Generalmente ci capita di iniziare una recensione citando una frase o un dialogo che ci è rimasto particolarmente in memoria e lo mettiamo come incipit per dare alla stessa immagine di recap un valore più ampio. Anche in quest’occasione non vogliamo essere da meno, solo che al quote vogliamo abbinare anche una spiegazione perchè, questa volta, invece che illustrare personalmente il plot della serie andremo a citarlo direttamente tramite il gran bel discorso fatto dal carismaticocharacter di Hugh Dancy ad una (fittizia) tv locale:
“Meyerism is not a cult.
No, we’re a movement. A movement of people with a very simple vision to be everything God intended when He created us in His image, so we believe that by achieving personal enlightenment, or Truth, we can achieve universal enlightenment, universal Truth. I know, I know. It sounds a little idealistic, but the great triumphs of the centuries were achieved by the idealism of individuals, so we aim to be Light and eradicate the world’s suffering. That’s a tall order.
The world is full of suffering. I mean, I wouldn’t even know where to begin to do… Well, no. No, that’s why so many don’t begin, because you’re right. It’s just… It’s too overwhelming, and that’s why we train ourselves to listen… Because if you listen very closely, you will hear the souls calling out for help. And you will find that some of them are in your backyard, and maybe if you listen even more closely you’ll find that the soul in need of care is your own. And then if you follow this way, the path of Meyerism, someone’ll reach out to you, or you’ll reach out to them, and you will have started. One soul at a time, and then who knows? But perhaps one soul at a time we transform our broken, broken world into a place that is whole again.”
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The Path è ideata e sceneggiata da Jessica Goldberg che ha sottolineato di aver ideato il Movimento Meyerista non prendendo spunto da Scientology, culto/setti con il quale non vuole assolutamente fare paragoni anche se i paragoni possono nascere spontaneamente che lei lo voglia oppure no. La Goldberg, sceneggiatrice di entrambi gli episodi, utilizza un approccio interessante ma difficile perchè per presentare al pubblico il movimento parte da un qualcosa di già avviato e consolidato. Generalmente, quando ci si approccia a realtà differenti e circoscritte, gli sceneggiatori accompagnano il pubblico nella presentazione tramite un character che sperimenta esso stesso l’ingresso in questo ambiente nuovo, The Path in questo è diverso perchè aborra questo metodo preferendone uno opposto. La Goldberg designa il personaggio interpretato da Aaron Paul come prescelto e tramite lui ci introduce in questa realtà che lui stesso è portato ad abbandonare. Quindi si opta per una conoscenze “per abbandono” e non “per ingresso”.
Questa scelta, per quanto apprezzabile data la freschezza della narrazione, è però appiedata dalla difficoltà insita in una narrazione che non è accompagnata adeguatamente da una regia e una sceneggiatura facili. Anzi, la regia di “What The Fire Throws” è addirittura un deficit perchè, con i suoi continui salti temporali e di prospettive, aumenta il già difficile livello di comprensione della realtà e dei canoni del Meyerismo. In tal senso Mike Cahill non è stato per niente d’aiuto, anzi.
Se si dovesse valutare The Path solo dal pilot saremmo quasi tentati di elargire uno Slap Them All ma, fortunatamente, Hulu ha reso subito disponibile anche il secondo episodio che annulla l’effetto negativo della series premiere e la sostituisce con enfasi e critiche positive. “The Era Of The Way” è infatti uno di quegli strani casi in cui il secondo episodio è migliore del primo. Si, per davvero. Tramite una narrazione ed una regia più tradizionale (sempre dello stesso Cahill) si riesce a compiere quell’approccio iniziale che non era riuscito con il pilot e che qui si compie definitivamente sancendo un legame con lo spettatore. Si viene a creare finalmente una certa chiarezza circa il vero motivo per il quale Eddie Lane voglia abbandonare il movimento, si comprende maggiormente il ruolo di leader autoconsacrato di Cal Roberts e in generale ci si fa un’idea più chiara del Meyerismo.
“What The Fire Throws” introduce in maniera confusa personaggi e situazioni che non sono subito comprensibili nè ad inizio, nè a fine puntata. Il limite del pilota è infatti quello di voler mantenere un certo distacco nella narrazione, quasi optando per un approccio più mistico e visionario che reale e religioso. Il problema è che con questo approccio si evidenziano delle caratteristiche che portano la serie ad essere paragonata per certi versi con The Leftovers quando, e lo dimostra “The Era Of The Way”, in realtà non c’è assolutamente nulla di mistico e inspiegabile. Vantaggio e svantaggio.
In tutto ciò a poter fare le differenze sono le interpretazioni dei vari Aaron Paul, Michelle Monaghan, Emma Greenwell e Hugh Dancy, tutti attori con un grande potenziale già dimostrato e che sono stati eletti a colonne portanti dello show. Ovviamente il triangolo sentimentale che si è creato sin da subito tra i personaggi di Dancy-Paul-Monaghan è volutamente centrale e verrà esaminato ulteriormente con il passare del tempo quando, facendo una previsione nel lungo periodo, il matrimonio tra Eddie e Sarah subirà ulteriori scossoni a causa dei dubbi di Eddie sul movimento. Inutile dire che la visione del Dr. Steven Meyer in coma con un pitone albino sopra ha una certa rilevanza.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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What The Fire Throws 1×01 | ND milioni – ND rating |
The Era Of The Way 1×02 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.