Sweet Tooth 3×07 – The Road Ends HereTEMPO DI LETTURA 5 min

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Recensione Sweet Tooth 3x07Sweet Tooth si avvia verso la conclusione del suo percorso e,  con “The Road Ends Here”, si raggiunge finalmente il culmine della narrazione.
La tragedia e la speranza si intrecciano nei percorsi dei protagonisti e, attraverso simbolismi e drammi personali, questo settimo episodio esplora il conflitto etico che intercorre tra intervento umano e rispetto per la natura, invitando anche lo spettatore a una riflessione critica sul valore dell’individualità e sulla necessità di superare le barriere culturali e sociali che storicamente hanno diviso, e ancora dividono l’umanità.

QUALCOSA PER CUI VIVERE


My mama used to tell me: the hardest mile’s always the last one home. When you’re almost at the finish line, you start slowing down. Because you know it’s coming. But that’s when you gotta find something extra. Something inside of you, you didn’t know you had. It means finding the one thing that gave you something to live for in the first place.”

L’episodio si apre con un flashback nel passato di Jepperd, non limitandosi a una semplice ricostruzione storica ma divenendo un’eloquente allegoria della resilienza umana di fronte alle avversità. Questo momento risuona profondamente nella missione attuale di salvare Gus, riflettendo la necessità impellente che l’umanità affronti le crisi attingendo a ogni risorsa disponibile.
Nel cuore dell’episodio, le dinamiche tra i personaggi principali si intensificano in modo drammatico, con Birdie che emerge come la voce della responsabilità morale, portando con sé un profondo senso di colpa e la ferma convinzione che la natura debba seguire il proprio corso senza ulteriori interferenze umane. La volontà di distruggere l’ingresso della caverna, condannando così l’umanità a favore dei nuovi “prescelti” della natura, non è solo un atto di espiazione e sacrificio, ma anche un atto di sottomissione a un ordine naturale che ha bisogno di perpetrarsi per fermare la vera malattia che infesta il pianeta: l’essere umano.
La critica sociale implicita nella serie viene poi rafforzata dalla rappresentazione delle dinamiche di potere e delle lotte per la sopravvivenza. La comunità di Birdie in Alaska, con le sue divisioni interne e le sue lotte contro le forze oppressive, riflette in modo microcosmico i conflitti più ampi del mondo post-apocalittico. L’insurrezione armata guidata da Siana non è solo una battaglia per la sopravvivenza, ma un atto di resistenza contro l’ingiustizia e l’oppressione.
Sin dai primi minuti, è il tema della resistenza al cambiamento a emergere con veemenza. Sweet Tooth ha da sempre esplorato la tensione tra il desiderio umano di tornare a un passato idealizzato e la necessità di adattarsi a un mondo trasformato, e Zhang incarna proprio questa lotta, evidenziando come alcuni esseri umani siano disposti a compiere atti estremi e deplorevoli pur di ristabilire un ordine che loro percepiscono come naturale. Poco importa se quest’ultimo risulti fondato su discriminazione e auto-negazione. Questo tema è poi ulteriormente esplorato attraverso il personaggio di Rosie, divisa tra l’amore per i suoi figli ibridi e le pressioni della madre.
Il contrasto con il percorso di Gus e dei suoi alleati solleva quindi una domanda fondamentale: l’umanità merita davvero di essere salvata? Questo interrogativo emerge in particolare nel confronto tra Birdie e Jepp. La prima, afflitta dal senso di colpa per aver contribuito alla diffusione della malattia, sostiene che la natura debba seguire il suo corso e che qualsiasi intervento umano porterebbe soltanto a ulteriori disastri. Jepp, d’altra parte, pur riconoscendo il fallimento dell’umanità, è disposto a sacrificarsi per proteggere Gus, esemplificando a pieno il potere trasformativo dell’amore e del sacrificio. Nonché donando, almeno simbolicamente, una speranza a una società oramai quasi completamente dominata da persone come Zhang e colleghi.

QUALCOSA PER CUI MORIRE


Good thing my mama told me something else. That in life, you got nothing to live for, until you got something to die for.

Nella stagione precedente, Sweet Tooth ha mostrato difficoltà nel mantenere l’unità narrativa quando ha separato i suoi personaggi, con una sezione centrale che talvolta sembrava dilungarsi in ripetizioni infruttuose, compromettendo il ritmo di una stagione composta da otto episodi che avrebbe potuto essere facilmente ridotta a sei. Anche nella terza stagione, questo problema persiste, con un’eccessiva enfasi sui personaggi secondari a discapito dell’essenziale.
Questo diventa particolarmente evidente quando Bear e Wendy intraprendono le loro avventure separate dal gruppo principale. Con il fatto che Bear è stata appositamente creata per lo show, Sweet Tooth ha da sempre incontrato difficoltà nel renderla altrettanto intrigante e coinvolgente quanto il resto del cast principale e questa problematica perdura purtroppo anche nella stagione finale, non trovando nel connubio con Wendy una soluzione al problema.
Analogamente, la terza stagione introduce una serie di nuovi personaggi che tendono più a rallentare il viaggio principale di Gus che a valorizzarlo in modo significativo. La maggior parte di questi personaggi, infatti, agisce principalmente come mezzo per portare avanti la trama principale, contribuendo più che altro a combattere contro nemici generici per spingere Gus verso la sua destinazione, senza dare molte opportunità di approfondire le loro storie personali.
Nonostante questi difetti, l’episodio riesce comunque a mantenere alta l’attenzione di chi guarda, grazie soprattutto alla sapiente commistione di suspense, azione e drammaticità. Le tensioni tra passato e futuro, redenzione e condanna, speranza e disperazione, rendono così “The Road Ends Here” l’episodio finora più intenso di questa terza stagione – e forse anche dell’intera serie – oltre che essere il modo perfetto per preparare il terreno a un finale di stagione che promette di essere altrettanto coinvolgente.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Monologo iniziale molto intenso
  • Episodio carico di emozioni e colpi di scena
  • Ottime performance attoriali, in particolare Nonso Anozie e Christian Convery
  • Bella costruzione del finale di episodio
  • Alcune sottotrame rallentano il ritmo della narrazione
  • La famiglia Zhang non esalta come controparte cattiva

 

Certamente l’episodio più bello visto fin qui. Non ci si potrebbe indignare se si decidesse di dare un Bless Them All a questo penultimo atto di Sweet Tooth, ma ci si riserva il diritto di riservarlo eventualmente a un finale che risenti meno dei difetti sopracitati e della presenza quantomeno scomoda di alcuni personaggi secondari di dubbia utilità narrativa.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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