0
(0)
In Dogs Of Berlin sono definitivamente saltati tutti gli schemi e tutte le fazioni fin qui presentate e diventate oggetto, con il passare delle puntate, di svariate e discutibilissime sottotrame.
Il finale di “Länderspiel”, con l’inizio della guerriglia tra neo nazisti e turchi, vede il suo proseguimento in questo nono e penultimo appuntamento per Dogs Of Berlin.
La validità della storia viene mantenuta e, facendo una rapida valutazione su cosa esattamente la puntata si sia soffermata, è facilmente intuibile cosa esattamente non abbia correttamente funzionato in questa serie. L’elemento mancante? La continua lotta contro il tempo di Kurt ed una moltitudine di problematiche lavorative ed economiche senza eguali.
Nel momento in cui questi elementi vengono a mancare all’interno dell’episodio la storia decolla; Kurt riesce ad avere maggiore minutaggio a disposizione per destreggiarsi tra lato buono e lato cattivo; i personaggi di contorno assumono una valenza più credibile e non di puri e semplici pupazzi pronti a dichiarare guerra al detective. La storia, quindi, quando si libera del fardello riguardante le sottotrame di Kurt, decolla e funziona alla perfezione.
Risulta spontaneo, allora, chiedersi perché si sia preferito continuare per sette episodi con la consueta litania invece di arginare il tutto ed accelerare la storia. Perché sprecare un così alto minutaggio con problematiche che, come si era preventivato più volte, risultano fini a se stesse senza risvolti o pericolose appendici.
Una reale risposta difficilmente si avrà, ma Dogs Of Berlin rappresenta da questo punto di vista, della gestione del minutaggio, una gigantesca scommessa persa da parte di Netflix.
La sceneggiatura raggiunge un ulteriore punto di sviluppo e si prostra per un attimo alla volontà di semplificare e riassumere il racconto: tutte le varie indagini fin qui presentate, episodio dopo episodio, vengono amalgamate e concentrate all’interno della task force inizialmente fondata per la ricerca dell’assassino della stella della nazionale tedesca.
Un assassino che viene finalmente svelato e rappresenta la risoluzione più logica e semplice che poteva essere trovata ad un caso che, effettivamente, rappresenta più la scusante per delle azioni di polizia ben più ampie: insomma, del calciatore si è parlato davvero poco e ad un certo punto il focus si era spostato totalmente sulla macchina sportiva del campione, in modo del tutto casuale.
Per fortuna che, da questo punto di vista, la serie ha deciso di chiarire il tutto già prima del finale, così da concedere maggiore minutaggio a possibili risvolti riguardanti le incursioni della polizia nei confronti dei vari clan (Kovac, Tarik Amir).
Nonostante le vigorose pulizie primaverili, Dogs Of Berlin continua ad avvalersi di sottotrame al momento di gran poco interesse, quali per esempio la ricerca della verità da parte di Trinity (un personaggio apparso a più riprese interessante ma dimenticato chissà per quale motivo dagli sceneggiatori) ed i tradimenti in casa Tarik Amir.
D’altra parte, sarebbe stato fin troppo eccessivo attendersi un episodio votato alla perfezione, anche se c’è da sottolineare come la scena della sparatoria-agguato in cui viene coinvolto Erol valga da sola la visione dell’episodio: non rappresenterà una trovata geniale dal punto di vista della sceneggiatura (il commando mandato risulta essere oltremodo incapace nel ruolo affidatogli), ma relativamente al comparto registico c’è ben poco da obbiettare vista e considerata una qualità d’altissimo livello.
Erol sembra aver finalmente deciso di unirsi al Lato Oscuro e diventare l’apprendista Sith di Kurt, il Maestro: la scelta della porta B comporta una grande maestria con le bugie e soprattutto una macchia indelebile sul proprio curriculum e sulla propria coscienza.
Ma la decisione sembra essere stata ormai presa e pare irrevocabile.
Il finale di “Länderspiel”, con l’inizio della guerriglia tra neo nazisti e turchi, vede il suo proseguimento in questo nono e penultimo appuntamento per Dogs Of Berlin.
La validità della storia viene mantenuta e, facendo una rapida valutazione su cosa esattamente la puntata si sia soffermata, è facilmente intuibile cosa esattamente non abbia correttamente funzionato in questa serie. L’elemento mancante? La continua lotta contro il tempo di Kurt ed una moltitudine di problematiche lavorative ed economiche senza eguali.
Nel momento in cui questi elementi vengono a mancare all’interno dell’episodio la storia decolla; Kurt riesce ad avere maggiore minutaggio a disposizione per destreggiarsi tra lato buono e lato cattivo; i personaggi di contorno assumono una valenza più credibile e non di puri e semplici pupazzi pronti a dichiarare guerra al detective. La storia, quindi, quando si libera del fardello riguardante le sottotrame di Kurt, decolla e funziona alla perfezione.
Risulta spontaneo, allora, chiedersi perché si sia preferito continuare per sette episodi con la consueta litania invece di arginare il tutto ed accelerare la storia. Perché sprecare un così alto minutaggio con problematiche che, come si era preventivato più volte, risultano fini a se stesse senza risvolti o pericolose appendici.
Una reale risposta difficilmente si avrà, ma Dogs Of Berlin rappresenta da questo punto di vista, della gestione del minutaggio, una gigantesca scommessa persa da parte di Netflix.
La sceneggiatura raggiunge un ulteriore punto di sviluppo e si prostra per un attimo alla volontà di semplificare e riassumere il racconto: tutte le varie indagini fin qui presentate, episodio dopo episodio, vengono amalgamate e concentrate all’interno della task force inizialmente fondata per la ricerca dell’assassino della stella della nazionale tedesca.
Un assassino che viene finalmente svelato e rappresenta la risoluzione più logica e semplice che poteva essere trovata ad un caso che, effettivamente, rappresenta più la scusante per delle azioni di polizia ben più ampie: insomma, del calciatore si è parlato davvero poco e ad un certo punto il focus si era spostato totalmente sulla macchina sportiva del campione, in modo del tutto casuale.
Per fortuna che, da questo punto di vista, la serie ha deciso di chiarire il tutto già prima del finale, così da concedere maggiore minutaggio a possibili risvolti riguardanti le incursioni della polizia nei confronti dei vari clan (Kovac, Tarik Amir).
Nonostante le vigorose pulizie primaverili, Dogs Of Berlin continua ad avvalersi di sottotrame al momento di gran poco interesse, quali per esempio la ricerca della verità da parte di Trinity (un personaggio apparso a più riprese interessante ma dimenticato chissà per quale motivo dagli sceneggiatori) ed i tradimenti in casa Tarik Amir.
D’altra parte, sarebbe stato fin troppo eccessivo attendersi un episodio votato alla perfezione, anche se c’è da sottolineare come la scena della sparatoria-agguato in cui viene coinvolto Erol valga da sola la visione dell’episodio: non rappresenterà una trovata geniale dal punto di vista della sceneggiatura (il commando mandato risulta essere oltremodo incapace nel ruolo affidatogli), ma relativamente al comparto registico c’è ben poco da obbiettare vista e considerata una qualità d’altissimo livello.
Erol sembra aver finalmente deciso di unirsi al Lato Oscuro e diventare l’apprendista Sith di Kurt, il Maestro: la scelta della porta B comporta una grande maestria con le bugie e soprattutto una macchia indelebile sul proprio curriculum e sulla propria coscienza.
Ma la decisione sembra essere stata ormai presa e pare irrevocabile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Se Dogs Of Berlin fosse stato su questo livello qualitativo-narrativo anche in tutte le precedenti puntate, il giudizio generale sarebbe stato ben diverso. Ma tanto vale accontentarsi.
Länderspiel 1×08 | ND milioni – ND rating |
Verlängerung 1×09 | ND milioni – ND rating |

Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.