Un ragazzo di bassa statura proveniente da una base militare canadese, diventa la stella più amata della cultura pop internazionale degli anni ’80. Ma la sua vita viene sconvolta da una brutta diagnosi. |
Michael J. Fox è il simbolo più forte della Hollywood degli anni ’80. Un personaggio che ha segnato il passaggio di un’epoca, testimone della nascita dello star system moderno. Un attore sempre un po’ dimenticato nei dibattiti odierni, a causa della sua assenza da set importanti e del rapido declino che la sua carriera ha avuto. Una parabola malinconica, avviata dall’imprevedibile diagnosi del morbo di Parkinson ricevuta nel 1991, all’età di 30 anni. Eppure nello spettatore l’immagine di Fox rimane ancora molto salda, lucida, il più delle volte legata all’immortale trilogia di Ritorno al Futuro.
Still (immobile in inglese) è un titolo non banale per questo documentario. Una vita frenetica, in continuo movimento, nel privato così come sullo schermo, che ironicamente rimarrà tale per il resto dei giorni dell’attore canadese. Un titolo sferzante e certamente figlio dell’incredibile vena comica di Michael J. Fox che non si è certamente annebbiata con la malattia. Anzi, probabilmente Still rappresenta un vero e proprio esempio per come certi temi dovrebbero essere toccati. Un incoraggiamento alla vita, senza piangersi addosso, guardando sempre il bicchiere mezzo pieno, senza paura o vergogna di mostrarsi per quel che si è.
ZERO COMMISERAZIONE
In Still non c’è spazio per l’auto-commiserazione. Era questa l’unica direttiva che ha dato Michael J. Fox alla produzione, che è stata abbondantemente rispettata. Dimenticate le storie struggenti, con i meccanismi realizzati ad hoc per strappare una lacrima facile, qui non c’è nulla di tutto ciò.
Guggenheim realizza una vera e propria chiacchierata con l’ex star partendo dalla sua infanzia, passando dagli anni difficili degli esordi di carriera, fino ad arrivare al successo, per poi proseguire con la diagnosi del Parkinson e il declino della sua carriera, fino ai giorni d’oggi.
Il tono del documentario non cambia mai di una virgola, sempre disteso e rilassato, ispirato dalla vena comica di Fox che intrattiene raccontando di sé, senza paura di scherzare o giocare sulla sua condizione. Una cosa che non riesce a molti. E in tutto ciò svolge un ruolo fondamentale anche la famiglia, con un’eccezionale Tracy Pollan, conosciuta sul set di Casa Keaton, a sostenerlo dopo ogni caduta. Un documentario del genere poteva facilmente essere indirizzato verso altre emozioni, forse più forti, ma anche più facili da scatenare. Invece Still compie una scelta coraggiosa, andando a scavare in un’altra direzione, scegliendo di sensibilizzare e informare, senza girarci in tondo, il pubblico verso il Parkinson, raggiungendo un risultato ben impresso nell’animo dello spettatore.
I’ve always counted on movement, to not only propel me from place to place, but to express myself.
ANALISI DI UNA CARRIERA
La prima metà del documentario è un excursus sull’ascesa della carriera di Michael J. Fox. Si analizzano passo dopo passo i vari fallimenti prima di giungere al successo, raccontando intanto la psicologia del Fox adolescente. L’irrequietezza, la frenesia di un ragazzino sempre in continuo movimento, sia fuori che all’interno dello schermo. Una perfetta prefazione che prepara alla diagnosi che l’attore riceverà all’età di 31 anni, all’apice della sua carriera. Dal non stare fermo un secondo al non riuscire a star fermo, come ironicamente descritto dal protagonista stesso. Una diagnosi che ha portato con sé certamente molte ripercussioni nella vita privata, che però non hanno scalfito la famiglia che si è costruito.
Anzi, dal ’91 passeranno ben otto anni prima che Michael J. Fox riveli al mondo intero la presenza del Parkinson. Otto anni di set, di performance forzatamente mediocri, in cui l’attore doveva preoccuparsi più del nascondere i suoi tremori che recitare. Proprio relativamente a quegli anni il documentario fa un lavoro splendido, andando a ripescare tutte quelle scene che, col senno di poi, mostrano la difficoltà e la straordinaria professionalità dell’attore nel riuscire a portare a casa i ciak in quelle condizioni.
SENZA VELI
Still è costruito in maniera non convenzionale per un documentario. Spesso alcuni interludi sembrano quasi far parte del backstage, includendo nel montato finale alcuni piccoli dialoghi di preparazione prima di girare le scene. Una scelta, in realtà, meditata, che ha il pregio di far sembrare il film ancor più vero e diretto.
Lo spettatore sa che durante i vari giorni di riprese Michael J. Fox si è infortunato varie volte, raccontandolo sempre con nonchalance e tranquillità disarmanti. Nulla gli impedirà di girare il suo documentario, così come nulla gli impedirà di uscire di casa per passeggiare, al rischio di cadere in pubblico davanti ai passanti. È questa la forza dell’attore e il messaggio più forte che traspare dalla visione di Still. Un incoraggiamento alle persone, nel non abbandonarsi a sé stessi, bensì a vivere la propria vita per il tempo che gli viene concesso.
Still è un ottimo documentario che riesce ad emozionare, senza sfruttare meccanismi facili per far scattare la lacrima della commiserazione. Michael J. Fox riesce a tenere lo schermo nonostante la condizione attuale e la sua vena comica la fa da padrone. Sono molto efficaci anche le scene di girato che, insieme ad un montaggio ispirato, riescono a raccontare in maniera fluida un’unica grande storia. I novantacinque minuti scorrono via lisci, senza mai impantanarsi in situazioni stantie o ripetitive, regalando allo spettatore un punto di vista dall’interno su una malattia che nel 2023 è ancora accompagnata da fin troppa disinformazione.
TITOLO ORIGINALE: Still: A Michael J. Fox Movie REGIA: Davis Guggenheim INTERPRETI: Michael J. Fox, Tracy Pollan DISTRIBUZIONE: Apple TV+ DURATA: 95′ ORIGINE: USA, 2023 DATA DI USCITA: 12/05/2023 |