I nerd vanno di moda, questo è il loro momento. I geni della tecnologia che sfornano app, nuovi oggetti high-tech o qualsiasi cosa che nel giro di pochissimo tempo diventerà un “must have” stanno vivendo gli anni della ribalta. Basta teste infilate nel cesso della scuola da qualche bullo, basta andare da soli al ballo scolastico: la vera vita (anche cinematografica) comincia post college.
Ogni prodotto (seriale si intende) che si presenta focalizzando l’attenzione su una popolazione di nicchia deve fare i conti con i paragoni che scaturiscono dai suoi predecessori. Silicon Valley non fa eccezione ed infatti i più lo considerano un ibrido tra The Social Network e The Big Bang Theory. È vero? Diciamo che qualche elemento in comune con entrambi ce l’ha, ma dire che è la fusione tra i due prodotti, che sono diametralmente opposti sia per pubblico sia per argomenti trattati, sarebbe una bestemmia. La serie di Mike Judge, che forse non è un nome nuovo visto che è il creatore sia di Beavis And Butt-Head sia di King Of The Hill, nasce da una sua esperienza presso una start-up chiamata Parallax formata 40 dipendenti e sita, ovviamente, nella culla della tecnologia americana: la Silicon Valley. Judge costruisce un plot che mira a raccontare le difficoltà ma anche il piacere di essere un nerd che vive nella Silicon Valley e che ha a portata di mano un algoritmo potenzialmente miliardario.
Il protagonista assoluto è tale Richard Hendrix, un giovane sviluppatore che, mentre è al lavoro sul progetto di music-matching chiamato Pied Piper, costruisce un nuovo algoritmo ed è subito subissato di richieste di vendita dei diritti da parte di altri guru dell’high-tech che ci hanno visto del potenziale. In particolare quello che viene notato non è tanto il programma in sé, quanto piuttosto l’utilizzo che se ne potrebbe fare a livello extra musicale ed è proprio questo il motore dello show. Si apre infatti un dibattito personale che sfocia a grandi linee nella discussione etica, infatti Hendrix deve scegliere se accettare un buon quantitativo di denaro “svendendo” i diritti sulla propria creatura oppure se essere finanziato da qualcuno e procedere alla creazione di una start-up con cui evolvere il suo progetto. L’uovo oggi o (forse) la gallina domani, niente più niente meno.
Se la trama di Silicon Valley non è proprio consona, quello che è invece un classico clichè è la costituzione del gruppo di lavoro della Pied Piper che sa tanto di volutamente stereotipato. Lo stesso show ci gioca con battute irriverenti circa il fantamercato degli sviluppatori che, per una sorta di legge morale, devono essere sempre in gruppi di cinque individui con almeno un indiano nel gruppo, almeno un ciccione ed un asiatico; quindi ok, clichè forzato, ma tutto sommato si può chiudere un occhio per la costituzione del team di lavoro che, a quanto pare, è abbastanza standardizzata.
Silicon Valley non è propriamente una comedy ma non è nemmeno un drama: certo se state cercando delle battute schiette e veloci siete nel posto sbagliato perchè la serie non ha nè risate finte in sottofondo, nè battute di questo genere, tuttavia qualche scheggia ironica impazzita la lancia di tanto in tanto e se la si coglie vale da sola la visione. Volendo trovare un difetto a “Minimum Viable Product” si potrebbe parlare di una trama e di personaggi un po’ superficiali e non presentati tanto adeguatamente per essere in un pilot ma, in fin dei conti, si intravede del potenziale e questo è quello che conta.
Alla fine per vedere se la serie riuscirà a guadagnarsi il diritto di un posto la domenica sera subito dopo Game Of Thrones bisognerà aspettare ancora ma le condizioni per parlare di “futuro successo” ci sono tutte.
PRO:
- La sigla è un qualcosa di epicamente nerd. Soprattutto la mongolfiera di Napster…
- “Non andate al college, piuttosto andate a lavorare al Burger King“.
- Interessante visione della Silicon Valley dal punto di vista lavorativo
- “Fuck this people!” disse Kid Rock
- Protagonisti un po’ troppo “classici”
- Senza un’evoluzione costante del materiale potrebbe risultare stancante come serie
Minimum Viable Product 1×01 | 1.98 milioni – 1.1 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.