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Space Jam: New Legends

Il ritorno dei Looney Tunes sul campo da basket incarna perfettamente lo spirito del film d'intrattenimento senza pretese.

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Il giocatore di basket LeBron James e suo figlio Dom (Cedric Joe), con il quale non ha un facile rapporto, vengono intrappolati dall’algoritmo Al G. Rhythm (Don Cheadle) in un mondo virtuale e messi l’uno contro l’altro. L’unico modo che LeBron ha per salvare suo figlio e tornare nella realtà è battere Al G. Rhythm in una partita di basket, ma gli unici disposti ad aiutarlo sono i personaggi più folli dell’animazione americana: i Looney Tunes!

 

Space Jam, classe 1996, è ormai un cult del cinema d’intrattenimento. Realizzato con una tecnica mista che univa attori in carne e ossa e personaggi animati in 2D, il film metteva insieme una leggenda dello sport quale Michael Jordan (all’epoca momentaneamente in ritiro dai campi di basket) e gli altrettanto leggendari Looney Tunes, personaggi di punta della Warner Bros. fin dai lontani anni ’30.
La critica accolse la pellicola con recensioni negative, vedendovi un mero sfruttamento di nomi e personaggi celebri, mentre il pubblico lo adorò alla follia. Probabile che lo stesso destino attenda il sequel arrivato dopo venticinque anni, che ripropone la stessa formula adattata ai tempi nuovi e alle nuove tecnologie.
Sia chiaro, a scanso di equivoci: questo nuovo Space Jam non è un film da buttare via, anzi offre due ore piacevoli che scorrono via leggere. Ma quando arrivano i titoli di coda, del baraccone appena visto resta impresso poco, a parte il piacere di aver rivisto Bugs Bunny e compari.

IL SERVERVERSE


Il primo Space Jam era figlio degli anni ’90. Quando uscì nelle sale, la rivoluzione informatica muoveva i primi passi e non era ancora diventata parte integrante della vita di tutti i giorni. Di conseguenza il film presentava i Looney Tunes come abitanti di un mondo animato parallelo a quello “in carne e ossa”, costretti a misurarsi con gli alieni Nerdlucks in una sfida di basket per evitare di essere ridotti ad attrazioni nel lunapark di Mr. Swackhammer. Invece nel seguito, figlio dell’era digitale e della VR, Bugs Bunny, Duffy Duck, Titti, Silvestro e tutti gli altri Tunes sono solo alcune delle creature nel Serververse, un autentico mondo digitale in cui vivono tutti i film, i cartoni, le saghe cinematografiche, i franchise in mano a Warner Bros.
Le chiavi del Serververse sono in mano ad Al G. Rhythm, un algoritmo interpretato da un istrionico Don Cheadle con un pessimo carattere e una passione sfrenata per LeBron James. Quando la stella del basket rifiuta di prestarsi a un progetto cinematografico della Warner Bros. ideato dallo stesso Al G. Rhythm (e anzi lo definisce ridicolo), l’essere digitale non trova di meglio da fare che intrappolare lo stesso LeBron e suo figlio Dom nel suo Serververse e lì proporgli una sfida: se LeBron sconfiggerà la sua squadra di esseri digitali sul campo potrà tornare a casa, ma se perderà dovrà rimanere per sempre prigioniero del mondo digitale, a disposizione dei capricci dell’algoritmo.

LOONEY TUNES IN 3D!


Come si vede, Space Jam: New Legends non fa altro che inserirsi nel solco di produzioni di grande successo come Tron: Legacy e Ready Player One, ma anche (scavando un po’ indietro) la trilogia di Matrix: tutte opere incentrate sui mondi digitali e sui nuovi orizzonti aperti dalla realtà virtuale. Ed è giusto così, altrimenti sarebbe sembrato un tentativo di riportare in scena la magia del 1996 con mezzi più moderni.
La scelta del Serververse permette di catapultare i Looney Tunes direttamente nel terzo millennio, e non è un caso se all’inizio del film il loro ingresso in scena non avvenga tramite un cartone visto in televisione, ma tramite un videogioco che il LeBron bambino riceve da un suo amichetto.
Altrettanto emblematico è il fatto che, a un certo punto della pellicola, i Looney Tunes vengano “convertiti” in 3D, come se ciò segnasse la morte della vecchia animazione 2D in favore delle nuove tecnologie; ma riacquistano le loro vecchie fattezze dopo aver sconfitto Al G. Rhythm, quasi a voler simboleggiare che l’animazione tradizionale gode ancora di buona salute e avrà ancora vita lunga.

LA FAMIGLIA PRIMA DI TUTTO


Il mondo dei videogiochi è al centro del film anche per un altro motivo: è il terreno su cui si consuma il conflitto tra LeBron James e suo figlio Dom.
Il primo Space Jam era troppo sbilanciato in favore dei Looney Tunes e dei rapporti che si creavano tra questi e Michael Jordan; le dinamiche umane, invece, erano appena abbozzate e costituivano la parte più debole della pellicola, nonostante coinvolgessero attori di grande talento come Bill Murray e Wayne Knight. Il suo seguito cerca di non ripetere lo stesso errore e di dare maggiore profondità al personaggio di LeBron attraverso il suo rapporto con la famiglia, specie col figlio di mezzo, Dom.
Certo, si tratta di un conflitto padre-figlio abbastanza scontato, che sa di già visto: LeBron vuole che il figlio segua le sue orme come giocatore di basket, Dom vuole uscire dall’ombra paterna dedicandosi piuttosto ai videogiochi. Quindi i primi venti minuti di pellicola servono a mostrare quanto LeBron sia pessimo come padre, proiettando in continuazione le proprie aspettative sul figlio e non interessandosi mai realmente a quello che vorrebbe fare nella vita. Altrettanto prevedibilmente Al G. Rhythm fa leva sull’ostilità tra LeBron e Dom per portare quest’ultimo dalla sua parte e mettere su una squadra di campioni della pallacanestro basata sul videogioco che Dom stesso stava progettando. E per non farsi mancare nulla della fiera delle banalità, nello scontro finale padre e figlio riescono a superare le reciproche divergenze e a fare fronte comune, tant’è che il canestro che dà la vittoria alla squadra di LeBron è frutto del lavoro di squadra con Dom.
Tutto ciò non va visto necessariamente come un male: il secondo Space Jam vuole essere un film per famiglie con un bel messaggio tra le righe (“tuo figlio non è te, deve seguire la sua strada e non la tua”) e quindi ricorre a tutti i topos, i luoghi comuni e l’armamentario narrativo già visti in decine e decine di pellicole, calati però in un mondo scoppiettante e roboante fatto di effetti speciali, power up dei giocatori, tripudi di luci e della CGI. Insomma, il classico “volemose-bene movie” statunitense, ma con Bugs Bunny, Yosemite Sam, Marvin il Marziano… e non solo!

LA FIERA DEL CITAZIONISMO


La Warner Bros. detiene i diritti su decine e decine di franchise molto noti, forse anche più del colosso Disney. Se il primo Space Jam era incentrato esclusivamente sui Looney Tunes, New Legends punta decisamente molto più in alto.
Qualcosa si era già vista nei trailer, ma è solo guardando il film che ci si rende conto di quanto sia imponente l'”impero” Warner Bros. Quando LeBron e Bugs Bunny partono alla ricerca degli altri Tunes, sparsi nel Serververse, visitano Metropolis, Westeros, il futuro post-apocalittico di Mad Max e il mondo di Matrix; incrociano brevemente le loro strade con Drogon, Rick e Morty, Superman e Wonder Woman; fanno una capatina persino in Casablanca, in un divertente intermezzo bianco e nero che vede Yosemite Sam nelle inedite vesti di pianista e non di pistolero.
Questa parte del film, per quanto breve, è resa interessante da alcune finezze tecniche, come il riutilizzo di scene di alcuni dei film succitati o l’impostazione da fumetto della sequenza narrativa in cui Bugs Bunny e LeBron reclutano Lola Bunny.
Ma questo è solo l’inizio. L’appassionato di cinema si divertirà come un matto a scovare nella folla che assiste alla sfida di basket tutti i personaggi famosi: King Kong, il Gigante di Ferro, i Gremlin dell’omonimo film di Joe Dante, lo sfumeggiante The Mask, il Re della Notte, Voldemort, i Flinstones, Pinguino, Joker, It, il furgoncino di Scooby Doo… e la lista sarebbe ancora lunga.
Certo, va precisato, si tratta di citazionismo fine a se stesso: tutti questi personaggi non hanno un reale peso nella trama, sono più una forma di fanservice che dà colore alla narrazione ed esalta il fan più sfegatato. Ma è comunque divertente provare a scovare ogni singolo easter egg o provare a ricordare dove questo e quel personaggio sono stati visti.
Non mancano neanche riferimenti più o meno espliciti al primo film: dalle battute di Bugs e Lola sul fatto che non è la prima volta che devono cimentarsi in una sfida di basket dalla posta in palio così alta, fino al gustoso siparietto in cui i Tunes si illudono di aver reclutato di nuovo Michael Jordan, solo per scoprire che si tratta del suo omonimo Michael B. Jordan, che col basket non ha niente a che fare. Se si fosse trattato di pugilato, però, sicuramente una mano avrebbe potuto darla.


Space Jam: New Legends non è un capolavoro e sicuramente non farà la storia del cinema, anzi incarna perfettamente lo spirito del film d’intrattenimento senza pretese. Forse non sarà nemmeno un cult come il primo, ma è comunque un piacevole divertissement che riporta sullo schermo i Looney Tunes e che farà felici gli spettatori più nerd con le centinaia di citazioni da cogliere. Consigliato soprattutto a chi col primo Space Jam è cresciuto e vuole riviverne la magia, ovviamente aggiornata al 2021.

 

TITOLO ORIGINALE: Space Jame: A New Legacy
REGIA: Malcolm D. Lee
SCENEGGIATURA: Juel Taylor, Tony Rettenmaier, Keenan Coogler, Terence Nance
INTERPRETI: LeBron James, Don Cheadle, Cedric Joe, Sonequa Martin-Green, Khris Davis, Ceyair J. Wright, Harper Leigh Alexander
DISTRIBUZIONE: Warner Bros.
DURATA: 115′
ORIGINE: USA, 2021
DATA DI USCITA: 16/07/2021

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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