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R.I.P (Recenserie In Peace) – The WireTEMPO DI LETTURA 6 min

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“A man must have a code.”
 
The Wire è una serie crime/drama andata in onda per cinque stagioni sul canale HBO nei primi anni 2000. La serie è stata scritta da David Simon, autore del libro Homicide: A Year On The Killing Street da cui poi la NBC, negli anni ’90, produsse la serie Homicide: Life On The Street. Per il taglio molto realistico, crudo e privo di qualsiasi edulcorazione nella costruzione narrativa delle stagioni (e anche perché ha in comunque lo stesso scrittore) The Wire e Homicide: Life On The Street sono considerate come dei serial fratelli. Il racconto della serie parte da un’indagine di polizia su una singola organizzazione criminale, ma ben presto si estende a tutto ciò che ruota intorno al traffico di droga. Infatti, ogni stagione racconta una indagine apparentemente a sé, ma che in realtà fa tutto parte di un’unica, grande trama enormemente sfaccettata, piena di particolari e di continui rimandi a casi già archiviati o lasciati in sospeso nelle precedenti stagioni. I richiami danno modo alla serie, nel suo prosieguo, di auto completarsi e perfezionarsi puntata dopo puntata, colmando lacune magari appositamente lasciate per un loro futuro recupero. 
Non esiste caso e non esistono cul-de-sac di trama in questa serie: inutile cercarli.

 

“Just ‘cause they’re in the street doesn’t mean that they lack opinions.”

 

Ogni stagione ha un tema centrale attorno al quale il plot narrativo si svolge: la prima stagione ha il compito di introdurre lo spettatore in quella che è la vita di strada di Baltimora e presentare nello specifico il dipartimento narcotici della polizia e la squadra operativa; all’opposto viene fatta conoscenza dell’organizzazione della famiglia Barksdale.
La seconda stagione, conclusa l’indagine della prima, vede lo spostarsi dell’attenzione della polizia parzialmente lontana dalle strade: il porto ed il traffico di merci (e droga) saranno al centro delle indagini e dei controlli da parte della polizia.
La terza stagione riprende in esame gli argomenti già trattati nella prima, ampliando il raggio delle indagini e prendendo finalmente in esame il tema della politica, tacitamente messo da parte nella prima annata del serial, che qui viene introdotto, ma che nelle successive due stagioni rappresenterà la vera colonna portante dei casi e delle vicende presentate all’interno dei vari episodi.
La quarta stagione avrà come tema trattato il sistema scolastico presente a Baltimora, non a caso i protagonisti di questa stagione (più che gli stessi poliziotti che già sono stati ampiamente trasposti ed analizzati) saranno dei giovani ragazzi di strada alla presa con la difficile scelta scuola/spaccio che in luogo talmente degradato e d’alta concentrazione criminale come quello in cui vivono sono quesiti sorti dalla lontananza dello Stato dalla protezione e dalla salvaguardia dei diritti di questi giovani cittadini.
La quinta ed ultima stagione prenderà in esame il tema dei media e della politica, concludendo ogni porzione di trama lasciata fino a lì in disparte. Come si diceva poco più sopra: non esiste un cul-de-sac.
Come potete vedere, anche se può sembrare che la storia di The Wire ripieghi poi verso altre tematiche, la missione principale dei protagonisti riuniti (all’inizio contro voglia) in questa squadra speciale sarà sempre quella di smantellare il traffico di droga di Evon Barksdale e così sarà fino alla fine della serie. Il punto (e il bello) è che l’impero di Barksdale è talmente ramificato nel tessuto sociale di Baltimora che, quando i protagonisti ne risalgono le radici per arrivare alla cima, finiscono per incappare in altre questioni e problemi, che poi il serial affronterà con il prosieguo della narrazione.

 

“No one wins. One side just loses more slowly.” 

 

Si può notare come The Wire presenti nel suo racconto episodico una vasta denuncia sociale riguardo al tema di abbandono dello Stato nei confronti di queste zone, riguardo anche alla polizia e ai suoi rapporti statistici falsati e che per nulla rispecchiano quella che è la vita di strada.
Lo stesso David Simon (il quale, per scrivere The Wire, ha utilizzato molto materiale preso dal suo libro anche per quanto concerne la creazione dei personaggi) ha sempre dichiarato che la serie è solo in apparenza un telefilm poliziesco, poiché in realtà mostra e analizza una panoramica dello stile di vita delle metropoli statunitense odierne attraverso un filtro fortemente pessimistico e disincantato. Ogni tematica e sua presa di posizione non è assolutamente campata per aria, poiché non solo descrive semplicemente il vero (basta aprire un quotidiano a caso per accertarsene), ma anche perché il serial è scritto da uno che ha passato un anno al seguito dell’unità omicidi del Dipartimento di polizia di Baltimora durante il 1988. 
Questo infatti lega ancora di più The Wire con Homicide: Life On The Street, poiché sono entrambe “fiction” senza essere veramente “fiction”
Ed è tutto ciò che eleva persone come Jimmy McNulty o Lester Freamon ad antieroi: per quanto i loro difetti li rendano talmente umani o addirittura persone per le quali si potrebbe provare odio, il loro impegno lavorativo ed il loro zelo per quanto concerne il tema della giustizia (al quale sono legati indissolubilmente), in questo contesto così degradato e lasciato a sé, li pone come degli eroi. O delle semplici pecore nere così vicine al macello, ma così dedite al loro lavoro.
Presa in considerazione la frase “agenti che lavorano stando fuori dagli schemi” potrebbero correre alla mente gli esempi di Luther, noto per il suo fare tendente al violento per concludere un’indagine; il buon Fox Mulder che tenta invece spesso e volentieri di inserire spiegazioni fantascientifiche all’interno del suo nuovo caso (spesso azzeccandoci); ma non è da sottovalutare quanto questa frase descriva in maniera perfetta la sezione operativa della polizia di Baltimora le cui operazioni sono narrate in The Wire. Pur di poter concludere le proprie indagini in maniera sontuosa e con un alto numero di arresti questo gruppo di poliziotti non si farà problemi nel saltare i propri capi in comando.
Ciò che qui viene evidenziato, dal loro modo di approcciarsi al caso e alla loro volontà di giustizia, è il tema dell’antieroicità dei poliziotti stessi: Jimmy McNulty ne è l’esempio calzante. Ogni suo minimo difetto viene più e più volte evidenziato, caratterizzandolo a dovere e dotando lo stesso di un realismo che si fatica ancora oggi a trovare in serie che vengono acclamate dal pubblico.
Ma non è l’unico: l’accurato realismo che segue pedissequamente ogni singola puntata lo si riscontra per ogni singolo personaggio e ciò è un elemento degno di una nota d’onore visto e considerato l’alto numero di figuranti all’interno di questa serie tv.

 

“…as I look back over a misspent life, I find myself more and more convinced that I had more fun doing news reporting than in any other enterprise. It is really the life of kings.”

 

Il cast della serie può contare su attori del calibro di Idris Elba (Luther), Dominic West (The Affair), Clarke Peters (Person Of Interest, Jessica Jones e apparso in True Detective), Lance Reddick (Fringe, Lost e Bosch) e Michael K. Williams (Boardwalk Empire, Hap and Leonard).
The Wire prende per mano il proprio spettatore e lo accompagna, non lasciandolo solo per nemmeno un episodio, in un lungo racconto pregno di tematiche sociali tramite l’artificio crime/drama che permette allo stesso di venir coinvolto, complici anche i personaggi realistici e strutturalmente perfetti in ogni loro difetto umano.
Sessanta episodi, tanto è servito a David Simon per confezionare una serie tv eccezionale, un racconto che non sfuma con il passare del tempo ma che invece prende forza e carica.
Semplicemente imperdibile.

 

Con la collaborazione di Gianvito di Muro, Valerio Di Paolo e Simone Pozzoli

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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