“I’m going to end this.”
E’ difficile partire con la recensione relativa all’episodio conclusivo di questo quinto ciclo di Luther, senza fare il minimo accenno o riferimento alla domanda che ha magnetizzato l’attenzione del pubblico: siamo giunti alla fine del ciclo narrativo per Luther?
Trovare una risposta univoca a questa domanda risulta abbastanza complesso. Ecco, quindi, che diventa utile separare la risposta a seconda di sceneggiatura e di rottura con il passato.
Per stessa ammissione di Idris Elba “This season is not the end”, quindi è facilmente intuibile che una futura sesta stagione sia già in lavorazione o comunque vedrà la luce: Neil Cross ha da sempre abituato il proprio pubblico a lunghe pause tra un ciclo narrativo e l’altro, quindi è probabile se ne riparlerà ben più avanti nel tempo. Relativamente alla sceneggiatura, quindi, Luther sembra poter avere un certo tipo di seguito ed è innegabile che la qualità (consci del fatto che stiamo parlando di una serie tv con all’attivo solamente venti episodi in totale) è rimasta ben sopra la media senza subire delle vere e proprie battute d’arresto. La quarta è stata una stagione forse insipida sotto determinati punti di vista, ma considerato il ponte narrativo creato per questa quinta stagione, risulta giustificabile (il vero errore è stato, al tempo, produrre due episodi e poi mandare tutto in pausa per quattro anni).
Luther ha una moltitudine di storie da raccontare, di cattivi da sviscerare ed analizzare e, soprattutto ora che il protagonista è stato arrestato con dei capi di accusa ben gravi, la narrazione precipita nel caos più totale. Complice anche la probabile uscita di scena della villain per eccellenza, Alice, tornata all’interno della serie sia per colmare i buchi narrativi creatisi a cavallo tra terza e quarta stagione, sia per salutare forse definitivamente il proprio pubblico.
E’ naturale avere dubbi al riguardo, perché il mondo delle serie tv ha abituato il proprio pubblico a qualsiasi colpo di scena, specialmente per gli appassionati di The X-Files, dove The Smoking Man appariva semplicemente immortale: Alice è morta oppure no? Il suo corpo riverso a terra inerme e la caduta lasciano intendere una sua dipartita, ma il fatto che tutto si concluda lì, senza la minima analisi, getta un velo di dubbi e di aspettative che dovranno prima o poi essere affrontate (dalla produzione e dagli sceneggiatori).
Per quanto riguarda la rottura del passato, invece, Luther potrebbe essere arrivato al termine del suo ciclo narrativo? Probabilmente sì, ed è un fattore che si nota con l’amaro in bocca nel momento in cui l’ennesimo nuovo personaggio da poco introdotto all’interno della serie viene malamente eliminato invece di essere sfruttato in maniera più ampia e diversificata.
Catherine Halliday poteva chiaramente essere sfruttata in misura maggiore invece di diventare semplice casus belli tramite i quali iniziare la vera caccia all’uomo (con conseguente cattura) nei confronti di Luther. Vedere fuori dai giochi sia Benny, sia Alice (probabilmente) acuisce questa sensazione di abbandono nello spettatore: disorientato ed insicuro relativamente a quali volti, in una futura sesta stagione, si ritroverebbe dinanzi.
E’ da evidenziarsi la stessa problematica, narrativamente parlando, che già si era evidenziata nella quarta stagione: per riuscire a concedere maggiore spazio alle problematiche personali di Luther, il caso viene circoscritto in pochissime scene e trova conclusione in maniera fin troppo semplice. Tutto questo affinché Alice, John, George ed il capo Schenk riescano a ritagliarsi il loro giusto spazio all’interno della narrazione approfondendo i loro singoli legami e, quando necessario, arrivare a tradire o minacciare di morte.
A far storcere ulteriormente il naso è il presunto addio di Alice, che nel caso si rivelasse vero, scatenerebbe giustamente del rammarico nel proprio pubblico non tanto per il veder allontanarsi dalla serie Ruth Wilson, quanto più per le modalità della morte.
Quando Justin Ripley venne ucciso tutto risultò costruito in maniera tale da colpire in pieno stomaco lo spettatore: le ultime energie di Justin vennero sprecate tra le mani di un disperato John, consapevole di essere lui il silenzioso colpevole di quanto avvenuto al suo ex collega (ed amico).
In “Episode 4” si cerca di ricostruire la stessa scena, con il desiderio di mantenere la stessa funzionalità. Tuttavia, è tutto troppo frettoloso e veloce per colpire realmente lo spettatore: gli sguardi sono fugaci e rapidi, tutto si svolge nel totale mutismo e la musicalità viene a mancare. Se quella scena doveva rappresentare l’addio di Alice c’è solo da mettersi le mani nei capelli, ma sarà il tempo a dar valore o meno a questa supposizione.
Per ora, Luther rimane uno show coraggioso che decide di spingersi oltre, portando all’arresto il proprio personaggio principale con una più che valida caduta nel baratro da parte di John. Una scelta che nemmeno The Shield, ai tempi, aveva deciso di affrontare.
Touché.
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Episode 3 5×03 | ND milioni – ND rating |
Episode 4 5×04 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.