Stan probabilmente verrà ricollegato dalla maggior parte delle persone all’omonima canzone di Eminem rilasciata nel 2000 (e a cui successivamente venne dato un proprio seguito canoro). Tuttavia, in Australia, Stan rappresenta l’ennesimo servizio streaming a cui potersi sottoscrivere e dove possono essere recuperati sia titoli originali (i conosciutissimi Bump ed Eden, per esempio), sia titoli importati quali Better Call Saul, Billions, The Following e Twin Peaks.
All’interno del catalogo, da gennaio 2020, è comparso anche The Gloaming, la cui autrice e sceneggiatrice Victoria Madden sembra avere una predilezione (o un’ossessione, dipende dai punti di vista) per poliziotti e medici, considerata la tipologia di prodotti per cui ha lavorato in precedenza (procedurali crime/medical drama irlandesi ed australiani, principalmente).
Da marzo 2021, The Gloaming verrà mandato in onda su Starz (che conta come prodotto originale l’ormai scomparso Counterpart).
DI CHE PARLA?
Questa lunghissima premessa sia per dare una piccola infarinatura attorno al contesto distributivo del prodotto, sia per guadagnare tempo e spazio all’interno della recensione, visto e considerato che il prodotto in sé si attesta senza infamia e senza gloria nel tipico crime drama poliziesco dai risvolti cupi in cui il passato torna sempre per far pagare il proprio conto.
Anche i personaggi sembrano costruiti attorno ai consueti cliché del genere: poliziotto sempre sopra le parti e che interpreta la legge a proprio piacimento; personaggi maschili spesso e volentieri cupi e tenebrosi; l’anziana che prodiga consigli a destra e a manca risultando un’entità sovrannaturale. Nonostante tutto ciò, l’apertura della puntata e l’interconnessione tra i due omicidi presentati nel pilot rendono la visione coinvolgente, così come la scelta di un personaggio femminile (Molly McGee interpretato da Emma Booth, già apparsa in Once Upon A Time) per interpretare il poliziotto dalla discutibile etica, visto e considerato che in altre serie tv dalla simile costruzione raramente ci si allontana dal detective di sesso maschile.
Una scelta che viene ripagata dal punto di vista recitativo, ma che presenta alcuni pesanti intoppi, forse per via di alcune sviste di comunicazione tra costumisti e sceneggiatura. In una sequenza, mentre Molly si reca alla lezione di danza per trovare Daisy, un’anziana le appunta di prestare maggiore cura verso la propria persona oltre all’impegno nell’aiutare gli altri (da quello che si evince Daisy è una ex tossicodipendente). Il tutto fa sorridere perché Emma Booth appare tutto fuorché con un aspetto trasandato (elemento non dichiarato, ma sottinteso nel dialogo con l’anziana), vestita casual, sì, ma lontana da poter essere etichettata come poco curata. L’unico elemento ad apparire tale è la fatiscente automobile con cui si sposta attraverso la città, me niente di più. Ecco, da questo punto di vista forse sarebbe stato più semplice far apparire trasandato e poco curato un personaggio maschile (basti pensare a Cardinal e Luther, giusto per rimanere nell’ambiente crime) oppure prestare maggiore attenzione nella stesura dei dialoghi.
IL PASSATO CHE TORNA A GALLA
Accantonato questo piccolo particolare, la puntata si lascia guardare senza catturare eccessivamente: dall’intro decisamente coinvolgente si va scemando verso la piatta narrazione crime tipica dei pilot in cui tutti i personaggi chiamati in causa sembrano avere qualcosa da nascondere, dando la parvenza allo spettatore di ritrovarsi di fronte ad un castello di carte prossimo alla caduta. E se da un certo punto di vista risulta essere così (la figlia di Molly, ma anche il suo giovane spettatore), per molti altri personaggi potrebbe non valere la stessa logica, venendo utilizzati come semplici specchietti per allodole.
Come si diceva in precedenza, la serie si ricollega ad un avvenimento passato (un omicidio) per presentarne uno odierno dalle sembianze di rito sacrificale e sfruttando in questo passaggio un personaggio (Alex O’Connell) di cui ad ora se ne percepisce solo l’alone del pesante passato, ma senza troppi indizi precisi.
LA NATURA AUSTRALIANA
Una menzione speciale deve riceverlo sicuramente, quale elemento positivo della serie, l’elemento paesaggistico e l’utilizzo che a livello di regia ne viene fatto. Le riprese sono state fatte in Tasmania per la precisione ad Hobart, capitale dell’isola. Messe in conto le riprese in campo lungo fatte sul ponte, che poi si trasformano in primi piani all’interno delle varie automobili dei personaggi chiamati in causa, a rendere il passaggio tra una scena e l’altra ben costruito è la scelta di usare i paesaggi (e in alcuni casi i rumori) della natura (con campi lunghissimi) come clip di transizione. Anche la scelta di non azzerare il rumore di sottofondo degli elementi paesaggistici (quali per esempio le cascate) come spesso accade, restituisce una sensazione di reale che di solito tende a mancare in prodotti di questo genere.
Certo, poi c’è un gruppo di individui incappucciati che compare e scompare a proprio piacimento tra un taglio e l’altro, ma quelli sono dettagli a cui bisogna lavorare. Se The Gloaming fosse stata una serie perfetta, probabilmente se ne sarebbe già parlato nel 2020 su RecenSerie, no?
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Crime poliziesco australiano, otto puntate totali e circa un’ora ad episodio: in mancanza di serie tv tutto fa brodo, ma ci sarà davvero così tanta differenza tra The Gloaming ed il crime medio che si riesce a trovare su Netflix? Probabilmente no.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.