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Il fascino del serial killer, per quanto riguarda libri, film e serie tv, non passa mai di moda. Innumerevoli sono i prodotti che si soffermano sul rappresentare il torbido abisso che si cela dietro tali figure, sia per mostrarne i crimini che per dare maggior risalto alla parte psicologica che spinge un essere umano a diventare un assassino seriale. Ovviamente, a tal proposito, ultimo in ordine di tempo tra i prodotti di maggior risalto del panorama seriale è stato Mindhunter, che ha presentato sullo schermo i primi studi riguardo la psicologia criminale e lo ha fatto servendosi delle riproposizioni di figure possenti quali i veri serial killer della storia.
Con un tema così prolifico, non sorprende di certo che anche le reti generaliste si buttino su crime che ripropongono storie inerenti tale ambito; arriva così sulla FOX in questo inizio di stagione televisiva autunnale, Prodigal Son, nuovo procedural crime drama creato da Chris Fedak e Sam Sklaver e con Greg Berlanti tra i produttori esecutivi.
Una serie che non si presenta con la presunzione di paragonarsi alle già citate produzioni, bensì ricopre un ottimo ruolo per quel che in realtà è: un buon crime adatto per le tipiche serate sulla sua rete di appartenenza. Al centro di questa serie vi è il personaggio di Malcolm Bright, profiler dapprima dell’FBI ed in seguito della polizia di New York, estremamente dotato nel saper riconoscere e classificare i profili dei serial killer. Un “dono” il suo che tuttavia ha radici ben profonde, legato indissolubilmente ad un tormentato passato monopolizzato dal ruolo di suo padre, il dottor Martin Whitly, passato alla cronaca come uno dei più efferati serial killer degli anni ’90, conosciuto come “il Chirurgo”. Il ruolo che il padre ha avuto nella sua formazione e, soprattutto, a livello mentale con gravi conseguenze psico-emotive, si pone come uno dei fili conduttori dello show, di pari passo con la riapertura del rapporto padre-figlio quando Malcolm si ritrova a richiedere l’aiuto di Martin per arrestare un nuovo serial killer entrato in scena che agisce come imitatore dello stesso Chirurgo.
La trama non appare di certo travagliata e questo potrebbe far credere che la storia si appresti ad essere presentata in un’unica dimensione, soffermandosi unicamente sul rapporto complicato tra i due uomini. Tuttavia, i primi 40 minuti circa di episodio hanno mostrato una certa dinamicità nella narrazione che oltre al suddetto rapporto si compone sia di una buona parte interamente crime, soggetta ai casi di omicidio e alle conseguenti indagini (seppur con Malcolm non avvengano in maniera propriamente canonica), sia di una parte molto più introspettiva, dove il protagonista si ritrova a fare i conti con i demoni del suo passato, problemi di sonno e flashback pronti ad affiorare lentamente per svelare allo spettatore cosa è davvero successo nell’infanzia che Malcolm ha dovuto affrontare con un padre serial killer.
Si diceva, dunque, che tra gli elementi centrali spicca su tutti il rapporto padre-figlio e la riuscita in scena di tale complicata relazione va imputata ai due attori che prestano i volti a tali personaggi: nel ruolo di Malcolm spicca il Jesus di The Walking Dead Tom Payne, mentre la menzione d’onore va all’ex star di Masters Of Sex, Michael Sheen, qui nei panni del killer/dottore Martin Whitly che riesce ben a rappresentare le mille sfumature del suo personaggio pronto a passare da padre malinconico ad inquietante detenuto in un batter d’occhio. Tra gli altri interpreti di Prodigal Son, poi, emergono Lou Diamond Phillips e Halston Sage e Bellamy Young (ex Scandal), quest’ultime due nei panni rispettivamente di sorella e madre di Malcolm.
Con un tema così prolifico, non sorprende di certo che anche le reti generaliste si buttino su crime che ripropongono storie inerenti tale ambito; arriva così sulla FOX in questo inizio di stagione televisiva autunnale, Prodigal Son, nuovo procedural crime drama creato da Chris Fedak e Sam Sklaver e con Greg Berlanti tra i produttori esecutivi.
Una serie che non si presenta con la presunzione di paragonarsi alle già citate produzioni, bensì ricopre un ottimo ruolo per quel che in realtà è: un buon crime adatto per le tipiche serate sulla sua rete di appartenenza. Al centro di questa serie vi è il personaggio di Malcolm Bright, profiler dapprima dell’FBI ed in seguito della polizia di New York, estremamente dotato nel saper riconoscere e classificare i profili dei serial killer. Un “dono” il suo che tuttavia ha radici ben profonde, legato indissolubilmente ad un tormentato passato monopolizzato dal ruolo di suo padre, il dottor Martin Whitly, passato alla cronaca come uno dei più efferati serial killer degli anni ’90, conosciuto come “il Chirurgo”. Il ruolo che il padre ha avuto nella sua formazione e, soprattutto, a livello mentale con gravi conseguenze psico-emotive, si pone come uno dei fili conduttori dello show, di pari passo con la riapertura del rapporto padre-figlio quando Malcolm si ritrova a richiedere l’aiuto di Martin per arrestare un nuovo serial killer entrato in scena che agisce come imitatore dello stesso Chirurgo.
La trama non appare di certo travagliata e questo potrebbe far credere che la storia si appresti ad essere presentata in un’unica dimensione, soffermandosi unicamente sul rapporto complicato tra i due uomini. Tuttavia, i primi 40 minuti circa di episodio hanno mostrato una certa dinamicità nella narrazione che oltre al suddetto rapporto si compone sia di una buona parte interamente crime, soggetta ai casi di omicidio e alle conseguenti indagini (seppur con Malcolm non avvengano in maniera propriamente canonica), sia di una parte molto più introspettiva, dove il protagonista si ritrova a fare i conti con i demoni del suo passato, problemi di sonno e flashback pronti ad affiorare lentamente per svelare allo spettatore cosa è davvero successo nell’infanzia che Malcolm ha dovuto affrontare con un padre serial killer.
Si diceva, dunque, che tra gli elementi centrali spicca su tutti il rapporto padre-figlio e la riuscita in scena di tale complicata relazione va imputata ai due attori che prestano i volti a tali personaggi: nel ruolo di Malcolm spicca il Jesus di The Walking Dead Tom Payne, mentre la menzione d’onore va all’ex star di Masters Of Sex, Michael Sheen, qui nei panni del killer/dottore Martin Whitly che riesce ben a rappresentare le mille sfumature del suo personaggio pronto a passare da padre malinconico ad inquietante detenuto in un batter d’occhio. Tra gli altri interpreti di Prodigal Son, poi, emergono Lou Diamond Phillips e Halston Sage e Bellamy Young (ex Scandal), quest’ultime due nei panni rispettivamente di sorella e madre di Malcolm.
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Non stiamo certo parlando di Dexter, ma Prodigal Son si presenta come un interessante e diversificato crime utile a spezzare la monotonia dei medical drama che continuano a popolare i palinsesti. E poi le interazioni tra i due protagonisti aiutano già parecchio.
Pilot 1×01 | 4.05 milioni – 1.0 rating |
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.