Dopo tre eccellenti (e sottovalutate) stagioni, chissà in quanti avranno pensato che, forse, Masters of Sex avesse esaurito un po’ tutti i suoi argomenti. La ricerca aveva donato fama e credito ai due sessuologi protagonisti, il matrimonio di Bill (colonna portante del “conflitto” su cui ruotava una parte significativa del plot generale della serie) poteva dirsi ufficialmente finito, gli stessi Bill e Virginia erano arrivati a una conclusione (aperta, certo, ma pur sempre un punto d’arrivo). Alla quarta avventura, quindi, questa storia, questi personaggi, avranno ancora qualcosa da dire? Il ragionevole dubbio si sta pian piano sciogliendo verso un positivo assenso, ma siamo solo alla quarta puntata ancora. Prima, quindi, di dare qualsiasi definitivo giudizio, si può comunque constatare una certa linea guida di quest’inizio di stagione: prima il feticismo, poi il sadomaso, ora lo scambismo, Masters of Sex sta platealmente esplorando le derive sessuali più trasgressive, proprio quando si credeva che ormai le avessero “studiate” tutte; i personaggi, inoltre, sono più che lontani dall’esser statici, anzi, evolvono e a tratti sanciscono la loro trasformazione.
Che gli autori, capeggiati da Michelle Ashford (quest’episodio è invece scritto da Amy Lippman, che sul curriculum vanta scritture per In Treatment, tanto per dire), non si stiano affatto adagiando sugli allori, si capisce fin dai primi minuti di questo “Coats or Keys” e, poi, dall’intera organizzazione narrativa. Masters of Sex ha in fondo già avuto “Fight”, indimenticabile bottle episode della seconda stagione, lo scorso “Party of Four”, dove gran parte del minutaggio di puntata la prendeva il tavolo del ristorante. Quest’ultimo è allora un ennesimo sfoggio di grande scrittura, d’ispirazione teatrale (tutto o quasi nell’arco di una notte, tutto in un’unica ambientazione, anzi due), di forte presenza scenica e capacità recitative straordinarie (Lizzy Caplan dà forse una delle sue interpretazioni più intense).
Similarità coi precedenti a parte, però, sono le divergenze ad innalzare decisamente la qualità generale e a dimostrare la voglia degli autori di non limitarsi al semplice “compitino”. Il comparto dei personaggi in gioco, per esempio, è più ricco che mai, visto che oltre alla nuova coppia di stagione (Art e Nancy) trovano spazio persino Lester e Betty. Ma è soprattutto la sapiente e sofisticata costruzione narrativa a farla da padrone. In quanti, infatti, con un tema come lo scambio di coppie, sarebbero facilmente scaduti negli accostamenti più bizzarri, pur di intrattenere lo spettatore? Ashford & co. non cadono nel tranello, anzi, portano nella stanza gli abbinamenti quasi più “scontati” e necessari ragionandoci (forse l’unico vero colpo di scena lo regala il solo Lester), totalmente sorprendenti più nel modo in cui si sviluppano (Bill e Libby su tutti) che nella loro reale concretezza. Certo, non si risparmiano a giocare comunque deliziosamente con lo spettatore: Virginia alla fine non farà sesso con Art come la scena iniziale faceva presagire; così come Bill si scopre parlare al cane, piuttosto che a Libby, rappresentando l’apice di questo arguto divertissement.
Dopo una stagione in cui aveva fatto più che altro da sfondo alla trama generale, più interessata al triangolo Bill-Virginia-Dan, il sesso è tornato protagonista, come dicevamo. Al desiderio di approfondirlo in forme finora ancora sconosciute alla serie, va aggiunta la sottigliezza dimostrata nell’affrontare tali forme. Stavolta, per esempio, lo scambismo viene mostrato, nel modo più naturale possibile, con quella vergogna preliminare mista a maliziosa curiosità (specie da parte degli ignari protagonisti), ma soprattutto con l’assoluta assenza di celebrazione. Non vengono infatti mostrati dei borghesi dalla mentalità “aperta”, pronti a sovvertire le regole della società bigotta in cui vivono. No, la loro ribellione diventa “finta”, come da giudizio della cameriera che “consola” Lester (a sua volta presa in giro. dagli autori, con quel Civil disobedience! urlato dall’uomo). Insomma, la superficialità che si nasconde dietro la “rivoluzione sessuale” iniziata dagli stessi Masters & Johnson, il pericolo di dimenticare la spontaneità e la naturalezza dei rapporti umani, dietro la maschera della “modernità” (usata in realtà prevalentemente per il proprio soddisfacimento sessuale), schernita non a caso con fare sprezzante dalla stessa Virginia.
Ed è così che la “perversione” diventa fondamentale più nella sua implicazione su tali rapporti, come riesce a colpire e cambiare nell’animo una persona. Bill e Libby non sono toccati dalla lussuria della casa dei coniugi-colleghi, ma comunque il sesso resta al centro delle loro iterazioni. Il sesso che non hanno mai davvero esplorato durante il proprio matrimonio, la frustrazione nel constatare quanto invece sarebbe potuto essere appagante. In un solo episodio raggiungono un’intimità, onesta e schietta, mai mostrata nelle precedenti stagioni, non solo da parte di lei (a conferma della sua fantastica e stravolgente evoluzione), ma sorprendentemente anche da parte di lui, che per una volta non si limita ad assumere un ruolo passivo e distante.
Un “what if?” quello che comporta la storyline della coppia, che riflette le contraddizioni e gli inganni al centro delle sottotrame di tutte le altre (anche di Betty e del suo compagno di serata, costretti entrambi a nascondere la propria omosessualità). Menzogne sono quelle che Virginia professa ai suoi colleghi di lavoro, proprio lei, baluardo del femminismo e dello spirito avanguardista, che ritrova a fingere l’esistenza di un matrimonio per “salvare” la faccia. Bugie sono quelle di Art e del suo di matrimonio, costretto com’è a fingere di approvare la volontà della moglie. L’illusione allora di poter separare il sesso dall’amore, tema centrale della lunga diatriba tra Virginia e Art, che alla fine trova forse una conclusione più per la prima che per il secondo. Il quesito “Coats or Keys” che dà il titolo all’episodio, quindi, oltre riferirsi ovviamente al modo in cui verranno abbinate le coppie, sta forse lì a significare l’esistenza di tale dualismo interno: la superficialità dietro l’apparentemente facile scelta riguardante la modalità con cui Art manderà la donna che ama a letto con un altro uomo; le reali conseguenze e profonde insicurezze che si scatenano nel suo animo.
Alla fine, come detto, chi probabilmente arriva a una verità è la sola Virginia, riguardo al suo rapporto con Bill e ai sentimenti che prova per lui (nella scena intensissima di cui parlavamo sopra). L’illusione di aver separato, in tutti quegli anni, l’amore dal sesso che faceva con lui, le si rivela improvvisamente in tutta la sua trasparenza. Stavolta tocca a lei, come in ogni classica storia d’amore che si rispetti, rendersene conto, dopo averlo rifiutato. Ma forse è troppo tardi (sì, come no), Bill sembra aver finalmente voltato pagina, in seguito alla grande sofferenza provata negli ultimi mesi. Una situazione che non poteva essere messa in scena in maniera più simbolica e potente: il finale della prima stagione vedeva Virginia aprire la porta a Bill, il quale le dichiarava il suo amore, mentre suo figlio stava nascendo; ora Bill chiude la porta in faccia a Virginia, dopo una notte di fuoco e di apparente riconciliazione con la propria ex-moglie.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Pleasure Of Protocol 4×03 | 0.42 milioni – 0.1 rating |
Coats Or Keys 4×04 | 0.52 milioni – 0.1 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.