Per potersi avvicinare alla trama riguardante il caso sollevato nei confronti di Duntsch era necessario che la serie accorciasse la narrazione dal punto di vista legale e si avvicinasse a grandi passi al 2014. Una scelta già evidenziata nella precedente puntata dove il caso depositato da Kirby ed Henderson si sedimenta progressivamente in fondo alla lista delle priorità diventando mano a mano che il tempo passa una parte del mobilio. Un soprammobile.
Ma è a questo punto che interviene l’eroina della serie, Michelle Shughart, una giovane ed intraprendente spalla del procuratore distrettuale che aveva gettato nel dimenticatoio la richiesta di Kirby ed Henderson. La ragazza sembrerebbe essere mossa più da patriottismo ed attaccamento umano che per pura caparbietà lavorativa (si tratta pur sempre di una serie tv), ecco quindi che la ragazza prende sotto la propria ala protettrice il caso e sembra decisa a portare a termine l’indagine con una pesante condanna per Duntsch. Musica per le orecchie dei due medici che, tuttavia, si mostrano inizialmente restii e poco convinti considerata la giovane età di Michelle sentendosi a loro modo canzonati dal procuratore distrettuale che li ha a tutti gli effetti scaricati insieme alle loro problematiche etiche-lavorative.
COSTRUZIONE DEL CASO VS DUNTSCH
Ciò che lascia inebetiti è che parallelamente alla costruzione di questo caso, mentre vengono stilate liste di nomi di pazienti a cui fare riferimento come possibili testimoni, Christopher Duntsch continua imperterrito e senza alcun tipo di remora ad operare. Qualche remora, invece, sembra iniziare a farsela Baylor Plano (in una delle linee temporali che la serie sta mandando avanti parallelamente) che progressivamente si sta rendendo conto non solo dell’incapacità medica del neurochirurgo, ma anche della spocchiosità e dell’incapacità per persone esterne a rendere edotto il dottor Duntsch dei propri errori. L’uomo, infatti, non se ne ravvede ed anzi sembra continuare a vivere all’interno di una bolla di finzione dove lui è l’unica persona intelligente, capace e furba, mentre tutti gli altri risultano essere dei totali idioti. Una convinzione che esula dal puro e semplice ego, addentrandosi in una vera e propria psicosi molto simile ad un disturbo delirante.
Emblematiche, da questo punto di vista, risultano essere i dialoghi Christopher-Kim e Christopher-Jerry.
DELIRI DI ONNIPOTENZA
Il primo è violento, rapido e mette la parola fine al rapporto tra i due quando la donna viene messa a conoscenza, in maniera involontaria da parte della madre di Christopher, del bambino che Wendy dovrà dare al mondo. Duntsch liquida la faccenda come un qualcosa di terribilmente semplice, quasi Wendy rappresentasse un banale “utero in affitto”: occorrerà darle un po’ di tempo per riprendersi dopo il parto ma poi la ragazza verrà allontanata. Christopher evidenzia un distacco dalla realtà lapalissiano e se prima Kim giustificava le terribili operazioni dell’uomo grazie all’amore che provava, ora che il sentimento sembra svanire, tutto torna a galla ed appare più chiaro che mai. Christopher è malato, è una mente disturbata e nessuna persona dovrebbe averci a che fare.
Per quanto all’esterno possa mostrare una scorza dura ed inamovibile, una persona sana dovrebbe rendersi conto della propria incapacità. Quando Jerry si mostra disposto a farsi operare da Christopher e quest’ultimo ribadisce come lui sia il miglior dottore sulla piazza non c’è un briciolo di sanità mentale presente in Duntsch, ma solo puri e semplici deliri di onnipotenza.
Dr. Death continua a catturare con la propria narrazione e con una sapiente soundtrack in grado di magnetizzare il pubblico durante la visione. L’unico neo, che continua a palesarsi in ogni singolo episodio, continua ad essere la narrazione frammentata delle varie linee temporali. Un elemento, questo, che arricchisce il contesto narrativo presentando i personaggi in vari momenti e periodi, ma allo stesso tempo rende complicata la collocazione di determinate scene, spesso importanti.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Perché Duntsch, il Dottor Morte, ha continuato impunemente ad operare senza che nessuno intervenisse? Una commistione di ingerenze politiche, ospedali negligenti, medici non eccessivamente interessati a sistemare le cose. Ed i pazienti, nel mentre, continuavano a passare dalle mani di quell’uomo che tra i corridoi dell’ospedale veniva etichettato come “il macellaio”.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.