Sweet Tooth arriva a metà stagione con una trama orizzontale ben definita ma che si muove a piccoli passi.
Nonostante per gli standard attuali otto episodi stagionali potrebbero sembrare pochi, infatti, il minutaggio corposo di circo 60 minuti per puntata regala a Sweet Tooth tutto il tempo per imbastire con calma la sua storia. Una storia che non appare neanche tanto lenta, grazie ad uno spirito narrativo dinamico che non appesantisce lo scorrere del tempo. Ogni episodio racconta dei piccoli passi avanti dei personaggi accompagnandoli uno ad uno al punto finale in cui convergeranno insieme per l’ultimo atto.
Un ultimo atto solo stagionale, però, dato che quasi in contemporanea con il rilascio di questa seconda stagione, Netflix ha già annunciato il rinnovo per una terza e ultima stagione per la serie basata sul comic book di Jeff Lemire e prodotta da Robert Downey Jr. e consorte.
INTROSPEZIONE ADULTA
Se c’è una differenza sostanziale con la prima stagione è sicuramente la divisione dei personaggi che, in questi primi quattro episodi, si sono ritrovati distinti in gruppo degli adulti e quello dei bambini. Un aspetto che non giova tantissimo alla storia che si ritrova a subire una distinzione netta tra storie e personaggi, peccando di quella verve più leggera e ironica che aveva caratterizzato le passate interazioni tra character di età diversa (su tutti a mancare maggiormente è sicuramente il rapporto tra Big Man e Gus).
Ma questa divisione ha portato anche a diversi cambiamenti dal punto di vista del “raccontare i personaggi” che hanno toccato maggiormente la compagine adulta. Si può dire, infatti, che la seconda stagione sta svolgendo un lavoro molto più attento dal punto di vista introspettivo, con alcuni esami di coscienza che favoriscono di molto la caratterizzazione dei personaggi coinvolti.
A spiccare su tutti è sicuramente la figura di Tommy Jepperd alias Big Man. Un character con un passato discutibile alle spalle di cui si conoscevano già alcuni dettagli ma che, in questi episodi, stanno venendo maggiormente alla luce. Uno studio di quelli tipici del genere, con il personaggio grande e grosso dal cuore tenero che si redime grazie all’affetto per un “trovatello”, ma che sta sicuramente funzionando nell’economia della serie, aiutato anche dai vari flashback e dall’interpretazione sempre funzionale di Nonso Anozie.
Ma Big Man non è l’unico adulto a combattere i propri demoni in questa stagione. Se infatti in sottofondo c’è sempre la preoccupazione di Aimee e la sempre più emergente presa di coscienza di Rani, a spiccare è senza dubbio la trama del Dr. Singh. La storyline del medico procede seguendo due diverse strade in parallelo che lo stesso rifiuta di far convergere: da un lato c’è il desiderio e la necessità di fare di tutto per trovare una cura; dall’altro la continua battaglia interiore per l’utilizzo degli ibridi nella creazione del vaccino. Una lotta con sé stesso che ne favorisce la caratterizzazione proponendo un personaggio sfaccettato e non classificabile con un semplicistico “buono” o “cattivo”.
STATICITÀ INFANTILE
A bilanciare una storia più introspettiva da parte degli adulti, vi è la trama inerente i piccoli ibridi che, in questa prima parte di stagione, risultano abbastanza statici nella loro evoluzione. E non potrebbe essere altrimenti, dato che è palese come i bambini debbano rimanere all’interno dello zoo in attesa che anche tutti gli altri personaggi convergano lì.
Naturalmente, però, Gus è colui che si contraddistingue dalla massa, risultando sempre il più propositivo a livello di trama. Il protagonista della serie si ritrova così alle prese con un altrettanto viaggio personale, questa volta nel passato che, se da un punto di vista tattico serve più al dottor Singh per approfondire lo studio sulle origini della pandemia, favorisce anche la storyline intima di Gus che tocca con mano i suoi primi momenti di vita e la vicinanza con la madre.
Oltre questo, però, serve sicuramente una marcia in più per la trama dei piccoli ibridi che si spera sia arrivata nel finale di episodio. Con la fuga di Bobby e l’incontro faccia a faccia di Gus con il Generale Abbot, le possibilità sembrano crescere anche su questo versante. Dopotutto, il Generale Abbot, vero villain della storia, ha bisogno di più materiale per lasciare maggiormente il segno.
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Giro di boa per la seconda stagione di Sweet Tooth che continua a procedere a piccoli passi ma con una verve non indifferente.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.