Sweet Tooth 3×08 – This Is A StoryTEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Sweet Tooth 3x08Episodio conclusivo per lo show ispirato ai fumetti di Jeff Lemire e prodotto da Netflix con Warner Bros., un prodotto mastodontico che vede come produttori esecutivi nientepopodimenoche l’ex Iron Man Robert Downey Jr e la moglie Susan Downey.
Una vera e propria favola ecologista la cui prima stagione è uscita a ridosso della Pandemia di Covid-19, e qualcuno potrebbe dire che mai periodo storico fu più azzeccato per una serie tv.
All’epoca fu soprattutto la tematica scelta a destare le attenzioni del pubblico, per fortuna ricompensato anche da un prodotto effettivamente ben scritto e recitato, con un cast che, all’epoca, era composto soprattutto da esordienti (il nome più noto era la voce fuoricampo di James Brolin).
Ora, a ridosso di 4 anni e di varie vicissitudini produttive, Sweet Tooth arriva al suo picco finale, concludendo le avventure di Gus (Christian Convery) e Tommy “Big Man” Jepperd (Nonso Anozie). Da qui sorge la domanda spontanea: ne è valsa la pena?

“THIS IS A STORY ABOUT FRIENDSHIP AND ABOUT LOVE…”


L’episodio comincia con una lunga carrellata di luoghi e di oggetti/immagini che, nella loro semplicità, fungono da veloce recap di tutta la stagione. Un escamotage semplice ma efficace per far entrare lo spettatore nel mood della puntata. Come ogni finale che si rispetti, anche questo parte direttamente dalla fine della scorsa puntata, con la morte di Birdie (Amy Seimetz) e la successiva battaglia finale tra buoni e cattivi.
Tale sequenza, per ovvi motivi, prende la quasi totalità della puntata (in coppia con l’altra che vede la corsa mortale alla caverna di tutti gli altri co-protagonisti) e ne rappresenta il fulcro narrativo.
Potrebbe, in questo senso, sembrare eccessivo e fin troppo “teatrale” come scelta narrativa. In particolare, troppi indugi rendono tale storylines fin troppo “dialogata” quando invece dovrebbe essere una sequenza action ben più sostenuta considerando anche lo spazio ristretto in cui si muovono i vari character.
Tuttavia, tali forzature non annoiano eccessivamente e hanno il merito di far risaltare il personaggio del Dottor Singh (Adeel Akhtar), deus ex machina di tutto e vero e proprio personaggio shakesperiano dello show che qui trova la sua degna conclusione.

“… ALL STORIES END…”


Tale scena richiede ovviamente tutto il tempo richiesto per risultare epica. E ovviamente ci riesce, con un plot twist efficace e una risoluzione che, seppure fin troppo velocizzata, risulta comunque efficace.
Il taglio voluto da autori e sceneggiatori è per forza di cose quello della fiaba/favola, per cui, al netto della logica razionale e scientifica, risulta efficace il voler concludere tutto con un escamotage “magico” (tutta la sequenza onirica con il ritorno di Pubba di fatto rimane lì sospesa senza spiegare realmente nulla).
Soprattutto dopo la scena finale, in cui si scopre che la voice over di tutte le stagioni è sempre stata quella del Gus adulto ai propri nipoti, si capiscono molte scelte narrative che hanno ben più di un elemento magico. Bisogna infatti interpretare il tutto come una vera e propria favola morale spiegata per un target che è sempre stato quello delle famiglie, pur contenendo elementi horror e sci-fi.
Un finale dunque che potrebbe sembrare (per certi versi) melenso e sbrigativo, ma che è comunque coerente al tono e allo stile della serie facendo egregiamente il proprio lavoro.

“… BUT OURS… HAS JUST BEGUN.”


Lo scopo dello show è sempre stato, di fatto, quello di lanciare un messaggio ecologista e pacifista. Temi che ancora oggi, a distanza di anni dalla prima stagione, continuano ad essere attuali. Magari può essere cambiato un po’ lo spirito del tempo, per cui un finale di questo tipo potrebbe sembrare, per alcuni, fin troppo semplicistico e ottimistico. Ma, nell’economia della serie e della coerenza narrativa, appare senza dubbio scritto bene ed efficace.
Una storia che ibrida diversi generi e porta a riflettere su diverse tematiche, lasciando allo spettatore il compito di raccoglierne l’eredità. Al netto, dunque, dei difetti che comunque ci sono stati in questa terza stagione, rimane uno degli show migliori targati Netflix per quanto riguarda la categoria “intrattiene ma fa anche riflettere”.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Introduzione e voice over di James Brolin (sempre una garanzia)
  • Tutta la sequenza nella grotta…
  • Bear e l’inseguimento sulla neve
  • Dottor Singh
  • Morale finale (in generale tutta la sequenza finale)
  • Gus e Big Man
  • … anche se un po’ troppo “teatrale” data la situazione
  • La sequenza onirica è un bell’escamotage ma rimane un po’ troppo sospeso nel vuoto

 

Finale più che perfetto per uno show che è stato costruito molto abilmente e che qui chiude definitivamente il proprio cerchio narrativo. Un po’ melenso ma il messaggio che lascia è più che mai attuale, per cui va bene così.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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