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Puntata dopo puntata, Vikings arranca faticosamente verso un season finale chiamato a dare senso a una stagione che finora ha suscitato più perplessità che entusiasmi, più delusioni che soddisfazioni. E purtroppo “The Most Terrible Thing” non fa nulla per invertire questa tendenza, al punto da portare a chiedersi se il titolo dell’episodio alluda alla sciagurata (col senno di poi) decisione di Michael Hirst e di History di andare oltre la quarta stagione.
Le vicende islandesi di Floki, Edge Kjetill e compagnia bella ne sono la prova lampante. Abbiamo più volte sollevato dubbi sull’utilità di questa storyline ai fini della trama generale e quei dubbi continuano ad attanagliarci anche dopo il sanguinolento colpo di scena di questa settimana, che vede il pacifico Kjetill e suo figlio trasformarsi in carnefici privi di scrupoli mandando al Creatore metà della popolazione islandese. E’ un ribaltamento della situazione inaspettato e nel contempo assai credibile, perché il vichingo interpretato dall’ex-wrestler si è sempre mostrato un bonaccione dall’animo nobile ma aveva tutte le ragioni per volersi vendicare sull’altra famiglia di coloni; ed è un evento di rottura che segna il naufragio definitivo dell’utopia di Floki, che dopo aver perso il migliore amico, la moglie, la figlia e la figlia adottiva vede affondare anche il sogno di creare una comunità pura.
Il colpo finale è dato dal suicidio di Aud, con cui Floki perde la persona che più di chiunque altro credeva nella sua visione, nel suo progetto. Eppure nemmeno questi ultimi eventi cancellano il fatto che l’avventura islandese sia uno spin-off completamente slegato dalle altre trame e incapace di avvincere lo spettatore, incentrato su un personaggio che ha perso tutto il vecchio smalto e che forse sarebbe stato meglio far uscire di scena (anche se almeno non ne hanno stravolto la dignità e la coerenza come con Lagertha e Rollo). Ci piace pensare che questa storyline voglia essere una metafora del tramonto definitivo del paganesimo norreno, al di là di tutti i bei proclami che Magnus faceva alla fine di “Hell”, perché solo così le si può trovare un senso accettabile.
Spostiamoci a sud, nella terra degli Anglosassoni. In quel di York, Björn e Harald dovrebbero preparare l’invasione del Wessex, ma la priorità per entrambi sembra essere la mano (per non dire altre parti del corpo, ma si scadrebbe nella volgarità) di Gunnhild, dando vita a un triangolo amoroso di cui francamente non si sentiva il bisogno, condito da dialoghi nauseanti degni di un teen drama o di una telenovela che portano a chiedersi se stiamo ancora vedendo Vikings o se per sbaglio siamo passati a Teen Wolf o a The Vampire Diaries. Se sei anni fa un John Titor a caso venuto dal futuro ci avesse detto che la serie sarebbe diventata Beautiful del IX secolo, probabilmente molti di noi gli avrebbero riso in faccia, e invece è proprio lo scenario che si è realizzato. Poco male, almeno sappiamo che mancano “solo” ventitré episodi alla fine di questo supplizio.
Il colpo finale è dato dal suicidio di Aud, con cui Floki perde la persona che più di chiunque altro credeva nella sua visione, nel suo progetto. Eppure nemmeno questi ultimi eventi cancellano il fatto che l’avventura islandese sia uno spin-off completamente slegato dalle altre trame e incapace di avvincere lo spettatore, incentrato su un personaggio che ha perso tutto il vecchio smalto e che forse sarebbe stato meglio far uscire di scena (anche se almeno non ne hanno stravolto la dignità e la coerenza come con Lagertha e Rollo). Ci piace pensare che questa storyline voglia essere una metafora del tramonto definitivo del paganesimo norreno, al di là di tutti i bei proclami che Magnus faceva alla fine di “Hell”, perché solo così le si può trovare un senso accettabile.
Spostiamoci a sud, nella terra degli Anglosassoni. In quel di York, Björn e Harald dovrebbero preparare l’invasione del Wessex, ma la priorità per entrambi sembra essere la mano (per non dire altre parti del corpo, ma si scadrebbe nella volgarità) di Gunnhild, dando vita a un triangolo amoroso di cui francamente non si sentiva il bisogno, condito da dialoghi nauseanti degni di un teen drama o di una telenovela che portano a chiedersi se stiamo ancora vedendo Vikings o se per sbaglio siamo passati a Teen Wolf o a The Vampire Diaries. Se sei anni fa un John Titor a caso venuto dal futuro ci avesse detto che la serie sarebbe diventata Beautiful del IX secolo, probabilmente molti di noi gli avrebbero riso in faccia, e invece è proprio lo scenario che si è realizzato. Poco male, almeno sappiamo che mancano “solo” ventitré episodi alla fine di questo supplizio.
Ancora più a sud, a Winchester, prima ancora che l’invasione danese re Alfred deve gestire la morte del fratellastro, di cui viene a sapere in una scena tragicomica che lo vede irrompere spaesato al funerale, senza sapere di chi si stanno celebrando le esequie. Judith si conferma ancora una volta un personaggio molto controverso, capace non solo di ammazzare un figlio ma anche di ammantare l’atto di giustificazioni e attenuanti che a un certo punto risultano a dir poco ipocrite: perché se è vero che Aethelred ha cospirato contro il fratello, è altrettanto vero che la catena di eventi che hanno condotto a ciò è partita dalla decisione della regina madre di appoggiare un figlio, minore e per di più bastardo, invece di un altro.
Troppo comodo comportarsi da pessimo genitore, distinguendo tra figli di serie A e figli di serie B, e poi atteggiarsi a madre sofferente costretta dagli altri a macchiarsi le mani di sangue. Ciò non toglie che Judith continui a rappresentare per il giovane re una figura ancora fondamentale, disposta a compiere atti che il ragazzo invece non prenderebbe nemmeno in considerazione, così come fondamentale appare l’apporto di Ubbe, che va a riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa di Heahmund fornendo esperienza e genio militare. Le prossime puntate ci diranno quanto è stato fruttuoso per la nascente Inghilterra l’acquisto del Ragnarsson.
Troppo comodo comportarsi da pessimo genitore, distinguendo tra figli di serie A e figli di serie B, e poi atteggiarsi a madre sofferente costretta dagli altri a macchiarsi le mani di sangue. Ciò non toglie che Judith continui a rappresentare per il giovane re una figura ancora fondamentale, disposta a compiere atti che il ragazzo invece non prenderebbe nemmeno in considerazione, così come fondamentale appare l’apporto di Ubbe, che va a riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa di Heahmund fornendo esperienza e genio militare. Le prossime puntate ci diranno quanto è stato fruttuoso per la nascente Inghilterra l’acquisto del Ragnarsson.
Infine, Kattegat. Quest’ultima storyline sta soffrendo di una certa staticità nelle ultime puntate, nel senso che le scene che vi si svolgono vanno ripetendo semplicemente lo stesso copione: Ivar sempre più vittima di un delirio di onnipotenza dai contorni quasi caricaturali, Hvitserk sempre più scontento e prossimo alla rottura col fratello. Tuttavia c’è una certa aria di novità, perché la partenza di Hvitserk per una missione diplomatica e le parole che rivolge all’amante di turno prima di salpare lasciano pochi dubbi sul fatto che il momento della riscossa del Ragnarsson più bistrattato dalla sceneggiatura sia ormai alle porte. Se poi tutto si risolverà in una bolla di sapone, almeno avremo un altro elemento da aggiungere alla lista dei motivi per cui la quinta stagione di Vikings andrebbe proiettata nelle scuole e nelle accademie per insegnare come non sceneggiare una serie televisiva.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Il sanguinolento plot twist in Islanda e la promessa di un’evoluzione del personaggio di Hvitserk sono troppo poco per salvare “The Most Terrible Thing”. Restano tre episodi a questa stagione e confidare nelle capacità di Michael Hirst diventa sempre più difficile.
The Buddha 5×16 | 1.64 milioni – 0.4 rating |
The Most Terrible Thing 5×17 | 1.53 milioni – 0.4 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.