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Marvel’s Daredevil 1×01 – Into The RingTEMPO DI LETTURA 15 min

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Episodi del genere mettono sempre in crisi noi recensori di Recenserie. Non perché ci sia qualcosa di male all’interno della puntata da criticare e bisogna raccogliere il coraggio per poterne parlare, sia chiaro, ma perché ci sono così tanti elementi di cui discutere che non si sa nemmeno da dove iniziare; ma forse, proprio l’inizio, è un buon punto di partenza. Uno dei più grandi tabù di ogni cinecomics, è sempre stato (e sempre sarà) quello di estrapolare il protagonista e il suo cast ricorrente di personaggi, dal fumetto, al piccolo/grande schermo, apportando i cambiamenti richiesti dal cambio di format senza che questi cambino la natura del personaggio in questione, dando una versione infedele dello stesso. Insomma, cercare di farlo diverso, ma uguale. Eppure, il duo Netflix/Marvel Television riesce in questa miracolata impresa con la prima delle quattro serie tv ambientate nel Marvel Cinematic Universe create appositamente per il portale pay-per-view Netflix: Marvel’s Daredevil, che con “Into The Ring” confeziona un inizio di stagione eclatante, solido, spettacolare e pieno di promesse.
Ovviamente, un mago non svela mai i suoi trucchi e (poco ma sicuro) gli studios incaricarti della produzione del serial non ci diranno come hanno fatto e mettere a segno un così succulento colpaccio, ma questo non vuole dire che non lo possiamo dedurre. Un errore, che molti cinecomics e serial comics hanno commesso finora, è sempre stato quello di rendere credibile il personaggio per il nuovo format a cui era indirizzato perché le “robe da fumetto” non funzionano davanti la camera da presa. Lavorando quindi sulle sue caratteristiche personali e “bonificando” lì dove (secondo loro) andava bonificato, sono stati prodotti spesso e volentieri totali scempi di caratterizzazione (qualcuno ha detto Ghost Rider?); gli showrunner, questa volta, dimostrano di aver studiato gli autori che resero grande il difensore di Hell’s Kitchen e decidono di ripetere la magia messa a segno da Frank Miller quando prese in mano la testata durante gli anni ’80. Più che correggere e rivedere, il padre di opere come Sin City e Ronin cambiò non il contenuto, ma la modalità di narrazione, sostituendo quell’enfasi fatta di frasi sfarzose, punti esclamativi, disegni e colori sgargianti e pop, con un linguaggio ricercato, fatto di dialoghi taglienti e accompagnato da uno stile profondamente caratterizzato da inquadrature particolari e costanti giochi di luci e ombre fedeli alla tradizione hard-boiled.
Drew Goddard e Steven S. DeKnight ripetono l’abrakadabra dell’autore di 300, sfoggiando una regia degna di un film d’autore e una fotografia cupa e intrigante, donando al serial tv una precisa identità dark e noir: azzeccare la tonalità di narrazione e rappresentazione era fondamentale per la buona riuscita di Marvel’s Daredevil e, una volta riusciti in questa piccola grande impresa, tutto il resto è stato in discesa. Ora che il “come” raccontarlo era stato superbamente messo a segno, rimaneva il “cosa” raccontare, che si presentava come impresa decisamente più facile: bastava semplicemente riportare gli elementi fumettistici in quelli televisivi, cosa che è stata effettivamente fatta.
Pur essendo ambientato nel Marvel Cinematic Universe, il mondo del Cornetto si caratterizza come un sottobosco narrativo a sé stante, presentando da subito l’immagine di un Terzo Mondo Marveliano di cui molti ignorano l’esistenza e di cui nessuno si occupa. Anche se presentato brevemente, il set-up senza speranza e intriso di crimine e violenza di Hell’s Kitchen è decisamente quello dei comics, e riesce a rappresentare perfettamente il quartiere Newyorkese come una città nella città, dimenticata però da Dio e lasciata alla mercé di uomini gretti e spietati. Ma a preoccuparsi di questa città senza speranza, c’è un uomo senza paura: c’è Matt Murdock, attualmente vigilante senza nome e vestito con un costume nero assemblato con indumenti di fortuna, che contribuisce a donarci un’inedita visione del supereroe. Ovviamente, per chi vive a pane e fumetti, tutto questo non è una novità, ma lo è per i serial comics e per l’universo in cui Marvel’s Daredevil è ambientato; difatti, Devil è finora il primo e unico eroe senza un identità segreta di dominio pubblico, ma sprovvisto anche di un nome di battaglia con cui la gente lo possa identificare, dimostrando che essere dei giustizieri non significa necessariamente essere famosi o al centro dell’attenzione (vero Iron Man?).
In questa sublime prova di Charlie Cox, perfettamente a suo agio nelle vesti del personaggio (così come il resto del cast, che ha dimostrato una superba immedesimazione), assistiamo ad un nervo costantemente scoperto della società del MCU, dove la lotta al crimine non è una caccia alla gloria, ma una guerra combattuta giorno per giorno e ora per ora, tra il sangue, il sudore ed il sacrificio: una guerra infame costellata da una serie di vittorie di Pirro che riproducono un infinito arrancare contro un male che si può solo faticosamente arginare, ma mai debellare definitivamente o arrestare per un lungo periodo di tempo. Questo concetto è anche maggiormente rafforzato dall’umanità e la vulnerabilità del protagonista, il quale, nonostante le grandiose abilità combattive e i suoi “superpoteri”, rimane comunque fortemente legato alla mortalità: e proprio qui, entra in gioco una componente che rende già da subito unico il Diavolo Rosso. Pur avendo dei poteri, quest’ultimi non sono presentati come tali, perché (a conti fatti) è come se non lo fossero; ve lo ricordate quel gioco per PlayStation 2 intitolato Max Payne, dove c’era la possibilità di attivare un bullet time, rallentando così il tempo e permettendo al giocatore di eliminare i nemici con più cura? Ecco, i poteri di Devil sono la stessa cosa, non sono una qualità che lo rende invincibile, ma solo un aiuto in più: tutta la sua forza, deriva da un duro e massacrante allenamento che persegue ogni giorno; è come correre in bicicletta: se vinci il Giro D’Italia non è grazie alla bici in carbonio o ai suoi sette cambi, ma alle gambe ed all’allenamento martoriante.
È innegabile che la regia abbia un’importanza vitale nella resa di questo pilot, forse ben più che vitale. L’utilizzo dei giochi di luce, del chiaro scuro e di improvvisi colori accesi di tanto in tanto, garantiscono ad “Into The Ring” una resa quasi cinematografica, segno di un impegno immenso ed attento ad ogni particolare. La scelta di assegnare la regia di questo pilot a Phil Abraham potrebbe non dirvi niente ma in realtà questo nome basta da sè a garantire ben più che un sospiro di sollievo già prima di incominciare la visione della puntata. Abraham, vincitore di un Emmy come “Outstanding Cinematography for a One Hour Series” per il pilot di Mad Men, è stato il direttore della fotografia di tutte e 6 le stagioni di The Sopranos, un serie che, per molti aspetti, ha molti elementi in comune con questa. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la resa di certe scene, di combattimento e non, riescono a mettere lo spettatore nei panni di Matt Murdock riuscendo a trasmettere l’attenzione al dettaglio in maniera eccellente. Tra i poteri di Murdock, come si evince anche dalla visione, c’è un udito molto sviluppato ma anche la capacità di percepire distintamente suoni lievissimi o battiti cardiaci di persone vicine. Quest’ultimo è un elemento che potrebbe passare inosservato ma in realtà garantisce sia un’attenta trasposizione fumettistica sia la possibilità di capire le azioni di Murdock basate sulla percezione della veridicità delle parole dette, come reso nel caso di Karen Page tramite un battito accelerato. Avere a disposizione una macchina della verità costante è ben più che un semplice vantaggio.
Il format seriale poi, aiuta certamente a delineare una poetica di un personaggio difficilmente comprimibile in una/due ore di film (Ben Affleck, questo, lo sa molto bene), cosa che permette di spaziare magistralmente tra le origini del personaggio (mostrate con il contagocce per non aumentare l’insofferenza del pubblico verso le origin-story dei supereroi), il genere noir/poliziesco di cui è intrisa la serie (e che darà vita ad una sempre epica discussione tra legge e giustizia), le varie interazioni con i personaggi e tutti gli altri piccoli dettagli che hanno già reso questa serie uno dei migliori serial comics mai rilasciati finora.
Errori storici e clamorosi come la già citata omonima versione cinematografica di Ben Affleck sono serviti per evitare altre gaffe e per ideare un approccio corretto a seconda del personaggio da trasporre. Difficilmente si potrebbe vedere questa versione di Daredevil su uno dei 5 canali principali, questo perchè, per questioni di rating, censure e tematiche, su molte cose si dovrebbe patteggiare. Da questo punto di vista quindi “l’effetto Netflix” è un enorme, quanto dimenticato, dettaglio che va preso in considerazione e che, per quanto visto in questi 51 minuti e 28 secondi, fa decisamente la differenza.

 

L’angolo del Nerd della fumetteria all’angolo
 
Poteva RecenSerie non sbattersi per voi a raccattare tutte le curiosità, e le ammiccate d’occhio per questa incarnazione live-action del difensore di Hell’s Kitchen? Maccerto che no! Doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, di seguito, come fatto per Marvel’s Agents OfS.H.I.E.L.D.Marvel’s Agent CarterThe Flash e Gotham eccovi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia sulla puntata.
  1. Quando cominciarono a girare le prime immagini ufficiali del costume di Devil (tra cui quella utilizzata in apertura) la Marvel allegò una tavola presa dalla miniserie “Daredevil: The Man Without Fear”. La Casa Delle Idee decise di giocarsela così per due motivi: 1°) Per dimostrare quanto la produzione fosse rimasta fedele al concept originale; 2°) Perché la versione del personaggio incarnata da Ben Affleck, venne preceduta da un previo adattamento televisivo già vista nel film per la TV intitolato “Processo all’ Incredibile Hulk”; il lungometraggio era uno dei tre film realizzati per la TV che ponevano fine alle vicende del telefilm con Bill Bixby nel ruolo di David Bruce Banner e Lou Ferrigno in quello di Hulk. In questa pellicola, Banner viene arrestato per svariate magagne e tocca a Matt Murdock scagionarlo e, contemporaneamente, capire cosa cavolo centra Kingpin in tutto questo. In questo primo debutto cinematografico del Diavolo Rosso, Matt Murdock/Devil è interpretato da Rex Smith e il costume che indossa è una versione in spandex di quella che abbiamo visto nell’episodio e nelle immagini promozionali; allegando però le immagini provenienti dal fumetto, si cercava di comunicare ai fan di non confondersi con quella versione (nel caso qualcuno se la ricordasse).
  2. Tra le altre cose, l’episodio sopracitato avrebbe dovuto introdurre il personaggio di Daredevil sul piccolo schermo in previsione di una relativa serie, ma non se ne fece mai niente perché il supereroe cieco venne presentato e caratterizzato in una maniera completamente differente da quella originale; la cosa causò sdegno da parte di Stan Lee, il quale si dissociò dall’opera.
  3. “L’incidente” a cui tutti si riferiscono, ma che nessuno sembra apparentemente voglia di esplicitare, è l’invasione aliena da parte dei Chitauri respinta dai Vendicatori nel film Avengers.
  4. Susan Harris, Daniel Fisher e Madame Gao sono personaggi inventati appositamente per lo show, così come la Union Allied Construction.
  5. Nella lista di personaggi inventati per lo show, volevamo anche inserire Nobu, ma il nostro Senso di Ragno ha pizzicato fortemente durante le scene di chiusura di “Into The Ring”. Nella scena che lo riguarda, visto il dispiegarsi della cartina con al centro degli ideogrammi Giapponesi, siamo portati a pensare che il nome Nobu sia un diminutivo di Kagenobu Yoshioka, personaggio che, nell’Universo Marvel cartaceo, è conosciuto per esser stato il fondatore de La Mano: setta di guerrieri ninja in qualche modo legata al mondo dell’occulto che esiste, segretamente, da secoli.
  6. Nella puntata viene citato un certo “Rigoletto”. Il nome si riferisce al personaggio di Don Dante Rigoletto, spietato ed infame boss della mafia Newyorkese, nonché predecessore di Wilson Fisk al titolo di Kingpin: il “capo dei capi” del crimine organizzato. Debuttò su Daredevil: The Man Without Fear #3 del 1993 e, apparentemente, sembra esser stato ucciso dalla guardia del corpo di Fisk sulle pagine di Amazing Spider-Man #-1 del 1997.
  7. Il sicario che combatte contro il Diavolo (non ancora) Rosso della Marvel viene chiamato “Rance”. L’unico personaggio del mondo cartaceo della Marvel Comics che risponde a tal nome, è Rance Preston, altrimenti noto come Live Wire. Siccome non vengono date sufficienti informazioni su di lui, e siccome ci lascia anche molto presto, Rance potrebbe essere un personaggio inventato appositamente per lo show, oltre che un caso di omonimia; a scanso di equivoci, però, meglio non dare tutto tropo per scontato: quindi, ecco la storia cartacea di Live Wire. Si presenta su Fantastic Four Annual #5 del 1967 come uno degli scagnozzi di Psycho Man (celebre avversario del quartetto) e armato di un lazo che produce elettricità al contatto; la sua carriera criminale non sarà mai particolarmente brillante e degna di nota, permettendo a Live Wire di classificarsi come un villain di Serie F zona retrocessione. La sua fine, sarà altrettanto deprimente come la sua carriera, dato che finirà mangiato dal serpente di compagnia di Princess Python durante un combattimento contro John Steele su Secret Avengers #29 del 2012.
  8. L’uomo chiamato Leland, è invece Leland Owlsley, meglio conosciuto come Il Gufo: uno dei primissimi nemici affrontati da Matt Murdock all’inizio della sua carriera, apparso per la prima volta su Daredevil #3 del 1964. Attualmente, la sua è solo una piccola partecipazione e non ricopre un ruolo importante nell’episodio, ma appena avrà una fetta di protagonismo in più, ve ne parleremo meglio.
  9. La palestra in cui Matt si reca per allenarsi è la Fogwell’s Gym, luogo abbastanza importante e ricorrente nelle storie del Diavolo Rosso. È il posto in cui Murdock, nella sua prima uscita come DD, viene a cercare vendetta presso Fixer: l’assassino di suo padre, come narrato su Daredevil #1 del 1964.
  10. All’interno della palestra, si può notare un cartello che pubblicizza un match di box tra dei certi “Creel” e “Murdock”. Il secondo nome si riferisce ovviamente a Jack Murdock, il padre del protagonista, mentre Creel si riferisce a Carl “Crusher” Creel, personaggio altrimenti noto come il villain Uomo Assorbente; se siete degli accaniti seguaci del Marvel Cinematic Universe, allora saprete che questa non è la prima volta che questo nome salta fuori, anzi: quest’ultimo ha fatto il suo debutto seriale nell’episodio “Shadow” di Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. Si consiglia di consultare quella recensione per saperne di più sul villain.
  11. Il prete con cui Matt parla agli inizio dell’episodio è stato accreditato col nome di “Padre Lantom”: ed, effettivamente, esiste un certo Padre Lantom nel Marvel Universe. Compare per la prima volta su The Runaways #9 del 2005 e dimostra di avere qualche legame con i vigilanti Cloak & Dagger, se non addirittura di essere un loro assiduo collaboratore.
  12. L’uomo di colore preso a calci ad inizio puntata è Turk Barrett, un criminale di mezza tacca e importante comprimario fisso nel cast di Devil sin dalla sua prima comparsa su Daredevil #69 del 1970. Anche qui, la sua è solo una piccola partecipazione e non ricopre un ruolo molto importante nell’episodio, ma appena avrà una fetta di protagonismo in più, ve ne parleremo meglio.
  13. L’uomo con gli occhiali che si mette in contatto con Il Gufo e che svolge tutte le funzioni per Wilson Fisk/Kingpin (anche se lui stesso riferisce che non vuole che il suo nome venga pronunciato) è James Wesley, la fidata guardia del corpo del capo dei capi Marveliano, oltre che suo referente e uomo tutto fare. Debutta su Daredevil #227 del 1986, proprio agli inizi della leggendaria “Daredevil: Born Again”, considerata da praticamente tutto il mondo come la miglior storia di Devil in assoluto.
  14. La frase “if there’s a stunning woman with questionable character” pronunciata da Foggy Nelson, descrive praticamente ogni tipo di interesse amoroso da cui Matt è attratto. Sono numerose, di fatti, le donne con un carattere forte e difficile con cui l’avvocato cieco di Hell’s Kitchen avrà a che fare e che, ad un certo punto della sua vita editoriale, gli spezzeranno il cuore. In questa lunga lista, figura anche il nome di una certa Natasha “Vedova Nera” Romanov.
  15. A differenza di quanto dichiarato da Foggy e Matt, i due soci si trovano apparentemente a dover far partire la loro attività da soli; nei fumetti, invece, venivano generosamente aiutati dal facoltoso padre di Nelson, che comprò loro tutto quello di cui avevano bisogno.
  16. Anche l’incontro di Matt e Foggy con Karen è molto diverso. Quando i due faranno partire la loro attività, la Page presenterà regolare curriculum e verrà assunta.
  17. Alla fine di “Into The Ring”, Karen è vestita di rosso. Anche se può essere frutto della deformazione professionale, i lettori di lunga data del personaggio non possono non fare un collegamento mentale con la miniserie “Daredevil: Yellow”: miniserie in cui vengono rivisitati i primi numeri della serie e viene mostrato come sia stata proprio Karen a suggerire a Devil che, con un costume rosso, sarebbe stato meglio, fornendo una spiegazione che (al tempo del cambio originale, avvenuto su Daredevil #7 del 1965) non era stata data.
  18. La schermaglia ad inizio episodio è parecchio fedele a quella vista su Daredevil #159 del 1979, con l’unica differenza che l’incontro criminoso non centrava con il traffico umano.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tonalità dark e noir combinate ad un’attenta regia svolgono un lavoro eccelso che agevola la trasposizione
  • Hell’s Kitchen
  • Nuova (e più umana) visione dell’eroe
  • Sublime e superba recitazione generale
  • Poteri non così super
  • Il format seriale aiuta
  • Tonnellate di easter egg
  • Si potrebbe discutere a lungo su quanto una chiavetta USB possa resistere sotto un diluvio universale, una caduta dal 2° piano ed un combattimento di svariati minuti. Fingeremo che sia fatta dello stesso materiale di un Nokia 3310 e passeremo oltre questo piccolo dettaglio

 

Forse è esagerato dirlo, ma il punto è che non si può sfuggire alla realtà dei fatti e l’esordio del Diavolo Custode della Marvel sul piccolo schermo è stato davvero sorprendente e mozzafiato. “Into The Ring” è un grande inizio che gode di una solidità e fluidità sorprendente, degna di un serial comics che si è già laureato come il migliore della sua specie e che, forse, deve a Netflix parte del merito.

 

Into The Ring 1×01 ND milioni – ND rating

 

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