“Cause when it comes to cannabis… There is no alternative!”
Dopo numerosi dramedy e commedie sentimentali, il catalogo Netflix si arricchisce con una sit-com che è tradizionale (e demenziale allo stato puro) e innovativa allo stesso tempo.
Non è un caso se dietro a tutto questo c’è la mente di Chuck Lorre, vero e proprio guru della risata, un uomo che ha regalato al mondo alcune delle sit-com più celebri degli utlimi anni, da Dharma & Greg e Two And A Half Men fino ad arrivare a The Big Bang Theory (prima che degenerasse malamente).
La serie in questione è Disjointed, storia di un ex-avvocatessa e hippy reduce da Woodstock paladina dei diritti civili nonché proprietaria di un dispensario di marijuana legale a Los Angeles.
La premessa, dunque, basterebbe già di per sé a suscitare interesse e curiosità verso la sit-com, non fosse altro che per il contesto alquanto particolare e per le numerose battute e gag che potrebbero venire fuori.
Ma se tutto questo non dovesse bastare ecco allora il vero motivo per guardare questa serie: Kathy Bates nei panni di Ruth, la protagonista della serie. L’attrice dei vari American Horror Story esce dal genere horror per dare un’ulteriore prova delle sue grandi capacità comiche nell’interpretazione di questa ex-hippy convinta che cerca di portare avanti la sua attività (o meglio, la sua “oasi di pace”) per portare gioia ai suoi clienti (o meglio “pazienti”), nonostante i progetti del figlio (di colore) Travis che, invece, vorrebbe farne un vero e proprio business.
Ed è proprio sulla diversa visione dell’attività di famiglia che si basa la serie di Lorre, escamotage geniale perché si tratta di un’accoppiata comica quantomeno inusuale e che cattura fin da subito l’attenzione.
Se poi a questo si aggiunge un cast di dipendenti uno più bizzarro dell’altro e “fumati” all’inverosimile, ciascuno con le proprie carattristiche e personalità riconoscibili, allora la chimica della serie diventa perfetta tra battute sarcastiche e politicamente scorrette e situazioni assurde con la clientela (i “pazienti”) che affolla il negozio di Ruth.
La comicità dell’episodio si basa, infatti, tra la contrapposizione di stereotipi conosciuti e rimarcati iperbolicamente (il reduce dall’Iraq con disturbi post-traumatici, la “toking Asian“, la cliente madre-depressa che ha bisogno di strafarsi) e l’anomalia di alcune situazioni che rendono la serie fresca e “nuova” pur rifacendosi a uno schema di comicità da sit-com tradizionale.
Si tratta, dunque, di una serie leggera e divertente, adatta per la stagione estiva, ma non per questo banale. Anzi il tema trattato è anche un buon modo per fare luce sulle diverse posizioni e opinioni che si possono avere sulla legalizzazione delle droghe leggere.
A tal proposito è da notare la sigla iniziale della serie: una musica swing orecchiabile su immagini in bianco e nero che rimandano a un’età di festa e proibizionismo. Le immagini non sono scelte a caso ma sono tratte da Reefer Madness, film del 1936 dagli intenti propagandistici contro la diffusione della marijuana tra i giovani statunitensi (a riprova che una volta ci si divertiva molto più che non oggi). La pellicola è diventata un piccolo cult tra i cinefili soprattutto per il modo esagerato e alquanto bigotto con cui viene rappresentato lo stato d’alterità delle persone sotto effetto della droga (ed è stato ampiamente messo alla berlina da Nostalgia Critic in un video).
L’utilizzo di scene tratte da questo film per i titoli di testa serve, quindi, a introdurre fin da subito il tema e il tono della serie.
L’uso del video e della propaganda, usata nell’uno e nell’altro senso, è un ulteriore tema che viene trattato dalla serie. Non è un caso se la prima scena di “Omega Strain” è una presentazione divertente dei personaggi fatta con uno smartphone per un video promozionale del negozio di Ruth. Lungo tutto il corso della puntata i video promozionali saranno una costante: quelli di Travis e dei suoi colleghi (che si concludono spesso con esiti disastrosi), ma anche quelli presenti tra una scena e l’altra, completamente estranei alla trama principale.
Proprio questi rappresentano il difetto maggiore della serie poiché sembrano, per l’appunto, totalmente sconnessi con il contesto e la trama principale, quindi è come se fossero piazzate in mezzo a caso, come un contorno non necessario.
Si tratta però dell’unico difetto presente in questa serie che si candida ad essere una delle novità sicuramente più piacevoli e divertenti di quest’anno.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Omega Strain 1×01 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!