la perenna espressione da cane bastonato di Kit Harington poteva andare bene nelle prime stagioni di Game of Thrones, quando Jon Snow era un bastardo emarginato e spaesato in cerca di un posto nel mondo, ma è inadatta per una figura quale Catesby, che dovrebbe esprimere vera rabbia e vera frustrazione, che dovrebbe trasudare carisma da ogni poro al punto da spingere altri uomini a seguirlo in un’impresa disperata. La miniserie si sforza di mostrarlo giustamente nei panni del cervello della congiura, gli dà il ruolo di protagonista, gli mette in bocca qualche esaltante discorso, come quello successivo alla cattura di Fawkes con cui invita i compagni a opporre un’ultima resistenza armata invece di fuggire dal paese, ma di fatto il Catesby portato sullo schermo da Harington non convincerebbe una persona nemmeno a cambiare gestore telefonico, figuriamoci a prender parte a un regicidio.
L’unico personaggio veramente riuscito sembra Guy Fawkes. A onor del vero, il Fawkes portato sullo schermo da Tom Cullen è ben diverso dall’uomo realmente esistito, sia nel fisico (aveva lunghi capelli rossicci) sia nel carattere (era un uomo brioso, gioviale e dai modi raffinati): se si dovesse giudicare il personaggio di Gunpowder sulla base della sua aderenza a quello storico, allora andrebbe bocciato, tanto più se si considera che queste differenze sono state realizzate intenzionalmente per creare un contrasto con Catesby e i suoi compagni di cui non si sentiva la necessità. Chiudendo un occhio su questi dettagli, però, il Fawkes di Cullen funziona e si rivela particolarmente carismatico e intrigante, grazie all’alone di mistero che circonda il suo passato, ai suoi modi da uomo di poche parole e pronto all’azione, ma anche perché, molto più banalmente, ha le scene migliori della terza puntata. E’ Fawkes a difendere disperatamente gli esplosivi da Wade e dai suoi uomini, fino ad essere sopraffatto; è Fawkes a sfidare il re quando è condotto al suo cospetto, con parole sprezzanti e modi rudi; è Fawkes a sopportare stoicamente le torture, cedendo solo dopo ore e ore di ininterrotta agonia; ed è sempre Fawkes, al momento della condanna a morte e col cappio al collo, a salire sulla scala e lasciarsi cadere nel vuoto, senza attendere i carnefici.
Paradossalmente la figura di cui andava ridimensionato il peso nella congiura continua a essere quella che meglio si imprime nella mente degli spettatori, mentre di Robert Catesby, il protagonista, il padre della congiura, ricorderemo solo la perenne espressione da pesce lesso anche nei momenti di maggior pathos, quelli che avrebbero richiesto ben altre capacità recitative.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Al termine della visione del terzo episodio di Gunpowder si può affermare che la nuova miniserie di BBC è un’opera solo parzialmente riuscita. E’ un vero peccato, considerando l’argomento trattato, le potenzialità della narrazione e la caratura degli attori coinvolti, ma d’altronde non tutte le ciambelle riescono col buco, anche quando si hanno a disposizione i migliori ingredienti al mondo.
Episode 2 1×02 | ND milioni – ND rating |
Episode 3 1×03 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.