Outcast 1×04 – A Wrath UnseenTEMPO DI LETTURA 4 min

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“Do you know my preferite sin?”
“Have you a preferite sin?”
“Everybody’s got the Lust or the Wrath…Pride! Pride is a terrible fear!”

Nell’episodio precedente di Outcast erano venute fuori alcune storylines secondarie degli abitanti di Rome, questa cittadina americana all’apparenza così tranquilla e idilliaca ma, in realtà, prossima a invasioni di demoni ultraterreni. La location ideale per gli amanti dell’horror e del soprannaturale insomma.
Anche questo quarto episodio si rivela pieno di sorprese dal punto di vista sceneggiativo, concentrandosi su un maggior sviluppo psicologico dei personaggi secondari della serie che hanno un legame con i protagonisti principali, Kyle (Patrick Fugit) e il reverendo Anderson (Philip Glenister).
In particolare la puntata si focalizza sulla sorellastra di Kyle, Megan (Wrenn Schmidt), e sul suo passato che si scopre avere non pochi lati oscuri. Infatti, tempo addietro, Megan era stata vittima di stalking e poi di violenza da parte di un idraulico, Donnie, il quale ricompare all’improvviso in città. Il suo ritorno mette in crisi il rapporto tra lei e suo marito Mark (David Denman). In questo momento di grande dramma verrà fuori un nuovo lato della personalità di Megan che rende il personaggio molto più complesso di come poteva apparire all’inizio. Per rimarcare ulteriormente questo cambiamento il regista Julius Ramsay sceglie di inserire il personaggio in scene quasi completamente al buio e con l’assenza di rumori di fondo, particolari che rendono inquietante la sua figura. Inoltre, troviamo Megan quasi sempre circondata da specchi che sdoppiano la sua immagine (creando un effetto suggestivo nella scena del dialogo in hotel con Donnie) per evidenziare l’ambiguità di cui è portatrice. Il tutto unito a un’ambientazione e a un’atmosfera che si gioca tutto sul silenzio e sulle scene al buio in un complesso ed elaborato meccanismo di suspense, tanto ridondante quanto ripetitivo e, a tratti, insopportabile, fino ad arrivare alla scena clou dell’uccisione di Donnie da parte dello stesso Mark, mirabile per lo straordinario effetto giocato tutto sul vedo-non vedo. La scena, infatti, appare in una registrazione della videocamera a bordo dell’auto di Mark e tutta la violenza avviene fuori campo, intuibile solo dagli effetti sonori e dalla colonna sonora angosciante. Una scelta registica tanto semplice quanto efficace dal punto di vista emotivo.
L’altro personaggio interessante su cui è incentrato l’episodio è quello di Mildred (la straordinaria Grace Zabriskie di Twin Peaks, inquietante più che mai), la signora anziana frequentante la chiesa del reverendo Anderson, che si scopre essere stata posseduta in passato da un demone e poi liberata. Almeno così credeva il Reverendo, poiché si scoprirà che una traccia del demone ancora si nasconde nel corpo dell’arzilla vecchietta. E qui la narrazione si intreccia mirabilmente con la storyline principale della serie, facendoci scoprire ulteriori caratteristiche della misteriosa nuvola nera che possiede le persone e un ulteriore lato nascosto del nostro Reverendo che, per la prima volta, ammette un lato negativo del proprio carattere (il famoso “peccato preferito” che si trova nella citazione all’inizio). Anche qui abbiamo un dialogo (tra Mildred e il Reverendo) che rispetta le regole della suspense brillantemente girato e interpretato e che, da solo, vale la visione dell’intero episodio.
Anche perché la puntata, a parte le storylines su questi due personaggi secondari, risulta, in realtà, ben poco accattivante nel suo complesso. La serie, infatti, stenta ancora a decollare, troppo appesantita di singoli casi verticali che non lasciano spazio a quella che dovrebbe essere la vera indagine: la ricerca dell’origine delle possessioni.
Perfino la scena del primo incontro ravvicinato dei nostri protagonisti con Sidney, il misterioso uomo col cappello (interpretato da Brent Spiner) che sembra sapere parecchie cose al riguardo e che, presumibilmente, sta architettando qualcosa ai danni dei protagonisti, appare en passant a inizio puntata, quasi per caso, e non offre la benché minima suspense quando, invece, avrebbe dovuto essere un momento clou della serie.
In generale la puntata fa semplicemente da raccordo tra l’episodio precedente e il prossimo senza far accadere nulla di fatto ma allungando il brodo con dettagli di cui si poteva benissimo fare a meno e cercando effetti di suspense continui, i quali però senza un vero colpo di scena finale non servono a nulla.
In questo modo anche il lavoro di approfondimento dei personaggi viene vanificato da questo fatto e la serie rischia di annoiare un pubblico che, dopo quattro episodi di presentazione dei personaggi, vorrebbe vedere più azione e colpi di scena ma, soprattutto, scoprire finalmente qualcosa di più sul problema centrale della serie.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Grace Zabriskie
  • Wrenn Schmidt
  • Scena dell’uccisione di Donnie
  • Lentezza
  • Dialoghi superflui
  • Non succede nulla di fatto

 

Puntata che si collega direttamente alla precedente, quasi una seconda parte di All Alone Now, abbiamo molti dialoghi e scene di suspense che però sembrano non portare a nulla come una specie di giro a vuoto. Intanto l’indagine è lasciata ai margini, sullo sfondo. Aspettiamo il prossimo episodio per scoprire come si evolverà la storia.

 

All Alone Now 1×03 0.17 milioni – 0.06 rating
A Wrath Unseen 1×04 0.24 milioni – 0.06 rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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