Mindhunter 1×09 – Episode 9TEMPO DI LETTURA 5 min

/
1
(1)
Holden: “You want truffles? You gotta get in the dirt with the pigs.”
Shepherd: “No, we don’t. We are the FBI.”

 

Interrogare degli assassini psicopatici è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Questo sembra essere il motto dell’agente speciale Holden Ford o almeno come giustifica il suo comportamento anomalo per un agente federale nei confronti dei soggetti interrogati.
Sebbene non sia la prima volta, in “Episode 9”, in cui viene messo in discussione il suo “dubbio” modo di condurre gli interrogatori, in questo episodio la differenza sostanziale tra i rigidi metodi “old school” dell’FBI e le improvvisazioni di Holden salta particolarmente agli occhi portando lo spettatore a guardare il tutto sotto un’altra prospettiva. Holden viene fortemente messo in discussione, soprattutto il suo completo menefreghismo nei confronti delle regole, che a volte è giustificabile, altre volte lo fa sembrare solo un arrogante so-tutto-io, aspetto che lo rende fastidioso non solo sul lavoro, ma anche nella sua vita privata nel suo ambiguo rapporto con Debbie. Ancora una volta, si può notare quanto il suo personaggio sia cambiato dal pilot, fino a diventare quasi irriconoscibile.
Giunti al penultimo episodio di questa stratosferica prima stagione, è normale iniziare a tirare le somme ed è più facile darne un giudizio generale e soprattutto obiettivo sul prodotto. “Mindhunter” ha moltissimi pregi, primo fra tutti la tematica protagonista, condita da una regia da manuale, una colonna sonora azzeccatissima, un’ottima sceneggiatura e attori che vestono perfettamente i panni dei loro personaggi. Tra gli elementi apprezzabili della serie, c’è sicuramente la scelta di ritrarre serial killer realmente esistiti, senza cambiarne il nome, anzi cercando interpreti fisicamente simili.

“You know why those cunts died? Because it just wasn’t their fucking night.”

La frase citata appartiene davvero a Richard Speck, arrestato nel 1966 e poi condannato a morte (condanna poi tramutata in ergastolo) per il brutale omicidio di otto infermiere. Come al solito il lavoro sugli interrogatori è magistrale: aiutati da una scenografia già di per sé cupa, in una prigione abbandonata a se stessa, dove sembra esserci rinchiusa la feccia della feccia, il colloquio con Richard Speck (interpretato dal quasi sconosciuto Jack Erdie) è un crescendo di ansia e inquietudine, fino a raggiungere il suo culmine con il lancio dell’uccellino tra le pale del ventilatore. Le facce  di Holden e Bill sono le stesse facce degli spettatori: sconvolte ed impietrite. L’interrogatorio rappresenta inoltre una sorta di punto di svolta della situazione. Innanzitutto è proprio dalla discussione sulla diversa natura degli omicidi compiuti da Speck rispetto a Kemper che viene pronunciata per la prima volta la definizione di “serial killer“. Soprattutto, però, quanto accaduto durante l’inquietante colloquio porta a riflettere lo stesso Holden che segue il consiglio del suo partner e fa censurare parte dell’interrogatorio.
Ha superato il limite e, sebbene per lui usare lo stesso linguaggio dei detenuti intervistati sia una cosa insignificante, vuole evitare il fastidio di dover dare spiegazioni. La sua arroganza, che è riscontrabile ogni volta che sottolinea di essere stato lui a dare il via a tutto lo studio, è un simbolo dell’evoluzione del personaggio nel corso degli episodi. Questa evoluzione porta con sé diversi dubbi, il primo fra tanti è stato già messo in luce nella recensione dello scorso episodio, ovvero che Holden possa tramutarsi in un serial killer. È un pensiero forse fantascientifico soprattutto se si considera la vera Storia dalla quale la serie attinge a piene mani, ma Holden ha già dato segni di cedimento e frasi come “That’s a fine line that separates you from me” pronunciate da Speck non passano certo inosservate. Sarebbe un plot twist probabilmente esagerato e alquanto improbabile, ma la pulce nell’orecchio è stata messa.
Quello che inoltre vale la pena sottolineare è che questa vicenda rende ancora più chiaro che, in questa difficile ricerca, si scontrano diversi mondi: quello di Holden, il cui unico e solo interesse è quello di estrapolare più informazioni possibili dagli assassini intervistati; quello di Shepherd, che non sembra dare grande importanza allo studio in sé, essendo più preoccupato a mantenere alta la reputazione del FBI; quello di Wendy Carr che vede lo studio da una prospettiva prettamente scientifica e teoretica.
Come riportato poco sopra, Mindunter può vantare moltissimi pregi, prima fra tutti una sceneggiatura d’eccezione, che riesce a non far sentire la mancanza dell’azione. Questo importante pregio è riscontrabile soprattutto negli interrogatori condotti dagli agenti, dove la qualità dei dialoghi svolge un ruolo fondamentale, insieme ovviamente alla recitazione degli attori che è sempre stata impeccabile. Purtroppo però la serie non è del tutto esente da difetti, su cui si può soprassedere guardando la “bigger picture”, ma che comunque si fanno notare. Il problema di Mindhunter è la pochissima caratterizzazione dei personaggi. Fatta eccezione per Holden, viene mostrato poco o niente degli altri personaggi, rendendo impossibile per lo spettatore empatizzare con loro. Quel poco che viene raccontato, viene raccontato male. Non si può non notare la completa inutilità delle scene di Wendy e il gatto.
È chiaro che il focus della serie è la psicologia criminale, aspetto della serie che viene trattato egregiamente, ma un minimo di caratterizzazione dei personaggi serve, ed è un peccato sentirne la mancanza. Questa scelta è probabilmente dovuta alla mancanza del tempo necessario per poter sviluppare equamente entrambi gli aspetti, ma anche considerando questa scusante, è difficile credere che certi errori non possano essere evitati. Se ne poteva fare tranquillamente a meno, ma sono pur sempre piccole defiance assolutamente perdonabili vista l’alta qualità del prodotto.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • “It just wasn’t their fucking night”
  • Finalmente nasce la definizione di Serial Killer
  • Ancora una volta, Wendy e il gatto

 

Giunti quasi al capolinea della prima stagione, si tirano inenevitabilmente le somme. Tra (molti) alti e (pochi) bassi, Mindhunter si sta dimostrando una vera e propria chicca e fiore all’occhiello della piattaforma di Netflix.

 

Episode 8 1×08 ND milioni – ND rating
Episode 9 1×09 ND milioni – ND rating

 

Quanto ti è piaciuta la puntata?

1

Nessun voto per ora

Precedente

American Horror Story: Cult 7×08 – Winter Of Our Discontent

Prossima

The Good Place 2×07 – Janet And Micheal

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.