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Cusani: “Sai, siamo simili io e te. Stesse radici, stesse contraddizioni. Siamo degli idealisti venduti al potere.”
Notte: “E’ vero, ma in una cosa siamo molto diversi […] A te piace il sacrificio.”
Notte: “E’ vero, ma in una cosa siamo molto diversi […] A te piace il sacrificio.”
Con la consueta velocità che contraddistingue le produzioni italiane Sky, eccoci arrivati alla doppietta di episodi che precedono il season finale. Un season finale che, sarà un po’ per la rapidità d’esecuzione appena menzionata, un po’ per la sostanziale anonimia della stagione – e in generale della serie – non viene accompagnato dalla benché minima emozione. Citando un celebre annunciatore televisivo e servendoci di una delle frasi più catchy mai realizzate per la promozione di un cartone animato in terra nostrana, 1993 “non è cane e non è lupo, sa soltanto quello che non è“.
1993 non è un romanzo storico, semmai potremmo definirla fiction, non la classica fiction all’italiana destinata al pubblico ottuagenario, questo è vero, ma pur sempre fiction, mascherata bene da uno scenario storico senza dubbio interessante, non soltanto per l’estrema vicinanza storica del periodo, e arricchita da personaggi ben conosciuti come Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri o Antonio Di Pietro, per l’occasione rimaneggiati a dovere e trasformati in eroi/antieroi televisivi.
1993 non è un romanzo storico e lo sa, esattamente come Balto sapeva di non essere un lupo, e lo si vede nei momenti in cui lo scenario socio-politico entro cui i nostri personaggi si muovono viene totalmente lasciato in secondo piano a favore delle storyline fittizie create appositamente per gli interpreti principali. Nulla da dire, si tratterebbe anche di una decisione sacrosanta, se non fosse, ovviamente, per il risultato ottenuto. L’attenzione dello spettatore viene difficilmente attirata dal progredire delle trame dedicate a Notte, Bosco, Castello e tutti gli altri personaggi ideati aprendo una pagina a caso dello Zanichelli, mentre i picchi di maggiore interesse giungono proprio nei momenti in cui davanti alla telecamera fanno capolino i grandi protagonisti del periodo, Silvio in primis, soprattutto grazie all’impeccabile interpretazione di Paolo Pierobon, ma anche negli sporadici flashback che vedono un giovane Leonardo Notte alle prese con le lotte universitarie a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, più che altro per tornare a rivedere Vinicio Marchioni nei panni di Massimo D’Alema.
1993, però, non è nemmeno una fiction, e lo dimostra in quei pochi momenti durante i quali l’anno 1993 emerge prepotentemente. In questa occasione lo fa in particolare con la breve incursione di Indro Montanelli, interpretato dal grande Roberto Herlitzka, e la notizia della strage di via Palestro, tragedia che si inserisce sulla scia degli altri attentati del biennio ’92-’93, nel corso dei quali persero la vita ventuno persone tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il tutto viene poi impreziosito dalle immagini di repertorio utilizzate per commentare l’atto terroristico compiuto a Milano da Cosa Nostra, un elemento di pregio che, a parer nostro, dovrebbe scandire ciclicamente la narrazione.
I difetti della serie, alla fine dei conti, sono sempre gli stessi. A partire dal solito Stefano Accorsi che interpreta Stefano Accorsi, proseguendo per la poca fantasia nella gestione di alcune trame, portate spesso all’esasperazione a causa della reiterazione dei tratti caratteristici dei personaggi principali (Leonardo Notte il tenebroso, Pietro Bosco il bifolco in cerca di riscatto, Veronica Castello la showgirl che la dà a tutti pur di sfondare, ecc.) ridotti a semplici macchiette, finendo poi con un uso sfrontato della componente revival per farci rivivere l’atmosfera di quel decennio. E così, tra Bull Boys, “cosi con i chiodini che prendono la forma della tua faccia quando ce la butti dentro” (se esiste un nome di questo oggetto siete caldamente invitati a scriverlo), 99 Posse e video musicali degli 883 che risuonano nella sala da pranzo di Brancato, in un attimo ci si ritrova catapultati negli anni Novanta. Alle prese, però, con personaggi che si eclissano, prevedibilmente, di fronte alle rappresentazioni televisive di noti magistrati dalla parlata spesso sgrammaticata e Cavalieri con una smodata passione per il gentil sesso.
E a proposito di sesso, in queste due puntate gli autori hanno decisamente sfruttato a dovere la libertà d’espressione concessa dalla rete, proponendo sequenze di sesso a tre, sesso sotto effetto di allucinogeni e chi più ne ha più ne metta. Assolutamente da apprezzare questo tentativo di rappresentazione del reale senza troppi freni e limitazioni, decisamente da rivedere invece la resa visiva del trip di Pastore (di cui però apprezziamo la breve incursione di Tea Falco, che finalmente riesce a pronunciare correttamente la frase che l’anno passato la rese celebre sui canali social) che tra effetti grafici posticci e cinghiali appesi al muro ha il solo pregio di far fare due risate. Molto forte, invece, la rivelazione successiva alla morte di Marco, l’ex di … (puntini da completare a penna per chi ha buona memoria), infettato e non infettatore, che pone la ragazza sotto tutt’altra luce e la umanizza improvvisamente rivelando l’origine della corazza da lei indossata finora.
In conclusione, neppure questa settimana 1993 è riuscita a stupire. Vedremo cosa succederà la prossima settimana, anche se la decisione di delegare l’accrescimento dell’hype a un cliff-hanger riguardante Bibi e Zeno non ci regala grosse speranze.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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In un momento di eccessiva generosità, questa settimana concediamo la sufficienza. In realtà la valutazione più giusta virerebbe in direzione di un bello Slap, ma tanto, nel caso, abbiamo ancora un’ultima occasione per sfogare tutta la nostra frustrazione a suon di Napalm.
Episodio 4 2×04 | ND milioni – ND rating |
Episodio 5 2×05 | ND milioni – ND rating |
Episodio 6 2×06 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.