The Get Down 1×09 – One By One, Into The DarkTEMPO DI LETTURA 4 min

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Ennesimo episodio di transizione per The Get Down che, in questa seconda parte di stagione, pare aver smarrito gran parte del fascino acquisito con i primi sei capitoli. A trascinare la serie nel baratro dell’anonimia è innanzitutto la ripetitività di certe situazioni: la disapprovazione da parte della famiglia di Zeke riguardo la sua (prevedibile) scelta di favorire la musica al suo inserimento nell’alta società; il fanatismo religioso del padre di Mylene, convinto che la musica disco sia una diretta espressione del diavolo e quindi ostacolo al decollo della carriera di sua figlia; Zeke diviso tra Mylene e Shaolin, insomma, tutte quelle dinamiche che già sono state abbondantemente trattate nel corso della prima parte della stagione.
L’ottimo lavoro operato da Luhrmann e colleghi sui primi sei episodi finisce così per essere, almeno in parte, rovinato da scelte artistiche quantomeno dubbie – ci riferiamo in particolare alle transizioni a fumetto – che il più delle volte finiscono per spezzare il ritmo della narrazione causando come effetto immediato il crollo improvviso dell’interesse spettatoriale – oltre che essere oggettivamente imbarazzanti dal punto di vista grafico. Questo elemento, insieme ad un sempre maggiore utilizzo del green screen e al ridotto minutaggio riservato alla componente musicale nei primi tre episodi di questo secondo atto, hanno in parte privato la serie della sua missione principale, cioè quella di raccontare la nascita dei primi gruppi hip-hop nel Bronx degli anni ’70.
Finora, infatti, sembra che gli autori abbiano preferito concentrarsi esclusivamente sulla componente teen drama, riservando maggiore spazio alle emozioni chiave connaturate alle opere più celebri del regista australiano (“Romeo+Giulietta”, “Moulin Rouge”, “Il Grande Gatsby”) ovvero l’amore, la passione, la bellezza e il desiderio di libertà, accidentalmente banalizzate dalla giovane età dei protagonisti, se non addirittura caricaturizzate a causa delle caratterizzazioni al limite operate sui personaggi e da quello stile kitsch che contraddistinguono lo show fin dalla primissima messa in onda. Elementi che certamente hanno contribuito al successo iniziale del telefilm – e che certamente rappresentano la chiave per un suo ritorno in carreggiata – ma che al momento non fanno altro che zavorrare un’opera già appesantita da una sostanziale ripetitività dal punto di vista della trama verticale legata al singolo episodio.
Sono veramente pochi gli elementi in grado di convincere lo spettatore a non interrompere la visione prematuramente, o quantomeno a non skippare direttamente a fine puntata per evitare di passare a miglior vita anzitempo causa attacco di tedio mortale fulminante. Abbiamo – e sottolinearlo pare quasi superfluo – il corso fai da te di prostituzione minorile tenuto dal sobrio insegnante di danza al ritmo di “spasm, spasm, multiple orgasm“; l’ottima regia relativa non soltanto alle (poche) sequenze musicali presenti all’interno dell’episodio; infine la storyline dedicata a Boo, unico segmento in grado di smuovere un po’ la puntata da questa situazione di stagnamento diegetico dovuta alla sopracitata reiterazione di situazioni abbondantemente trattate nel corso della prima parte.
La conclusione dell’episodio, nonostante coinvolga uno dei personaggi peggio sfruttati della serie – nonché causa principale di quelle atroci transizioni animate – ha quantomeno il pregio di porre l’accento su una delle tematiche più importanti legate al telefilm: l’abuso di droga. Soprassedendo sul massaggio cardiaco estremamente irrealistico praticato da Thor, il crollo di Dizzee nel bel mezzo della pista contribuisce alla definizione di quell’immaginario, tanto tragico quanto realistico, legato alla rappresentazione del Bronx anni ’70, quartiere all’interno del quale criminalità e ipocrisia si rivelano facce della stessa medaglia e dove l’abuso di stupefacenti era in grado di mietere più vittime di una guerra.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La regia e le (poche) sequenze musicali
  • La storyline di Boo, unica a smuovere un po’ la trama
  • Il corso di prostituzione minorile tenuto dal sobrio insegnante di danza gay
  • Le continue transizioni animate, inutili se non addirittura fastidiose
  • La storyline a sfondo sentimentale che coinvolge Dizzee e Thor
  • Di fatto non è ancora successo nulla di rilevante, nonostante manchino due puntate al season finale
  • La componente teen drama fin troppo preminente rispetto alle altre

 

Anche questa volta non ci siamo. Rimangono soltanto due occasioni per regalare alla serie un’uscita di scena degna del suo nome e il miglior modo per riuscirci è quello di sfruttare a pieno la potenza visiva connaturata al particolare stile di Luhrmann per valorizzare al meglio la già curata componente musicale. E magari dedicare meno spazio a side-story dalla dubbia utilità.

 

The Beat Says, This Is The Way 1×08 ND milioni – ND rating
One By One, Into The Dark 1×09 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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