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The Outpost è la nuova serie con cui The CW tenta di avventurarsi sul terreno impervio e insidioso del fantasy classico, con qualche tocco dark che vorrebbe rendere più matura la storia ma finisce per ricoprirla con un’ulteriore patina di ridicolo. Come se la messa in scena in stile Hercules o Xena, che poteva andare bene vent’anni fa ma che adesso puzza tremendamente di vecchio e di amatoriale, il piattume dei personaggi e dei dialoghi, la costante sensazione di déjà-vu che si prova di fronte a ogni elemento dell’ambientazione o a ogni evento della trama non fossero sufficienti. Viene spontaneo chiedersi quali sostanze allucinogene abbiano assunto i capoccia del network quando hanno acconsentito a mandare in onda questa roba.
La protagonista è Talon, ultima superstite di una comunità di elfi dei boschi Blackbloods sterminata anni addietro da una banda di mercenari e dunque in cerca di vendetta. Alzi la mano chi ha pensato a Conan the Barbarian del 1982! Una storia già vista e rivista, inutile negarlo, ma anche Westworld in fin dei conti parte dalla banalissima, trita e ritrita idea della ribellione delle macchine all’uomo eppure la sviluppa in maniera tutt’altro che indegna, a riprova che a volte non conta tanto l’originalità dello spunto di partenza ma il modo in cui quello spunto è sviluppato.
In The Outpost è sviluppato malissimo, almeno per quanto si è visto finora, sotto ogni singolo punto di vista. Difficile dire se il primo dato che balza all’occhio sia la povertà materiale della serie o la banalità disarmante della scrittura, perché le due cose vengono sbattute brutalmente in faccia allo spettatore fin da subito: la narrazione prende avvio infatti in una bettola malfamata, tra scenografie poverissime e dialoghi banali, didascalici e piatti che, lungi dall’alimentare il senso di mistero intorno alla figura della bella mora, ci fanno subito sapere cosa vuole. A un certo punto nella struttura irrompe un manipolo di soldati che inizia a massacrare come se non ci fosse un domani gli avventori solo perché il gioco d’azzardo è vietato, roba che non si vede nemmeno nelle peggiori distopie d’ispirazione nazi-fascista. Poi spunta fuori da chissà dove un pupazzone celeste che ammazza l’amico di Talon senza che a questi sia stato dato il minimo background o la minima caratterizzazione. Insomma, già entro i primi cinque-sei minuti si capisce l’andazzo del pilot, raffazzonato e messo insieme alla bell’e meglio, e andando avanti le cose peggiorano soltanto, tra coreografie di combattimento a dir poco imbarazzanti, CG che sembra tratta da un gioco della PS2, simil-zombie che sembrano la versione pezzente e brufolosa degli strigoi di The Strain, fondali palesemente fintissimi, mura che sembrano fatte di cartone e polistirolo, massacri in cui non si vede versata la minima goccia di sangue perché evidentemente costava troppo, personaggi dallo spessore caratteriale di un foglio di carta che sembrano buttati in scena tanto per non lasciare sola la bella tenebrosa.
Sicuramente avrete notato che l’aggettivo “bella” è stato ripetuto almeno un paio di volte in riferimento a Talon e in effetti l’attrice scelta, Jessica Green, ha davvero un suo fascino particolare ed esotico, così come l’interprete del capitano Garret, tale Jake Stormoen, potrebbe essere assai gradito alle signorine; ma trattandosi di una serie che si rivolge assai chiaramente a un pubblico giovanile e che va in onda su un canale come The CW la scelta di attori bellocci era praticamente scontata. Assai meno lusinghiero è il giudizio sui loro personaggi. Talon è la classica figura femminile forte, indipendente, tosta che tanto va di moda in questi anni ma che scade inevitabilmente nello stereotipo e nel già visto; la presenza di poteri magici, poi, è un altro must del genere fantasy di bassa lega che non aggiunge certo originalità al personaggio. Non va meglio con Garret, stoccafisso in scintillante armatura, e con Gwynn, oca giuliva e impellicciata che incarna perfettamente il luogo comune della bionda stupida e viziata. Se i buoni sono tanto stereotipati, i cattivi non sono da meno, anzi: i mercenari che hanno sterminato i Blackbloods sono tutti brutti, barbuti e ingrugniti, volgari, sanguinari e spacconi; il loro capo, invece, che dev’essere il cugino chic e raffinato di Geralt di Rivia, ha quel minimo alone di mistero intorno a sé che potrebbe renderlo un personaggio interessante. Potrebbe, sia chiaro. C’è anche un comandante dell’avamposto, un certo Withers, che si capisce subito essere un poco di buono non tanto perché quando appare sullo schermo è intento a minacciare un poveraccio, ma perché ha anche lui il classico look da villain: pelata, barba corta, sguardo sbieco e, ovviamente, una bella cicatrice sul volto. Non manca nemmeno il misterioso vecchio barbuto (tanto per cambiare) e incappucciato che segue da lontano la protagonista e che potrebbe ricoprire il ruolo di mentore/aiutante di gandalfiana memoria, interpretato da Kevin McNally che appena un anno fa recitava in quella bella serie che è Turn: Washington’s Spies e adesso si ritrova catapultato in questa schifezza. Forse anche lui deve avere un mutuo da pagare.
Difficile riuscire a trovare qualcosa di buono in questa cloaca e paradossalmente l’unico vero pregio di questo pilot è che è talmente brutto da far apprezzare ancora di più allo spettatore le serie televisive davvero originali e ben fatte. In verità alcuni elementi dell’ambientazione sono talmente vaghi o appena accennati che lo spettatore potrebbe decidere di continuare la visione anche solo per avere maggiori informazioni, ad esempio, sui poteri di Talon o sul vero obiettivo dei mercenari che hanno sterminato i Blackbloods, così come la scelta di ambientare la serie in un avamposto militare ai margini della civiltà, costantemente minacciato da mostri, potrebbe conferire alla narrazione un’atmosfera claustrofobica piuttosto originale rispetto alle solite storie fantasy in cui si scorrazza da un capo all’altro di lande incantate per cercare il manufatto X e distruggere il signore oscuro Y. Anche se, alla luce di quanto visto nel pilot, probabilmente si è optato per una storia di questo tipo perché i soldi non bastavano per più di una location. Sad but true.
In The Outpost è sviluppato malissimo, almeno per quanto si è visto finora, sotto ogni singolo punto di vista. Difficile dire se il primo dato che balza all’occhio sia la povertà materiale della serie o la banalità disarmante della scrittura, perché le due cose vengono sbattute brutalmente in faccia allo spettatore fin da subito: la narrazione prende avvio infatti in una bettola malfamata, tra scenografie poverissime e dialoghi banali, didascalici e piatti che, lungi dall’alimentare il senso di mistero intorno alla figura della bella mora, ci fanno subito sapere cosa vuole. A un certo punto nella struttura irrompe un manipolo di soldati che inizia a massacrare come se non ci fosse un domani gli avventori solo perché il gioco d’azzardo è vietato, roba che non si vede nemmeno nelle peggiori distopie d’ispirazione nazi-fascista. Poi spunta fuori da chissà dove un pupazzone celeste che ammazza l’amico di Talon senza che a questi sia stato dato il minimo background o la minima caratterizzazione. Insomma, già entro i primi cinque-sei minuti si capisce l’andazzo del pilot, raffazzonato e messo insieme alla bell’e meglio, e andando avanti le cose peggiorano soltanto, tra coreografie di combattimento a dir poco imbarazzanti, CG che sembra tratta da un gioco della PS2, simil-zombie che sembrano la versione pezzente e brufolosa degli strigoi di The Strain, fondali palesemente fintissimi, mura che sembrano fatte di cartone e polistirolo, massacri in cui non si vede versata la minima goccia di sangue perché evidentemente costava troppo, personaggi dallo spessore caratteriale di un foglio di carta che sembrano buttati in scena tanto per non lasciare sola la bella tenebrosa.
Sicuramente avrete notato che l’aggettivo “bella” è stato ripetuto almeno un paio di volte in riferimento a Talon e in effetti l’attrice scelta, Jessica Green, ha davvero un suo fascino particolare ed esotico, così come l’interprete del capitano Garret, tale Jake Stormoen, potrebbe essere assai gradito alle signorine; ma trattandosi di una serie che si rivolge assai chiaramente a un pubblico giovanile e che va in onda su un canale come The CW la scelta di attori bellocci era praticamente scontata. Assai meno lusinghiero è il giudizio sui loro personaggi. Talon è la classica figura femminile forte, indipendente, tosta che tanto va di moda in questi anni ma che scade inevitabilmente nello stereotipo e nel già visto; la presenza di poteri magici, poi, è un altro must del genere fantasy di bassa lega che non aggiunge certo originalità al personaggio. Non va meglio con Garret, stoccafisso in scintillante armatura, e con Gwynn, oca giuliva e impellicciata che incarna perfettamente il luogo comune della bionda stupida e viziata. Se i buoni sono tanto stereotipati, i cattivi non sono da meno, anzi: i mercenari che hanno sterminato i Blackbloods sono tutti brutti, barbuti e ingrugniti, volgari, sanguinari e spacconi; il loro capo, invece, che dev’essere il cugino chic e raffinato di Geralt di Rivia, ha quel minimo alone di mistero intorno a sé che potrebbe renderlo un personaggio interessante. Potrebbe, sia chiaro. C’è anche un comandante dell’avamposto, un certo Withers, che si capisce subito essere un poco di buono non tanto perché quando appare sullo schermo è intento a minacciare un poveraccio, ma perché ha anche lui il classico look da villain: pelata, barba corta, sguardo sbieco e, ovviamente, una bella cicatrice sul volto. Non manca nemmeno il misterioso vecchio barbuto (tanto per cambiare) e incappucciato che segue da lontano la protagonista e che potrebbe ricoprire il ruolo di mentore/aiutante di gandalfiana memoria, interpretato da Kevin McNally che appena un anno fa recitava in quella bella serie che è Turn: Washington’s Spies e adesso si ritrova catapultato in questa schifezza. Forse anche lui deve avere un mutuo da pagare.
Difficile riuscire a trovare qualcosa di buono in questa cloaca e paradossalmente l’unico vero pregio di questo pilot è che è talmente brutto da far apprezzare ancora di più allo spettatore le serie televisive davvero originali e ben fatte. In verità alcuni elementi dell’ambientazione sono talmente vaghi o appena accennati che lo spettatore potrebbe decidere di continuare la visione anche solo per avere maggiori informazioni, ad esempio, sui poteri di Talon o sul vero obiettivo dei mercenari che hanno sterminato i Blackbloods, così come la scelta di ambientare la serie in un avamposto militare ai margini della civiltà, costantemente minacciato da mostri, potrebbe conferire alla narrazione un’atmosfera claustrofobica piuttosto originale rispetto alle solite storie fantasy in cui si scorrazza da un capo all’altro di lande incantate per cercare il manufatto X e distruggere il signore oscuro Y. Anche se, alla luce di quanto visto nel pilot, probabilmente si è optato per una storia di questo tipo perché i soldi non bastavano per più di una location. Sad but true.
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HBO ha già in cantiere un primo spin-off di Game of Thrones, Netflix si prepara a lanciare una serie su The Witcher, Amazon ha tra le mani le licenze di The Lord of the Rings e Conan the Barbarian. E intanto The CW sforna un aborto seriale che riesce nell’apparentemente impossibile impresa di risultare un fantasy ancora più brutto di The Shannara Chronicles e che tuttavia, proprio per questo, risulta a suo modo un capolavoro (dello schifo). E come direbbe René Ferretti: viva la merda!
One Is The Loneliest Number 1×01 | 0.77 milioni – 0.1 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.