Homeland 8×06 – Two MinutesTEMPO DI LETTURA 5 min

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Saul: “It’s my fault. I put you in a terrible position bringing you here. And I’m sorry about that. […] You lied about your interaction with Yevgeny Gromov, let’s start there. You had a relationship complicated enough to lie about. Also, he saved your life. You don’t think you carry some sense of obligation? […] You told him things you never told me. You told him you think you’ve been a danger to Franny. Is that true? Because, my God, if it is… you’re vulnerable to him in ways neither of us can imagine.

Sì Saul, è colpa tua, e scusarti non basterà per fare ammenda con le centinaia di migliaia di spettatori che ora devono cuccarsi, per l’ennesima volta, la consueta epopea di Carrie “labbro tremolante” Mathison, alle prese con – in ordine: dubbi costanti (e da parte di chiunque) sulla sua lucidità mentale; comportamenti sospetti con personaggi sospetti che fanno cose sospette anche se lo spettatore sa che non c’è nulla di sospetto; cazziatone di Saul che, ancora una volta, si pente di averla chiamata ad inizio stagione; occhioni lucidi, labbro tremolante, “no Saul tranquillo sto alla grande, fidati”; congedo forzato e ovvia fuga perché sennò chi lo salva Max dai Talebani?
Per fortuna, e qualcuno avrà certamente da ridire, Carrie Mathison NON è Homeland. Carrie Mathison è certamente (insieme al suo mentore Saul) l’elemento che ha fatto in modo di poter fidelizzare un certo tipo di pubblico quello maggiormente legato alla dimensione seriale dell’opera rispetto invece all’elemento geopolitico che, come ogni cosa, può piacere o no, ma per fortuna rappresenta solo una parte del telefilm. Una parte che dopo nove anni di messa in onda comincia ad essere sempre uguale, onestamente noiosa e a tratti anche frustrante. E’ meglio evitare dunque di dilungarsi ulteriormente sulla Drone Queen e sui suoi consueti pianti e, come disse Adriano Pappalardo nel corso della sua parentesi da isolano famoso, “che i piagnistei vadano in chiesa“. Sì Carrie, una citazione non in italiano di Adriano Pappalardo è ciò che ti meriti.

G’ulom: “They murdered the leader of the free world. It is the victory of a lifetime. Can you imagine the consequences if our answer is due process? […] We must respond in a language they understand. A band of criminals is holding our countries hostage, and we have an opportunity to crush them once and for all. We must have the strength to do it.

Con “Two Minutes” si ha a che fare con la più tradizionale delle puntate transitorie, nel corso della quale la trama prende un attimo fiato dopo la brusca, ma senza dubbio apprezzata, accelerata vista nei due precedenti appuntamenti. Da una parte, come già detto, emergono sempre più sospetti in merito a Carrie e al suo rapporto con Yevgeny, sospetti legittimi che in seguito alla fuga vista nel finale non potranno far altro che complicare la sua situazione; dall’altra invece abbiamo i tentativi di accordi tra (Vice)Presidente degli Stati Uniti e G’ulom, fatti principalmente per evitare che in questa situazione di emergenza il secondo faccia fuori ogni singolo talebano trovato per strada.
La politica di tolleranza zero, scioccante sì ma comunque pienamente giustificata dal presidente G’ulom, si scontra con l’indecisione, dettata principalmente dalla mancanza di esperienza, del nuovo leader americano, che si ritrova quindi a prendere in considerazione seriamente l’opzione violenta dimenticandosi per un attimo di quella cosa chiamata Costituzione di fronte allo sguardo inebetito di Wellington.
L’arrivo di Hassam Haqqani nei minuti finali, che decide di consegnarsi agli americani di sua spontanea volontà, mette così in campo due facce della stessa medaglia, due facce della stessa guerra: il desiderio di cambiamento – già sottolineato da Saul nel suo scambio di battute con annessa accusa ai danni di G’ulom – di un uomo che aveva finalmente accettato di giungere a compromessi con il nemico, e dall’altra la sete di potere e di controllo di un generale che ha bramato il potere assoluto per 40 anni e che ora non è disposto a piegarsi ad alcun genere di mediazione o patteggiamento pur di mantenerlo. Un segmento narrativo in grado certamente di regalare gioie nell’immediato futuro e che insieme alla prigionia del povero Max avrà – si spera – il compito di regalare a Homeland un atto conclusivo degno del suo quasi decennale percorso televisivo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La storyline inerente alla prigionia di Max e al tentativo di Carrie di liberarlo
  • La scatola nera in viaggio chissà dove trasportata da muli
  • La complessa figura di Hassam Haqqani, personaggio meglio sviluppato finora
  • Carrie “labbro tremolante” Mathison è tornata ed è pronta ad infrangere ogni direttiva di Saul e superiori
  • Puntata molto transitoria, durante la quale si può assistere alle conseguenze dei due episodi precedenti
  • Il Vice Presidente pronto a fare disastri diplomatici

 

Ci si trova di fronte alla più classica delle puntate di stallo, nel corso della quale i personaggi devono venire a patti con le conseguenze di quanto accaduto nei due precedenti episodi. I ritmi sono molto meno frenetici rispetto a “Chalk One Up” e “Chalk Two Down“, ma l’episodio comunque scorre piacevolmente e nei minuti finali con la consegna di Haqqani e la fuga di Carrie si può dire finalmente di essere entrati nella seconda parte stagionale, diretti verso il tanto agognato series finale. Dopo la doppietta di episodi che ha preceduto questo “Two Minutes” era facile prevedere un abbassamento del giudizio complessivo, ad ogni modo questa settimana Homeland torna a casa col più politico dei 6.

 

Chalk Two Down 8×05 0.82 milioni – 0.1 rating
Two Minutes 8×06 0.71 milioni – 0.1 rating

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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