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Boots 1×01 – The Pink MarineTEMPO DI LETTURA 4 min

16/10/2025
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recensione Boots 1x01Prendendo palese spunto dalla famosa poesia di Rudyard Kipling (riscoperta di recente grazie al film 28 Years Later), lo sceneggiatore Andy Parker e il regista Peter Hoar realizzano, per Netflix, Boots, un curioso adattamento del romanzo autobiografico “The Pink Marine” (per il momento ancora inedito in Italia) dello sceneggiatore Greg Cope White.
“Curioso”, in quanto pur trattando tematiche che non sono certo nuove per la casa di produzione di Los Gatos, gli autori decidono qui di sviscerarle in un contesto (e in una modalità) decisamente inusuale, toccando però involontariamente (o forse no) tematiche diventate d’attualità, soprattutto dopo il delirante discorso del Ministro della Guerra (così è la sua definizione ufficiale, ndA) statunitense Pete Hegseth sulle nuove “linee-guida” per le forze armate americane.
Boots è, infatti, una sorta di “Full Metal Jacket in versione dramedy e LGBTQ+”  in cui il coming-of-age del protagonista di turno avviene nel contesto di un campo militare estivo dei marines.

FULL METAL JACKET GAY


Lo show è ambientato nel 1990 (a differenza del romanzo che è ambientato negli anni 80), anno emblematico dello scoppio della Prima Guerra del Golfo, evidentemente non scelto a caso.
Protagonista è Cameron Cope (Miles Heizer già visto in 13 Reasons Why), adolescente americano perennemente bullizzato che cerca, a fatica, di nascondere la sua omosessualità. Il suo unico amico è Ray (Liam Oh), apparentemente più forte e sicuro di sé ma in realtà succube dell’ingombrante figura del padre, importante generale dell’aeronautica.
Quando, proprio da quest’ultimo, Ray è costretto ad iscriversi ad un campo estivo militare, un vero e proprio “campus” di reclutamento per futuri marines, Cameron, per paura di perdere l’unica persona con cui confidarsi (e forse un po’ per sentirsi finalmente parte di un gruppo), decide, più o meno consapevolmente, di iscriversi anche lui.
C’è solo un piccolo problema: ovviamente l’omosessualità non è ben vista negli ambienti militari. Tuttavia Cameron si accorgerà ben presto di non essere l’unico nel campus in questa “condizione”. E che, anzi, perfino i cosiddetti “maschi alpha” che partecipano al campus in realtà nascondono ciascuno delle piccole fragilità (chi soffre di obesità, chi è vittima di razzismo…) che si nascondono dietro il loro apparente machismo.

FRA SCRUBS E UNO “SQUID GAME PIÙ AUTO-IRONICO”


Nonostante dunque non manchino i classici episodi di nonnismo, Cameron si scopre in realtà capace di una forza interiore di cui non era consapevole, arrivando perfino a poter essere una sorta di leader per gli altri commilitoni (emblematica, da questo punto di vista, la scena della “prova estrema” dove è lui a fare forza al compagno in difficoltà).
Ma soprattutto troverà finalmente una fratellanza che non aveva mai potuto sperimentare nella società “civile”. Tutto questo, però, con la consapevolezza di non poter rivelare agli altri la propria omosessualità, pena l’esclusione dal campus.
Il tono dramedy dello show aiuta sicuramente a rendere più “pop” la tematica in questione, l’omosessualità all’interno delle forze armate, senza appesantirla troppo.
E il genere scelto del coming-of-age ben si addice a tutto questo, rendendo Boots uno strano mix fra Scrubs (anche Cameron, come JD, spesso si isola mentalmente parlando con la propria coscienza) e una sorta di “Squid Game molto più auto-ironico” in cui la tematica sociale rimane pressoché sullo sfondo concentrandosi piuttosto sulla caratterizzazione e il percorso evolutivo dei personaggi descritti.

CONCLUSIONI


Si tratta di uno show decisamente originale e unico nel suo genere, cercando un approccio inusuale per trattare temi comunque pesanti e d’attualità.
Al centro c’è ovviamente l’accettazione di sé e la ricerca della propria identità all’interno di un gruppo sociale, il tutto affrontato con uno stile molto disincantato e ironico (anche se non mancano i momenti più drama ovviamente).
Non mancano anche dei difetti, come la disuguaglianza di caratterizzazione fra i personaggi mostrati, per cui qui ad emergere sono soprattutto Cameron e Ray, mentre per tutti gli altri bisognerà aspettare probabilmente le prossime puntate. Altri sono decisamente esagerati e fin troppo sopra le righe perfino per un prodotto del genere (vedasi la storyline di Vera Farmiga che interpreta la madre di Cameron).
Ma in generale si può tranquillamente affermare che Boots è uno dei prodotti più interessanti usciti quest’anno da Netflix.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • Serie dramedy LGBTQ+ decisamente inusuale per questo tipo di produzioni
  • Mix fra Scrubs, Squid Game e Full Metal Jacket
  • Miles Hizer e Liam Oh
  • Scena della “prova estrema” e fratellanza fra “camerati”
  • Sergente Sullivan nel finale che promette nuovi risvolti per i prossimi episodi
  • Personaggio di Vera Farmiga un po’ troppo sopra le righe perfino per una serie del genere
  • Forse un po’ troppo veloce come episodio pilota e con plot twist abbastanza telefonati

 

Boots rappresenta qualcosa di molto “netflixiano” come impostazione e, allo stesso tempo, di veramente inusuale perfino per una produzione del genere. L’aspetto “dramedy” che caratterizza la serie aiuta a stemperare e a rendere “pop” una tematica che, soprattutto negli States in cui tale show è prodotto, è diventata sempre più attuale. E per questo almeno l’episodio pilota merita sicuramente una visione.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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