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Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time

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In un mondo devastato dal Near Third Impact, le forze della NERV e dell’organizzazione ribelle Wille sono pronte per lo scontro finale. Gendo Ikari vuole realizzare a tutti i costi il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo, ma Misato Katsuragi intende fermarlo con l’aiuto delle unità Evangelion in suo possesso. Cosa farà Shinji? Quale sarà il futuro dell’umanità?

 

26 anni: tanto è passato dal primo episodio di Neon Genesis Evangelion al film conclusivo che oggi sbarca su Amazon Prime Video, Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time.
È la fine di una lunga attesa e di una delle saghe più amate, odiate, apprezzate, disprezzate, sviscerate e vivisezionate dell’animazione orientale. O almeno è quanto sembra al momento, perché con Hideaki Anno non si può essere sicuri: sia mai che tiri fuori un Rebuild del Rebuild di Evangelion, o una Anno’s Cut, o chissà che altro.
Ma per adesso Evangelion ha il suo finale perfetto. 3.0+1.0 (che i giapponesi non hanno chiamato 4.0 per tetrafobia) ha infatti il sapore dell’atto conclusivo che dà degno coronamento a ogni storyline, a ogni personaggio, a ogni percorso individuale. Certo, lascia anche tantissimi interrogativi che bisognerà integrare con nuove visioni dell’opera e indagini maniacali di ogni singolo fotogramma o linea di dialogo del film, ma questo è sempre stato lo stile di Evangelion e non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso.
Premessa importante prima di proseguire: questa recensione non esplorerà la mitologia del film né cercherà di offrire interpretazioni o chiavi di lettura dei tanti misteri, sia perché ciò allungherebbe a dismisura la lunghezza della recensione, sia perché dissertare su cosa potrebbero essere o non essere questa o quella cosa è ininfluente ai fini della valutazione del film in quanto opera d’arte e d’intrattenimento.

NOSTALGIA E VECCHIE CONOSCENZE


In Evangelion 3.0+1.0 si respira una forte aria di nostalgia, e non solo perché si torna ancora una volta in un universo narrativo che i fan ormai amano. Trattandosi dell’ultima pellicola del franchise, Anno ha voluto rendere omaggio alla sua passata produzione e riportare in scena l’intero cast della serie.
Non è un caso che 3.0+1.0 si apra in una Parigi post-apocalittica trasformata in campo di battaglia, con tanto di Tour Eiffel che viene abbattuta quasi subito: non si può non pensare a un altro anime diretto da Anno agli inizi della sua carriera, Fushigi no Umi no Nadia, in cui lo scontro finale tra le forze di Neo-Atlantide e quelle del capitano Nemo si svolge proprio nei cieli di Parigi.
Proseguendo, l’azione si sposta in un villaggio rurale del Giappone, in cui Shinji, Asuka e Rei ritrovano i loro vecchi amici di scuola, ormai cresciuti. Non mancano le sorprese: Toji Suzuhara da bulletto si è trasformato in un medico che salva vite umane e ha sposato la capoclasse con cui battibeccava sempre, mentre Kensuke Aida appare molto più maturo.
C’è spazio anche per ricordare Ryoji Kaji, grande assente di Evangelion 3.0, sulla cui sorte dopo il Near Third Impact non si sapeva nulla. Il racconto della sua morte, se da un lato segue un copione simile a quello della serie del 1995, dall’altro lo fa risultare un personaggio ancora più eroico.

THE END OF EVANGELION 2.0


La prima parte del film, parentesi parigina a parte, scorre con calma e si concentra molto sulla psicologia di Shinji, Asuka e Rei. È un grosso preambolo bucolico al vero fulcro della pellicola, ossia l’attacco al Polo Sud per sventare l’ennesimo Impact e, con esso, il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo.
A questo punto Evangelion 3.0+1.0 segue molto da vicino il copione del film del 1997. Innanzitutto, la struttura narrativa è simile: c’è una prima parte concitata in cui è grande protagonista Asuka, dopodiché la narrazione si sposta su lidi sempre più onirici e psicologici.
In tutto questo, non mancano riproposizioni di intere scene della pellicola del 1997, ora per omaggiarle, ora per ribaltarne il senso: è questo il caso, ad esempio, della sparatoria tra Ritsuko e Gendo. Ma non manca nemmeno la gigantesca Rei-Lilith che si issa su nello spazio, durante il compimento del rito del Perfezionamento dell’Uomo, nè altre piccole chicche per gli appassionati della saga che ben conoscono quanto Anno ami giocare con le citazioni e con i dettagli.
Però c’è una cosa in questo film che in The End Of Evangelion non c’era: un finale all’insegna della speranza e della rinascita. Sia chiaro, anche la conclusione di 3.0+1.0 è criptica e va interpretata, ma almeno qui Shinji non è abbandonato su una spiaggia a strangolare Asuka e si ha giustamente l’impressione (o l’illusione?) che il suo calvario esistenziale sia finalmente giunto al termine. Non che la vita sia facile, ma il peggio sembra passato.

IDENTITÀ E SPECCHI


Neon Genesis Evangelion destò scalpore a suo tempo per la grande attenzione allo scavo psicologico e psicanalitico dei personaggi. La tetralogia del Rebuild, complice il diverso formato cinematografico, ha in parte sacrificato questo aspetto, ma in Evangelion 3.0+1.0 non mancano viaggi nella psiche umana che mettono i personaggi di fronte alle loro paure, ai loro fallimenti e alle loro angosce, ma anche alle loro speranze e ai loro desideri più nascosti.
C’è chi deve fare i conti con il proprio ruolo di genitore: come Gendo Ikari, il cui rapporto con Shinji torna ancora una volta in primo piano, ma anche Misato Katsuragi, che a sorpresa si rivela madre di un figlio avuto da Kaji. I due personaggi sono speculari, ma al contempo opposti: Gendo ha eretto per tutta la vita barriere tra sé e gli altri, arrivando ad allontanare persino il suo stesso figlio per paura della paternità, mentre Misato ha rinunciato a essere madre per votarsi alla lotta contro la Nerv e costruire un futuro migliore per suo figlio.
Una specularità simile si nota tra Asuka Langley Shikinami, sulla cui natura vengono tirati fuori un paio di colpi di scena non da poco, e Rei Ayanami, o meglio la copia di Rei che Shinji si porta dietro dalla fine di Evangelion 3.0. Entrambe sono alle prese con un’identità non ben definita, incerta: la prima sta perdendo sempre più la sua umanità, sembra sempre più un’aliena in un mondo di comuni mortali (tanto che non ha più bisogno di dormire o di mangiare); la seconda si interroga su come possa vivere anche senza essere intrappolata nel ruolo che gli altri hanno scelto per lei.

PURO SPETTACOLO VISIVO


Nel 1995 Neon Genesis Evangelion dovette fare i conti con un problema che spesso affligge le produzioni audiovisive: il budget. Problema che portò a un calo progressivo della qualità tecnica degli ultimi episodi e ad un finale molto “al risparmio” che scontentò i fan.
Negli anni, però, Evangelion è diventata una delle saghe più remunerative della storia e al cinema non ha mai avuto problemi. Se già The End Of Evangelion era un film di alto livello, a maggior ragione lo è stata la tetralogia del Rebuild Of Evangelion, per realizzare la quale Anno ha addirittura creato un proprio studio, Khara, staccandosi dalla Gainax. Questi ultimi film, inoltre, hanno beneficiato delle nuove tecniche di animazione e della CGI che, se negli anime televisivi continua a dare risultati deludenti, al cinema, con budget più alti, fa la sua bella figura.
Evangelion 3.0+1.0 non solo non sfigura rispetto ai suoi predecessori al cinema, ma li sorpassa. La necessità di dare una conclusione epica alla storia si traduce in scontri immani che coinvolgono non più singoli Angeli, ma centinaia e centinaia, migliaia e migliaia di unità artificiali della Nerv contro le unità Eva.
Il problema di questo approccio è che Anno a volte sembra farsi prendere la mano e trasformare il film in un enorme videogame, una sorta di musou in cui orde di nemici si scagliano contro l’eroe di turno finendo falcidiate senza pietà; ma è un difetto che si perdona facilmente, visto che le coreografie, le musiche e gli effetti che sono coinvolgenti come pochi altri.
La CGI viene tantissimo in aiuto ad Anno ed in molte scene è ben armonizzata con le animazioni 2D. Non mancano purtroppo frangenti (più di quanti ne si potrebbe perdonare) in cui le animazioni 3D stridono con il resto, oppure in cui rivelano la propria natura plasticosa e pupazzesca: un esempio su tutti è la già citata scena della Rei-Lilith nello spazio, che impallidisce di fronte alla bellezza di quella di The End Of Evangelion, realizzata col classico 2D.
Anno non rinuncia nemmeno a finezze e sperimentazioni registiche, dalla commistione di animazione e riprese reali all’uso di sketch preparatori al posto delle animazioni finite, oppure lo scontro tra l’Eva-01 e l’Eva-13 che si sposta continuamente dalla scala gigante a quella umana, dalla grande città desolata all’appartamento o all’aula scolastica.
Il film osa il più possibile sul fronte visivo, con risultati quasi sempre eccellenti, rovinati solo dalla succitata CGI altalenante.

IL FINALE DI CUI C’ERA BISOGNO


Come già detto, Evangelion 3.0+1.0 non si conclude col classico finale chiarificatore, ma d’altronde si parla di una serie che ha fatto della cripticità e dell’esigenza di decifrare gli indizi uno dei suoi marchi di fabbrica e sarebbe stato deludente un finale-spiegone.
Ciò che conta è che, quando i titoli di coda calano, tutti i personaggi hanno raggiunto la fine del loro percorso di crescita e di maturazione, hanno detto tutto quello che avevano da dire. Poco importa che manchino conferme esplicite alla teoria del loop che da anni infiamma il web, se non qualche enigmatico accenno nei dialoghi tra Kaworu e Kaji: Evangelion è un’opera che deve molto del suo successo anche al non aver dato risposte concrete, costringendo i fan a interrogarsi su questo o quell’elemento.
Certo, ci si potrebbe interrogare sull’eticità di tale operazione. Dopotutto Anno ha sempre affermato di aver creato Evangelion per “guarire” gli otaku, gli hikikomori, i reclusi volontari che trovavano negli anime e nei manga un modo comodo per fuggire dalle responsabilità della vita; eppure ha confezionato quest’ora e le sue successive incarnazioni con tutti gli elementi che alimentano il fenomeno otaku, dal fanservice femminile (che non manca nemmeno in quest’ultimo film) alle citazioni nerd, dai tecnicismi militari ai mecha dal design sempre più accattivante e perfetto per i modellini da vendere al pubblico. Un po’ come dichiararsi contro il tabagismo e vendere sigarette nella speranza che i fumatori capiscano da sé che il fumo fa male.
Ma alla fine poco importa: il finale stesso sembra un atto di commiato di Anno dalla sua creatura più celebre, dopo aver superato la sua “malattia” di otaku ed essere andato oltre. Cosa che anche Shinji ha fatto. E che dovremo fare pure noi perché, al netto di nuovi inaspettati progetti, il Vangelo della Nuova Nascita finisce qui, dopo 26 anni.

 

TITOLO ORIGINALE: Shin Evangerion Gekijōban:𝄂
REGIA: Hideaki Anno, Kazuya Tsurumaki, Katsuichi Nakayama, Mahiro Maeda
SCENEGGIATURA: Hideaki Anno
INTERPRETI: Megumi Ogata (Shinji Ikari), Megumi Hayashibara (Rei), Yūko Miyamura (Asuka Langley Shikinami), Kotono Mitsuishi (Misato Katsuragi), Fumihiko Tachiki (Gendo Ikari), Yuriku Yamaguchi (Ritsuko Akagi), Akira Ishida (Kaworu Nagisa)
DISTRIBUZIONE: Toho Company, Toei Company, Amazon Studios e Dynit (Italia)
DURATA: 155′
ORIGINE: Giappone
DATA DI USCITA: 8 marzo 2021 (Giappone), 13 agosto 2021 (resto del mondo)

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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